Una storia...

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Che fosse bella, non c'era dubbio.

Che fosse così meravigliosamente elegante, l'aveva sempre pensato.

Quante volte aveva contemplato quegli occhi, i suoi capelli corvini, le dita lunghe e delicate.

Quante volte aveva fotografato il profumo del suo corpo di raso, sognato con lei, scherzato, sbuffato, sospirato.

Aveva ancora il ricordo forte dei suoi baci profumati, della morbidezza dei passi, di quel portamento fiero.

Ancora quella carezza bruciava la pelle.

Lo aveva sempre saputo ed ora, adesso, lo sapeva ancora di più.

Adesso che quella luce blu illuminava ad intervalli il suo viso chiaro, rubricato qua e la da diamanti rossi.

Lo sapeva meglio, adesso, ora che tutti l'ammiravano e lei, silenziosa, si lasciava guardare, scrutata da occhi carichi di tanti pensieri.

Ora che quelle gambe si estendevano più lunghe di ogni strada, quelle gambe belle davanti alle quali ogni parola viene meno, ogni aggettivo è superfluo, ogni cosa inopportuna.

Gambe belle.

Gambe vere.

Gambe regalate al mondo per dirgli che non tutto è finito, che esiste ancora la bellezza, che esiste ancora la purezza.

Quelle gambe che il mondo l'hanno conosciuto. E l'hanno calpestato.

Era il suo momento, questo.

Tutti cercavano il suo nome, molti lo sussurravano.

La parola tremava davanti a lei come davanti a un angelo venuto a mostrare il suo miracolo a sbigottiti spettatori di un evento più grande del loro cuore.

E la radio, perfino la radio, tra le sue scariche di frequenza, sembrava accartocciarsi davanti a tanta donna.

Solo la luna, imperiosa luna, solitaria amica di tante notti e tanti segreti, solo lei riusciva a restare ferma lassù, in quel cielo scuro di agosto ondulato dagli zefiri caldi.

Quel venticello che le girava intorno, impertinente, scherzoso, e le muoveva la gonna, una gonnina bianca, di cotone, comprata pochi giorni prima proprio per quel momento.

Tutti erano lì, adesso, a contemplare, di notte, al lume della luna, la bellezza smisurata di quella dea diciottenne dai capelli di pece accarezzata dal vento.

E tutte le luci erano puntate su di lei, tutte!

Anche quelle di quella macchina nera, con le strisce rosse e blu che illuminava troppo quel momento così sospeso.

Anche quelle di quel grosso mezzo bianco e arancione che colorava, a tratti, di blu l'atmosfera.

Tutti c'erano.

Anche lei, che aveva aspettato la dea a lungo per quell'appuntamento così importante.

Lei, il cui nome tutti sapevano e nessuno voleva dire.

Lei, che tutti conoscono e tutti vogliono ignorare.

Lei, semplicemente lei, con il suo abito scuro, i suoi capelli così biondi da sembrare bianchi, gli occhi cinerini e quel gomitolo in mano.

E quelle forbici al collo.

Nessuna delle due si era tirata indietro.

Nessuna.

Che fosse bella, era ormai scontato.

Che fosse così coraggiosa, era sotto gli occhi di tutti.

Che fosse così giovane, era evidente.

Che sarebbe stato stato così, non l'avrebbe pensato nessuno.

Il sole portava, ormai, con sè la magia della notte, mentre i suoi raggi facevano l'amore con le nubi e coloravano i campi di spruzzi arancioni.

La dea non c'era più.

Al suo posto, solo un uomo.

Un uomo solo che rientrava in macchina e andava via.

E solo una rosa.

Rossa.

Spinosa.

Una lettera che nessuno avrebbe mai aperto.

Un titolo: "Ragazza diciottenne travolta da un pirata della strada ubriaco".

Solo una storia, una storia di paese, di quelle che si dimenticano presto.

E una vita.

Voluta, generata, stroncata.

Sulla mano di quell'uomo, era ancora impresso il calore ustionante di quelle palpebre fredde chiuse dal coraggio di una carezza delicata di notte.

Che era bella, non c'è dubbio.

Che era giovane, lo sanno tutti.

Che era forte, era evidente.

Che era morta, solo in pochi lo ricorderanno.

A chi crede che il mondo possa cambiare (in meglio)


Questa è una storia breve con cui ho partecipato ad una miscellanea. Potrei lasciarla così o darle un seguito. Mi fido dei vostri commenti. Grazie mille!!!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 27, 2017 ⏰

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