Sin da quando ero molto piccola, le feste per la mia famiglia erano state motivo di ritrovo e unione. Ogni qual volta una ricorrenza capitasse, ci riunivamo a casa della mia unica nonna, alla quale tenevo molto, per celebrarla e goderci una giornata insieme. Mia madre, soprattutto, odiava quelle giornate perché mia nonna, spirito libero come me, le rimproverava molto del suo stile di vita, mentre mia madre si sforzava di rendere ogni minimo dettaglio impeccabile.
Ero cresciuta con la consapevolezza che quelle fossero situazioni inevitabili e che, a prescindere dai drammi famigliari, nulla avrebbe dovuto rovinare quel giorno; quest'anno poi i motivi di festeggiamenti erano svariati. Il matrimonio di mia sorella era l'argomento caldo, assieme al trasferimento di mio cugino Tom in Canada, per un master in microbiologia farmaceutica, qualcosa che per quanto mi fossi sforzata di capire, non avevo mai pienamente compreso. Ciò che il mio cervello aveva compreso benissimo era la distanza che mi avrebbe separata da lui, che sin da piccolo era stato una delle persone più importanti della mia vita. Oltre che compagni di giochi e di merenda, eravamo cresciuti sempre insieme, spronandoci a vicenda e festeggiando i successi raggiunti, come se fossero comuni. Quando avevo deciso di partire per Newport lui era stato il primo a saperlo; mi aveva aiutato a scegliere tutto, dall'appartamento fino alla valigia da portare, ed era partito con me per aiutarmi nel trasloco. Probabilmente parte dell'insanabile divario tra me e mia sorella era dovuto al bene incondizionato che avevo dato a Tom e al fatto che lo ritenessi un fratello più che un cugino.
"Bene, penso di non aver scordato nulla" disse mia madre, dopo aver ricontrollato per l'ennesima volta il bagagliaio della sua auto, mentre io scendevo gli scalini d'entrata di casa, per raggiungerla. Fissai il bagagliaio sbigottita quando realizzai che il borsone, che avevo portato dietro per trascorrere il fine settimana pasquale da mia nonna, non avrebbe mai trovato posto lì dietro "Ellie, tesoro, metti la borsa sui sedili posteriori" mi sollecitò mia madre, accarezzandomi i capelli. Era qualcosa che rendeva chiaro il suo stato d'ansia: accarezzarmi i capelli sembrava in qualche modo rilassarla.
"Gwen e Andrew vengono da soli?" chiesi io, mentre entravo nel sedile anteriore preparandomi al viaggio di più di due ore verso Shrewsbury. Lei annuì, mentre chiudeva il bagagliaio prendendo posto sul sedile del guidatore.
Non sapevo cosa aspettarmi da due ore di viaggio da sole: quando l'argomento diventava scomodo, mentre parlavamo per telefono, potevo fingere di avere impegni improvvisi, divagando, mentre mia madre capiva che l'argomento non mi era gradito. In macchina, c'era poco che potessi fare per evitare di risponderle e sperai nel suo buonsenso e nel suo istinto materno di comprensione.
"Sono contenta che tu stia venendo" iniziò, poco dopo essere partite "ogni tanto temo che ti scordi di noi" sussurrò, per poi girarsi brevemente. Annuii, poco convinta.
"Sai che non è così" le risposi calma "sono molto impegnata con l'università" giustificai, quasi ricordandole che non sprecassi il mio tempo a vuoto. Mi avvicinai alla radio, mentre cercavo qualche canzone orecchiabile.
"Io vorrei che mi promettessi una cosa" chiese poi lei, mentre io bloccavo le mie azioni dandole attenzioni.
"Ti ascolto" le confermai, mentre lei esitava. Sospirò appena, per poi parlare.
"So che tu e Gwen non avete un grande legame, ma le dovresti stare vicino in questi mesi" disse, mentre io faticavo a capire la sua richiesta. Per quanto riuscissimo ad andare d'accordo, cercavo di stare vicino a mia sorella in qualunque modo; avrei mentito dicendo che fossimo sorelle estremamente vicine, ma ero convinta che ad entrambe andasse bene così.
"Io le sono vicina, finchè riusciamo a non litigare" dissi io, voltandomi verso la finestra, mentre mi focalizzavo sul rapporto che io e mia sorella avevamo sempre avuto. Un'insanabile rivalità ci aveva contraddistinto e questo perché nonostante lei fosse colei che aveva incarnato a pieno i valori imposti da mia madre, quest'ultima mi inseguiva ostinatamente, talvolta tralasciando lei. Non potevo farmene una colpa, mia madre sapeva essere estremamente contraddittoria nei suoi atteggiamenti, ma ne io ne Gwen avevamo mai provato a rimediare a quei piccoli rancori che ci trascinavamo dalla tenera età.
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CANTHARIDE- [H.S. AU]
Fanfic"afrodiṡìaco" , agg. e s. m. [dal gr. ἀϕροδισιακός «sessuale», der. di ᾿Αϕροδίτη «Afrodite», la divinità greca dell'amore, corrispondente a Venere della mitologia romana] (pl. m. -ci). - Che eccita o aumenta il desiderio e il piacere sessuale. Ell...