Anaconda 7.0 - Consequence

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E' passato poco più di un anno dalla pubblicazione dell'ultima parte di questa serie.
Chiunque l'abbia letta sa che la cosa mi è semplicemente sfuggita di mano, perché a tutt'oggi questo resta il mio Louis preferito e mi mancava già dopo la prima parte.
Quindi ne ho scritta una seconda, e una terza, e una quarta... e così via.
Non volevo porvi una fine, ma arrivata alla sesta era doveroso, per non rovinare tutto.
Solo che voi siete delle perverse e mi avete implorato per tutto questo tempo affinché scrivessi un sequel o un'altra parte.
Sinceramente non me lo aspettavo.

Ora sono qui, perché questo doveva essere un regalo di compleanno per una persona che, molto probabilmente, neanche leggerà.
Sono sicura che qualcuno che lo farà c'è, so che non vedevate l'ora!
Enjoy!


A distanza di tempo, sono qui a farmi ancora una domanda. È stupido, lo so, ma non sono mai riuscito a farne a meno.
Vi sono mancato?
Quanti giorni ci sono in un anno? Ed in tre? Quanti giorni in cinque anni se si considera che uno è bisestile?
Milleottocentoventisei.
Sono tanti, tantissimi, e io pensavo che ormai fosse superata, del resto ve lo avevo detto allora. Non ho più bisogno di voi. Ve l'ho ripetuto ogni giorno guardandomi allo specchio.
Fino a quando sono stato scoperto.
"Come stai messo, Louis Tomlinson?"
Male. Sto messo malissimo.

E ho bisogno di aiuto.

"Non devi lavorare, oggi?" domando, ma lo sguardo è ancora nello specchio, quasi con la speranza mi risucchi al suo interno.
"Io lavoro ogni giorno, Lou" mi risponde lui, e sbuffa perché "smettila di farmi sempre questa stupida domanda" aggiunge, sistemandosi il cappello.

Voglio solo che se ne vada, dovevo essere impazzito quando ho desiderato tutto questo.

Non perché non lo voglia più, quello mi sembra ormai un qualcosa di impossibile in qualsiasi universo, anche quelli inesistenti.
È perché mi sfianca.

Harry Styles mi sfianca.
E io sono troppo giovane per farmi guardare da tutti come un novantenne nel corpo di Benjamin Button.
Con tutto il rispetto per Brad Pitt.

Oggi sono milleottocentoventisei giorni da quando mi sono risvegliato e lui non mi ha permesso di andare via.
Milleottocentoventisei giorni da quando mi ha preso per mano e mi ha sorriso come mai aveva fatto da quando lo conosco.
Non mi aveva mai nemmeno preso per mano, ma questi sono sottili dettagli, quella fase di disperazione è stata ampiamente superata.

Sì certo, come no.
E chi se lo aspettava che sarei passato da una fase di disperazione ad un'altra?

"Io non sono tipo da relazioni serie, quindi se stai per domandarmi l'esclusiva o, peggio ancora, i miei contatti, sei fuori strada, Tomlinson."
Solo sul pianeta da cui provieni tu pretendere una relazione può essere meglio dello scambiarsi i numeri di telefono o altro.
"Li ho già i tuoi contatti" gli faccio notare e oh cazzo ma è una macchia quella sul pavimento? Dovrò pulirla, prima o poi.
"E tu sei cretino se pensi che siano i miei personali. Sono il tuo capo, ricordi?"
Purtroppo sì, lo ricordo.
"Allora spiegami cosa è cambiato" dico fermo, oh adesso riesco a notare il suo viso corrucciato. Strano, non lo è mai con me.

Come no.

"Mi sembra nulla" ha il coraggio di dire, e io non riesco a crederci, l'omino nel mio cervello lo sta già insultando perché che cazzo stai dicendo, bellissimo stronzo ingestibile, mi hai portato fuori dopo quella sera.
Non ti sei vergognato di me e che cazzo dici, ti ammazzo!

Ma ovviamente il mio cervello non è collegato alla bocca manco stavolta e "ah dunque è così" mi limito a rispondergli. L'omino adesso sta insultando me.
"Esatto, è così. Spero ti stia bene, perché non ho tempo per altre chiacchiere."

E quando mai.
Questa sarebbe stata l'occasione buona per chiudere, dirgli che non ce la faccio a reggere, non voglio essere il suo scopamico e non voglio sentire altre cazzate.

A Harry Styles non frega un cazzo di me e a me non sta bene neanche un po'.
Se glielo dicessi perderei il lavoro e la possibilità di vederlo quindi qualcuno mi deve aiutare.
Anche perché non sono affatto certo di ciò che ho appena detto.

Milleottocentoventisei giorni dopo sono qui a dirvi che lui è ancora nella mia vita, nel mio letto e nella mia mente, e che mi taglierei un braccio piuttosto che rinunciarci.

Quindi ve lo richiedo: vi sono mancato?

Ho cercato di conservare le vecchie abitudini: innanzitutto adesso corro regolarmente ogni mattina. Praticamente la uso come scusa per fuggire dal letto o qualsiasi altro posto strano in cui finiamo per scopare e... no, macchè, mica succede ogni giorno, solo che quando succede esco prima del solito, ecco.
Non avevo mai pensato al trauma serio che avrebbe potuto essere svegliarsi con lui di fianco.
Eppure lo desideravo dal primo momento, lo sapete, è ancora così, ma... sono debole, non riesco a gestirlo.

Lui è enorme, enormemente bello pure mentre dorme, invece io sono piccolo, insignificante e non me lo merito.
Forse è per questo che non mi ha più detto che mi ama, facendomi giungere alla conclusione che avevo ragione: me lo sono soltanto immaginato.
Ovvio.
Il solito idiota che sogna romanticherie.
Avrei dovuto fidanzarmi col fratello di Zayn e salvarmi, se solo ne avesse avuto uno.

A proposito di Zayn: circa seicentoventi giorni fa mi ha comunicato che aveva finalmente deciso di andare a vivere con Liam e fargli poi la proposta. Io sono stato entusiasta come un bradipo in coma perché quella stessa mattina Harry si era incazzato con me e ci ho messo trentaquattro ore per farmi perdonare.
Ecco perché ricordo quando sia successo, figuriamoci se tengo il tempo per qualcosa che non riguarda il mio capo bisognoso di affetto.

Ai miei bisogni continua a non pensare nessuno, ma ormai mi sono rassegnato.

Ho implorato il mio agente di non abbandonarmi a suon di "nessuno mi conosce bene quanto te" e adesso la mia faccia è su tutti i giornali e manifesti pubblicitari del paese.
E sarebbe una cosa fighissima se solo il mio capo non si chiamasse Harry Styles.

"Avevamo un'esclusiva, ogni cosa doveva passare da me, Tomlinson."
Ho imparato a mie spese che quando mi chiama per cognome è peggio del solito.
"E infatti ce l'hai" su di me, sul mio lavoro, persino sull'aria che respiro.
"Allora spiegami che diamine è questo?" mi sbatte in faccia un ritaglio mezzo stropicciato di una mia foto. Neanche lo ricordavo più quello shooting, cazzo, sono venuto proprio bene.
"Tu non uscirai da questa stanza fino a quando non mi elencherai tutti gli ingaggi che hai accettato senza il mio consenso" dice imperativo. È arrabbiatissimo e io ancora non riesco a sostenerlo.
"Ma..." provo a replicare e so già di aver osato troppo. Non che lui si possa definire sobrio con quella camicina di seta semiaperta.
"Ho detto tutti, Louis Tomlinson, e sei pregato di contattare il tuo agente casomai te ne sfuggisse qualcuno. Sono stato abbastanza chiaro?"
Cristallino come sempre, mio signore.

Dieci minuti e qualche secondo dopo, Harry aveva iniziato a rimirare il foglio su cui avevo scritto alla rinfusa quell'elenco mentre io avevo iniziato a rimirare lui.
Bugia, lo stavo rimirando anche prima, ecco perché la mia scrittura sembra più uno scarabocchio.
"Bene... bene bene bene, puoi andare adesso" ordina, armeggiando coi bottoni della sua giacca scura da un tempo che definire infinito sarebbe comunque sbagliato.
Come dici, prego?
"Perch..."
"Vai via!"

Che strano modo di amarmi il suo, mi sa che devo un attimo rivedere un po' di cose a riguardo.
Ma cosa sto farfugliando, lui non mi ama, neanche io mi amerei.

Torno a casa e lancio le chiavi contro il muro ed il cellulare sul divano. Di solito accade l'esatto opposto, ho le pareti tutte ammaccate manco fossero quelle di una macchina, quindi devo essere proprio esaurito.
Più del solito, intendo.

Sto per andare a rinchiudermi sotto la doccia a rimuginare sui drammi della mia vita quando ovviamente quello comincia a squillare. Ho ancora le suonerie diverse, quindi riprendo a respirare quando realizzo che è il mio agente a chiamare.
Mi azzavorro sul divano e rispondo, noncurante della tigre inferocita dall'altro capo del telefono.
"Mi ha fatto licenziare, non vogliono più vedermi in agenzia. Sono rovinato!"
Credo di aver perso un timpano nel frattempo e "che dici?" chiedo, con un tono che lo fa ringhiare, riesco a percepirlo.
"Perché non mi hai detto che non sapeva nulla di quegli ingaggi? Lo sai che bisogna sempre passare da lui, ancora non hai capito con chi abbiamo a che fare?"
Effettivamente sto iniziando a dubitarne anche io.
"Adesso è lui il tuo agente, il tuo capo, il tuo tutto, grazie tante per avermi rovinato la carriera!" E chiude la chiamata.
Il mio tutto?
Ma cosa blatera questo, ma non si rende proprio conto.

Un minuto e cinquantanove secondi dopo risquilla il telefono, suoneria diversa e, sorprendendomi di me stesso, inizio la chiamata con "sono occupato, chiamate più tardi".
Ma che cazzo ho appena fatto?
"Ah davvero?" Ecco appunto, aspetta, dammi il tempo di vedere se c'è vita su Marte che magari chiedo ospitalità lì.
"È una pessima giornata, Louis Tomlinson, non vorrai contribuire a peggiorarla ulteriormente, spero."
Non ditegli mai che ero già in strada quando ho risposto "sia mai, signore."

Ormai direi che possiamo sorvolare sulle sensazioni che mi provoca l'avvicinarmi alla sua azienda. O alla sua moto, che ha cambiato colore da quando l'ha ammaccata dando la colpa a me anche se non c'ero.
Quindi facciamo che passiamo direttamente alla parte in cui entro nel suo ufficio, gli uomini orso mi guardano rassegnati, e lo sento urlare al telefono "hai capito bene, sei licenziato!"
Non so chi ci fosse dall'altra parte, ma io di certo non stavo capendo un cazzo, a parte il fatto che quando ha le gambe incrociate sulla scrivania non è mai un buon segno.
Sì, devo ancora trovarli dei buoni segni, con lui, credo siano prossimi allo zero.
"E anche voi, siete licenziati anche voi" sbraita, mentre quei due, che di orso hanno solo la stazza, se ne vanno senza proliferare parola.
Ma dove andate, non lasciatemi solo!

"Sei in ritardo" continua, torturando senza un motivo logico l'unica matita ancora intera che giace sulla sua scrivania.
Ma se ci ho messo cinque minuti a fare un tragitto per il quale di solito ce ne vogliono almeno quindici!
"In ritardo per cosa?" oso chiedere.
"Mai per fare domande idiote."
Ma che razza di risposta è, io ci rinuncio.
"Dobbiamo parlare."
Devo sedermi, non penso di aver capito bene. E lo faccio, sia mai perda l'equilibrio, già precario.
"E di cosa, se è lecito saperlo?"

Avete presente quando sai che quello che hai appena fatto ti si ritorcerà contro in qualche modo?

"Di noi."

Ecco appunto.
Quale noi, non c'è nessun noi. È solo nella mia testa, e lì è bellissimo, lascialo lì, non me lo rovinare.

"Ah."
Non so mai dire altro in questi casi.
"Stai zitto e fammi parlare" si lamenta. E quand'è che avrei fiatato, scusa?

Ho davvero bisogno di una birra.

Vi sto parlando di questa cosa che è successa esattamente sei mesi e due giorni dopo quel che sembrava l'inizio di una vita normale perché ancora faccio fatica a crederci.

Nulla di quello che leggerete adesso avrà un senso.
E no, non dite che non c'era senso neanche prima perché non sarete d'aiuto.

Lo sto guardando come se da un momento all'altro possa trasformarsi in una strana creatura, ormai vedo solo mostri. Presto prenderò il coraggio necessario per dirgli che ho dei seri problemi quando va a lavoro svestito, cioè sempre, e quindi mi vengono i tic all'occhio, non voglio morire giovane.
Ma che dico, io sono morto da un bel pezzo.

"Ho bisogno che tu mi ascolti senza interrompermi come tuo solito, puoi farcela?"
Aspettate... cavolo, sono già seduto... mi ha davvero posto una domanda con gentilezza?
Non sono abituato, scusate, ho bisogno di un momento.
Annuisco temendo che anche solo sentirmi dire sì possa irritarlo e attendo.

"Voglio solo che tu sappia che ci tengo a te, stranamente è così, ma che... non... non starmi addosso, Louis, per favore. Quando ho detto di non essere fatto per le relazioni non mentivo, lo sai che non lo faccio mai. Non chiedermi niente, stiamo andando bene, in fondo, no?"

Io dopo il ci tengo a te ho recepito solo una serie di parole scomposte, forse c'era anche un per favore da qualche parte, ma non ne sono sicuro.
Una persona normale si sarebbe incazzata parecchio perché non puoi dire ti amo e poi passare ad un semplice ci tengo a te.
Dopo mesi, poi!
Ma io non ho più nulla di normale per colpa sua quindi me ne esco con un "non mi ami più?" per il quale penso di essermi guadagnato l'esilio su Marte che ho già chiesto da un po'.
"Louis" dice solo lui, e me lo faccio bastare, non voglio certo che licenzi anche me.
"Vuoi che me ne vada?" domando. Mi sento quasi un gattino impaurito o forse lo sono.
"No."
Vogliamo andare avanti a monosillabi? Sono campione in questo.
"Voglio che vieni qui" dice con voce roca e sprezzante, che è poi la sua di sempre e perché lo sto specificando?
Batte un palmo su una coscia come a richiamare la mia attenzione, e ah, capisco non sono un gatto ma un cane. Gli anelli oggi sono tre ad entrambe le mani e non ce la faccio, devo dirgli che mi fanno venire gli incubi, prima o poi.
Come un automa, mi alzo dalla mia sedia girevole che per poco mi fa inciampare su me stesso e mi avvicino a lui che mi sta fissando come se volesse mangiarmi. Ma condiscimi pure, se ti fa piacere.
"Cosa vuoi che faccia?" chiedo, la mia voce è troppo eccitata e io mi sto vergognando dentro perché non è possibile. Sarebbe gradito se almeno la smettesse di mordersi le labbra.
Ecco, mi sta venendo un'erezione, che classico.
"Mi devi baciare, Louis Tomlinson, e poi..." no senti, fermo con quelle mani, "mi devi calmare, sono molto nervoso" oh me ne sono accorto. "Pensi di riuscire a farlo o devo chiamare qualcun altro?"
Qualcun altro chi?
"Credevo di avere l'esclusiva" pronuncio, provando a non guardarlo mentre si slaccia i pantaloni. Lui tira fuori un ghigno e "se c'è qualcuno che ha l'esclusiva, qui, quello sono io."
Giusto.
Cazzo.
"Non essere geloso, la tua bocca resta ancora la migliore amica del mio cazzo."
Devi smetterla di parlare. Ora. Immediatamente.
Lo bacio nella speranza che possa darmi un po' dell'aria che ho perso. Lo bacio perché come si fa ad evitarlo se quelle labbra stanno lì a disposizione come se aspettassero soltanto te?
"Il pompino, Louis, adesso" mi ordina, ovviamente. E io eseguo, ovviamente.
Oggi il suo cazzo sa di vaniglia. Anche quando mi viene in faccia mi sembra di profumare di vvaniglia
Sto delirando, tutto a posto, tanto lui è completamente sdraiato su quella sedia da non accorgersene.

Mi fanno un po' male le ginocchia quando mi rialzo. Lui sembra distrutto manco avesse corso la maratona di New York e ha un fiatone pazzesco. Credo che l'orgasmo lo abbia colto di sorpresa o non so, ma se non si riprende lo corico e lo scopo qui.
Chiudi le gambe, almeno, fallo per me.

"Fatti trovare a casa stasera" mi dice dopo un po', a fatica, ansimando. Ho bisogno di toccarmi, sono quasi felice di andarmene.
In pratica esco dal suo ufficio e mi chiudo nel primo bagno che trovo fregandomene che possano sentirmi mentre mi masturbo senza alcun ritegno.
Quando mai ne ho avuto uno, direte voi, ma facciamo finta di niente, è stata una delle seghe più memorabili che mi sia mai fatto.

Una volta arrivato a casa, realizzo con profondo terrore di non avere idea di che cosa intendesse Harry con stasera.
A che ora?
Tardi?
Presto?
Cena?
Precena?
E mi sono risposto che mi vedrò costretto a non uscire finché non si degnerà di farsi vivo lui.

Sono quasi le undici quando sento suonare il campanello. Non so come, ma mi ritrovo di traverso sul divano con la tv accesa su qualche stupido programma trash e... cazzo, devo essermi addormentato.
Apro la porta controllando di sfuggita il cellulare, quando sento "pensavo mi stessi aspettando."
Ultimamente pensiamo entrambi cose assurde, tipo io di certo non pensavo saresti venuto.
"Ehm" biascico "...sì? Certo che ti stavo aspettando" mento poi, spudoratamente, come se lui non mi sgamasse ogni volta che ci provo.
Lui si sistema il bavero della giacca e si fa strada dentro casa senza più guardarmi. Io, in compenso, lo guardo e penso che dovrei cambiare tutti i mobili perché ho un problema chiamato flashback che mi si ripropone ogni volta.
"Come mai qui a quest'ora?" domando incuriosito. Vorrei sapere a quale altro trauma vorrà sottopormi.
"Speravo di riuscire a venire prima, ma mi sono appena liberato" dice. Ma esattamente chi sei tu? Hai mandato di nuovo il gemello gentile ad accudirmi?
E lo so che non lavora mai fino a così tardi, quindi cerco di non rovinarmi la visione di lui qui con me e passare oltre.
"Ah capisco."
"No, non credo. Se capissi, noteresti che sono arrabbiato" ah perché, non è la tua condizione normale?
"Cosa ho fatto, questa volta?"
In un lampo, me lo ritrovo ad un millimetro dall'orecchio, tanto da farmi arrivare a pensare sia davvero un alieno dotato di strani poteri. "Non scappare mai più da me" mi sussurra e no, ti prego laggiù, un po' di decenza.
Ho provato a capire il senso di quell'avvertimento e ci ho messo cinquecentoquarantotto giorni e un incalcolabile numero di bottiglie di Dom Perignon per trovarlo.
Perché pensate che lui me lo abbia spiegato?
Figuriamoci, si diverte a torturarmi dal primo momento in cui mi ha visto, perché dovrebbe mai farmi una grazia?

Milleottocentoventisei giorni e penso di essere ubriaco da almeno un terzo di essi.
Non so più contare.

Da sotto il cappotto tira fuori una bottiglia di champagne. Dom Perignon, appunto e, mentre mi chiedo cosa ci sia da festeggiare, lui mi guarda con le sopracciglia aggrottate e mi dice "mettila sul comodino in camera da letto."
Ogni giorno scopro cose nuove, sono commosso dalla bellezza della vita e del mondo, ma io preferirei rimanere a quando lo champagne lo si gustava in salotto o in cucina.
Grazie, davvero.
"In... camera da letto?" Sono perplesso, se la sua condizione perenne era arrabbiata, penso di aver appena trovato la mia.
"Sei sordo, per caso?" E chi può dirlo, ormai.
Annuisco ed eseguo l'ordine quasi correndo. Potrei valutare di calarmi dalla finestra e andare alla polizia per informarli che sono perseguitato da un criminale, ma probabilmente mi internerebbero, e non posso farcela.
Anzi, no, posso. Non lo so.
Non so più respirare.

Non capisco cosa sia successo nel momento in cui ho poggiato la bottiglia esattamente dove lui mi aveva detto. Mi sento solo prendere per i fianchi, pizzicare, quando la sua voce mi sussurra all'orecchio "bravo" con un tono che mi terrorizza. Lo sento respirare contro la mia mascella e mi vengono i brividi, lui mi pizzica di nuovo proprio in quell'istante.
Diventerò viola ma che importanza ha.
Il lungo bacio che decide di stamparmi sul collo mi fa reclinare automaticamente la testa. Lui sogghigna spostando le mani in avanti, verso il basso. Perché deve controllare quando sa già che sono vergognosamente esposto da un pezzo? Oh ma lo so perché: se ne compiace.
Si compiace sempre del potere che ha su di me, e credo non smetterà mai di farlo. Non so nemmeno se esista un modo per impedirglielo, quindi ehi ciao dignità, puoi andare a farti l'ennesimo viaggetto da qualche altra parte.
"Ho voglia di scoparti" sospira, solleticandomi la distanza tra collo e orecchio col naso. Viola e con la pelle d'oca, che bella condizione.
"Ma sono arrabbiato, Lou, non mi piace quando mi fai arrabbiare."
No scusa... ed esattamente quando è successo che non ti sei arrabbiato con me? Dovevo essere svenuto in quel momento.
Poggio istintivamente una mano sul comodino per mantenermi in equilibrio e la bottiglia traballa. Lui si blocca un secondo dall'accarezzarmi l'interno coscia e poi me lo sfiora facendomi arrossire.

È così che cado sul letto, è così che è iniziata questa strana ubriacatura.
O almeno credo, chi cazzo se lo ricorda.

L'unico flash che ho, e che ancora mi perseguita dopo tutto questo tempo, è che ho scoperto un'altra cosa di Harry Styles che mi terrorizza: lui sa aprire le bottiglie di champagne coi denti.
Senza neanche guardarle.

Io l'ho presa bene, è stato bellissimo vederlo berne qualche sorso mentre mi sovrastava, a cavalcioni su di me.
Benissimo, volevo mi colpisse col vetro per poter finalmente morire in pace, pensate un po'.

"È buono", mi comunica, leccandosi le labbra e lasciandosene scivolare addosso qualche goccia. Ma quella è la sua camicia preferita, cosa sta facendo, oh dio e io perché penso alla camicia, internateci entrambi.
"Vuoi provarlo?" chiede poi, stringendo le ginocchia come a stimolarmi.
Ho dolore, finiscila.
Annuisco perché la testa sembra l'unica parte del mio corpo che riesce ancora a muoversi, e lui sorride. Cosa ci sarà mai da sorridere sulla mia lenta agonia?
"Allora dai... vieni..." in che senso, scusa? Bisogna essere più specifici in certi frangenti.
Lo sento duro contro di me, che cozza contro di me quando provo a tirarmi su perché una sbronza ci sta tutta, ma poi sento che... ma che cazzo?
Ha le labbra bagnate di champagne e saliva quando mi bacia e io non sto capendo come faccio a restare nella posizione in cui mi trovo.
Non che stia capendo molto in generale, ma lasciamo perdere.
Si stacca contro voglia e la cosa mi fa eccitare più del dovuto... è un lamento quello che sento? Le labbra sono carnose, rosse, protese in avanti quando "bevi" mi ordina, calandomi la bottiglia sulla testa facendomela alzare verso l'altro.
La possibilità di strozzarmi era l'ultimo dei miei problemi, anche perché lui continua a versarmi il liquido alcolico in gola senza fermarsi e ho paura.
Forse sta cercando davvero di eliminarmi.

Quando finalmente mi permette di raddrizzarmi, mi afferra per le spalle per aiutarmi a star seduto sebbene lo senta, muore dalla voglia quanto me.
Qualcuno prima o poi dovrà dirmi cosa ho fatto di male nella mia vita precedente per meritarmi tutto questo.
O di bene, dipende dai punti di vista.
"Che cos'hai oggi?" chiedo, ma solo perché sono preoccupato per la mia incolumità, mica per altro.
Provate a crederci, almeno voi.
"Devi lasciarmi in pace" è tutto quello che ricavo, e va bene, mi dico, non mi sembra la situazione adatta per un discorso serio sul nostro rapporto.
Cerchiamo di averne uno e poi chi si è visto si è visto.
Forse.
Sicuramente su HarryStyleslandia funziona.

Mi bacia di nuovo e, anche se non riesco ancora ad abituarmi a questa nuova fase della nostra relazione in cui non devo sentire implorazioni né doverle fare io, mi spiazza.
Ma non ditegli mai che definisco tutto questo relazione, mi ucciderebbe e io voglio vivere.
Sì, lo voglio.
Sono indeciso.
Vivere. Soffrire. Fare l'amore con lui. Pensare a quanto è bello fare l'amore con lui.
Se devo morire, sarà quando non potrò più fare nulla di simile, e per mano sua.
Magari dopo un orgasmo di quelli per cui ti viene un infarto e l'ultima cosa che vedi è il volto di Dio.
Che nel mio caso è uguale a quello di Harry Styles.
Insomma, salvatemi ma anche no.

"È irritante" sussurra, coricandosi completamente su di me. Il suo petto è appiccicaticcio contro il mio e a me manca l'aria per questo e altri svariati motivi.
"Sei... irritante, Louis Tomlinson" finisce la frase mordendomi poco sopra una clavicola.
Non so perché continui a dirmi cose che non giungono per niente nuove alle mie orecchie. Dove ha messo la bottiglia, piuttosto, che voglio finirla?
"Lo so" mi scappa, e lui ha uno scatto e io mi insulto da solo. Sorride ancora con un leggero sospiro prima di farmi urlare perché mi ha aperto e io proprio non l'ho notato.
È diventato silenzioso e delicato come un ninja, la cosa ha dell'inquietante.
Mai quanto me che mi addormento come un cretino senza neanche accorgermene.
Ho deciso di istituire un gruppo di insultatori professionisti che appaia dal nulla con tante dolci parole tutte per me. Sarà un lavoro estenuante, il loro, considerando la quantità di stronzate che faccio ogni giorno.

Non ho idea di che ore siano quando ritorno nel mondo dei vivi. Harry è praticamente di traverso sul mio corpo e ho subito immaginato a come fare a tornare nel mondo dei morti e restarci.
Non restava a dormire con me da settimane, ci avevo perso le speranze.
Dò la colpa allo champagne, figuriamoci se lo ha fatto di sua iniziativa, e provo a spostarlo sperando di non svegliarlo.
È bellissimo, sapete? Lo dico dal primo momento, ma sono passati mesi, anni e ancora non me ne capacito.
Come ci è finito uno così con me? Perché dovevo incontrarlo proprio io?

Gli sposto i capelli che gli coprono gli occhi e sono certo questo sia il gemello buono, quello che ha detto di amarmi, mentre quello sadico sarà sicuramente scappato a lavoro.
Deve essere per forza così, ecco perché adesso andrò a fare una doccia e poi affronterò la questione.
Con una sega mattutina.
Una sega mattutina è la soluzione a tutti i mali.

Quando torno in camera, in punta di piedi, lui non c'è più.
Lo sapevo che era solo un sogno!

Un giorno.
Due.
Quattro giorni e sette ore.
Il telefono è ancora muto.
Sette giorni e no, non sto citando The Ring.
Sto di nuovo tenendo il tempo, non va per niente bene.
Dodici giorni.

Non sento né vedo Harry da dodici giorni esatti e non so che cazzo sta succedendo.
Forse sono anche bipolare.

Ho ripreso a correre cambiando itinerario solo per avere la scusa per passare dalla sua azienda.
La moto è sempre lì, ogni giorno, quindi non è tornato sul suo pianeta, non la lascerebbe mai tra noi umani inferiori.
E allora che succede? Non sono abituato, capite? Sono vecchio per vivere alla giornata.
"Louis Tomlinson."
All'alba del tredicesimo giorno vengo colpito dalla luce divina.
"Dobbiamo parlare di..." noi, di quanto sto male senza di te, del fatto che ti amo, che voglio impiantarti un chip per sapere sempre dove sei, che non so più chi sono senza di te, di cosa?
"...lavoro. Torna qui domani a questa stessa ora."

AH.
Lavoro... certo... anche fare sesso con me è lavoro, lo dimentico sempre.
Devo chiedergli dove ha messo il suo gemello, ne ho bisogno per sentirmi meno depresso.

Vivo queste ventiquattro ore in maniera che definire drammatica è dire poco: non ho mangiato né dormito, chiudo gli occhi e vedo bottiglie di Dom Perignon, se mi tocco il palato ne sento ancora il sapore.
Potrei aver subito un trauma serio e lui se ne frega.

Entro in azienda senza nemmeno aspettare che qualcuno venga ad accogliermi, vado diritto al suo ufficio senza soffermarmi su niente, altrimenti addio forza d'animo.
Apro la porta e "dove diavolo sei stato per due settimane?" sbotto verso il nulla.
E non perché lui non fosse lì, ma semplicemente perché "siediti" mi dice autoritario, e voi sapete che la forza d'animo va a farsi fottere quando usa quel tono.

"Qualcosa di leggero, leggiti il testo e poi fammi sapere che ne pensi" dice.
Prendo il foglio e, tanto per cambiare, noto che non conosco né artista né canzone.
Ma come posso pensare di passare una vita serena con lui se non riesco a comprendere nemmeno le sue preferenze musicali?
"Puoi andare, adesso."
Sta scherzando.
"Non posso nemmeno dire se sono d'accordo o meno?" Io sono sicuramente in vena di scherzi.
"No, non puoi. Puoi soltanto andartene, ora."
Capisco. Anzi no, non capisco affatto, vaffanculo.
"Ok."
Ok un cazzo, butto il foglio nel primo cassonetto che trovo e mi faccio anche male ad un piede mollandogli un calcio.

Abbiamo passato esattamente settantaquattro giorni a fare sesso in tre: io lui e il Dom Perignon.
Non tutti i giorni, ovviamente, sarei ricoverato, adesso, ma il lasso di tempo è stato quello.
Settantaquattro giorni nell'arco di cinquecentoquarantotto.
Ora capite perché ho detto che mi sfianca?

A milleottocentoventisei giorni da quando è iniziato tutto ho finalmente capito cosa lo abbia portato a togliere di mezzo il terzo incomodo.
Ho capito perché era sempre arrabbiato con me e perché non vedo Dom Perignon dal giorno in cui è uscito il video di Consequence e abbiamo festeggiato nel suo attico solo io e lui.

Mi auguro di non vedere mai più bottiglie di Dom Perignon in vita mia. Diventerò astemio se necessario.

"A me sembra una canzone d'amore" sottotitolo non è da te.
Ho recuperato il testo della canzone da internet e l'ho stampato, sono seduto sul divano e lui mi ha appena sdraiato le gambe sulle cosce.
Ma perché non mi avvisa mai nessuno prima che le giornate scioccanti comincino?
"So leggere" risponde sbuffando. Credo che quella che ha in bocca sia la stessa matita che ha visto tempi migliori sulla sua scrivania.
"Quando incontreremo la band?" domando. Stiamo perdendo tempo, dovrebbe ammirare il mio attaccamento al lavoro.
"Dopo" risponde subito. E non so come ho fatto ad arrivarci sobrio e senza dolori.

Anche perché non avrei mai immaginato che nella sua testa dopo volesse dire tra un mese.

Un mese in cui, di nuovo, sparisce senza lasciare tracce. E sì, manco della moto ne ho trovata alcuna.
Una mattina ho preso coraggio e ho telefonato fingendomi qualcun altro ma in azienda nessuno è stato in grado di dirmi dove fosse.
Intanto avevo imparato a memoria quel testo e avevo pianto.

"Compra lo champagne" è il messaggio che ricevo 32 giorni e sei ore dopo la sua scomparsa.
Ho fissato lo schermo del cellulare temendo fosse riposseduto, l'ho persino aperto e staccato la batteria per vedere se ci fosse qualche cosa di fuori posto, ma nulla.
Il messaggio è di Harry, e mi arriva con tutta calma. Cosa che io ho perso da un pezzo.

Io non voglio più saperne di champagne, perché nessuno mi capisce?

Con due bottiglie di Dom Perignon, faccio rientro a casa frustrato.
Cosa devo farci? Ok che avevo bisogno di alcool, ma lo champagne mi sembra esagerato e poi lui non si cura di me. Lui non ha neanche bisogno che sia io a comprargli le cose.
Anche perché gli procurerei solo scafandri, sapete, per il bene mio e dell'umanità intera.

Chiudo la porta alle mie spalle e "sto arrivando" leggo sul cellulare due secondi dopo. Stai a vedere che è lui ad avermi impiantato un chip.
Confesso un leggero terrore, ma regolarizzo il respiro nel tentativo di convincermi che andrà tutto bene.

E così pare.
Perché finalmente mi fa incontrare questi Notwist e oh cielo, a cena a casa mia? Vuole morti anche loro, non c'è altra spiegazione.

"Harry ci ha spiegato che non sei un genio in cucina, quindi abbiamo pensato di ordinare qualcosa al cinese."

Aspettate.

Chi cazzo siete?
Come vi permettete?
Harry parla di me?
Che altro ha detto?

"Ah" rispondo.
Ovviamente.

Scopro con orrore che il giorno successivo gireremo il video.
Sarà in aperta campagna e ci sarò soltanto io.
"Non devi far altro che passeggiare e sembrare molto triste, spossato, depresso."
Niente di più facile.
Non capisco il perché dello champagne dato che non lo abbiamo bevuto, ma sento il desiderio di affogarci dentro quando sento "camminerò di fronte a te con la telecamera".

No, allora.
A parte che non c'è bisogno che mi impegni per questa parte perché mi sento triste e depresso da quando ti conosco, ma se mi devi pure riprendere sembrerò anche angosciato!
"O-ok" balbetto e niente, poi domani sera prenoto per un monastero tibetano.

I tizi ci lasciano comunicandoci che andranno a sballarsi chissà dove (proprio con queste parole) e io mi domando perché non mi sia unito a loro.

"Lo sai? Penso che questo video sarà bellissimo."
Svariati ricordi dei precedenti si susseguono nella mia testa anche se sono passati anni e "come mai?"
Lui non risponde, toglie la giacca con estrema lentezza, si sbottona la camicia e lancia il cappello che non ha mai tolto contro l'appendiabiti centrandolo in pieno.
"Vai a prendere lo champagne" ordina. Si sposta i capelli dal viso con un gesto veloce e mi viene una vampata.
"Perc..." provo a chiedere, ma lui mi interrompe quasi urlando "vai e basta!"

Casa mia non è una reggia. Il tragitto da dove si trova Harry al mio frigo è di dieci secondi.

Ce ne ho messi il triplo perché ormai quella bottiglia è il mio nemico e io non riesco a capire perché lui è di nuovo arrabbiato con me.

Milleottocentoventisei giorni.
Ce ne ha messi tanti per farmi sapere che se lo ricordava.
Che sa perfettamente che ci conosciamo ufficialmente da cinque anni.

"Aprila" mi dice, e io lo faccio anche se con un po' di fatica. Mi accorgo in quel frangente che ha due calici in mano e dove li ha presi, ehi. A stento ricordo di averli in casa.

Me li porge e io li riempio quasi del tutto entrambi. Bevo il mio senza quasi respirare anche perché lui, invece, sorseggia e lo sapete che attraverso il vetro i suoi occhi sono verde acqua marina?
Ok, fate finta che non lo abbia detto.
"Sei sempre il solito, Louis Tomlinson" dice. È un sorriso, quello? Ah i miracoli dell'alcool!
Mi si avvicina piano, e io ormai ho perso la congiunzione tra la mia anima ed il mio corpo quando mi arpiona la nuca e mi attira a sé.
Mi sta bene che non avvisi mai, ma allo stesso tempo non mi sta bene.

"La finiamo di là?"
E ve lo voglio confessare: per un attimo ho pensato che la nostra vita sessuale sarebbe stata monotona e triste senza il terzo incomodo.
Cosa non vera perché, da quando avevamo ripreso a fare senza, non era cambiato nulla, anzi. Però... rivedere quella bottiglia mi aveva ricordato dei bei momenti, ecco.
"Oh ma che importa" dice poi di sorpresa, spostandomi irruento e facendo cadere un po' del contenuto del mio bicchiere sul pavimento e sulla mia guancia.
Lui sorride come se fosse normale aggrapparcisi a ventosa e succhiarne le gocce.
Io non so più se sia il mio sudore o altro quello che sta lavando via.
"Stai fermo, Lou." Oh dio, vuole violentarmi? Ma gli pare che opporrei resistenza?
Il bicchiere mi cade di mano e per poco non lo faccio anche io. Lui adesso ride, ride sui miei denti mentre mi prende le labbra costringendomi a schiuderle con la lingua.
Penso di aver aumentato il tasso alcolico nel mio corpo non appena ha sfiorato la mia.

È solo per questo che non ricordo come mi sono ritrovato a terra con lui che mi blocca le gambe con le sue. Siamo entrambi a petto nudo e penso che queste siano le porte dell'inferno.
"Oggi è un giorno speciale" dice, sfiorandomi il petto con l'indice. È bagnato e arriva fino a sopra la cintura dei miei jeans prima di coricarsi e rimarcare quella stessa scia di baci.
Sto perdendo le forze.
"Scusa se non abbiamo mai festeggiato prima" continua, e guarda... era meglio così, non te lo avevo chiesto.
Bugia tremenda, continua, con gli interessi anche, grazie!
"F-figurati" ansimo con la sua bocca che mi marchia dove può.
"Ne vuoi ancora?" chiede, e non importa il doppio senso, lo voglio tutto, dammelo tutto.
Annuisco a fatica e lui tira fuori dalle sue spalle la bottiglia e me ne rovescia un po' di contenuto piano in gola. Mentre cerco di non affogarmi, mi slaccio i pantaloni e lui adesso è seduto al mio fianco. A gambe incrociate che si compiace, probabilmente pensando che sembro un assetato nel deserto bisognoso di attenzioni.
"Sempre il solito, Louis Tomlinson" dice ancora, prendendolo in mano e leva questa bottiglia e baciami, stronzo.
È stato bellissimo vederlo sorridere di piacere mentre gli ansimavo tra i denti. Un po' meno leccarsi le dita sporche di me, ma è Harry Styles e a lui posso e devo concedere tutto.
Anche la tortura.

"Riposa, adesso, domani si lavora."
Mi lascia con un buffetto sulla bocca e tra le gambe e senza neanche più una goccia di champagne.
Egoista.

Nel milleottocentoventisettesimo giorno, Harry Styles si taglia i capelli.
Corti.
Talmente corti che ci metto un po' a riconoscerlo.
Tutti lo riempiono di pacche sulla spalla, complimenti, solo io resto in disparte e spero che un branco di bufali si materializzi in questa prateria e mi travolga.
Non sono fatto per le novità, soprattutto quelle che riguardano lui.
Anche perché è inutile specificare che è bellissimo anche con questi capelli.

Il video viene girato con estrema facilità. Devo aver maturato una certa esperienza nel gestirlo mentre mi fissa in pubblico, perché alla fine il commento generale è stato "wow, sembrava proprio che il dolore trasparisse dal tuo corpo."
Ma che ne potete sapere voi, ne avevo la fonte in faccia. E se ne stava lì a compiacersi perché ormai la mia intera vita è nelle sue mani.
Mani che oggi hanno un solo anello e forse è un buon segno.
"Ehm... sì, abbiamo fatto presto", realizzo quando controllo l'orario.
Harry non ha ancora cambiato espressione, almeno fino a quando non se ne vanno tutti e io, ignaro, provo a dirigermi verso l'auto.
Per la cronaca, non salgo più sulla sua moto per ovvi motivi, e so che non vedevate l'ora di saperlo.

"Non te ne starai mica andando?"
"Sono stanco", sospiro cercando di convincere più me stesso che lui.
"Abbiamo tempo" insiste, e io lo sto guardando cercando di decifrare la sua espressione perché non l'ho mai vista neanche sul suo gemello gentile.
"Per cosa?" sbuffo. Sono stanco davvero, anche di tirargli sempre le parole di bocca.
"Ho una cosa da chiederti" risponde.
Ma io sono stupefatto, tutta questa suspence mi sta uccidendo.
"Pensi che... sì, insomma..." sta davvero balbettando? Sono sempre più stupefatto.
"Sia una persona degna di amore?"
Scusa, potresti riformulare?
"Quello che voglio dire... tu mi ami sul serio, Lou?"
Non posso credere che questa conversazione stia avvenendo.
"Perché... a me spaventa... quello che provo... mi spaventa da un bel po'."
Sono confuso, stiamo parlando di me o di te?
"Che stai cercando di dire?" ho bisogno di certezze, che questa vita fa già abbastanza schifo.
O forse no.
"Quello che sto cercando di dire è che forse, se non riesco a smettere di pensare a te, a sentirmi così possessivo nei tuoi confronti, forse... forse... e lo so che te l'ho già detto, solo che... adesso ne sono sicuro. Osservarti prima... mi ha fatto riflettere. È difficile distrarsi quando si tratta di te."
Mi gira la testa.
"Dammi un bacio, per favore" gli chiedo supplichevole.

Milleottocentoventotto giorni dopo il nostro primo incontro mi sono trasferito.
Non su Marte, e nemmeno in Tibet.
Mi sono trasferito a casa di Harry Styles.
Me lo ha chiesto lui, e gliel ho fatto ripetere per registrarlo.
Lo ascolto ogni volta che sono solo.

Non diteglielo, per favore.

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