I fiori erano sempre stupendi, tu lo sapevi bene.
In fondo era tua madre a farli crescere e sbocciare, e spesso per il tuo diletto te li infilava tra i lunghi boccoli castani, ti chiamava il suo fiore più prezioso.
A te piacevano i fiori, bella Persefone.
Andavi spesso in quel prato a raccoglierli, perché erano i più belli di tutto il mondo conosciuto, e te li intrecciavi tra i capelli come faceva tua madre, perché ti rendevano più bella, e a te piaceva sentirti bella.
Eri così bella, Persefone, come un fiore appena sbocciato, fresco e spensierato in quell'eternità che non ti pesava ancora, perché in fondo eri troppo bambina per caprine appieno le implicazioni.
Ti stavi infilando i fiori nei capelli anche quel giorno, quando lui venne a prenderti.
L'avevi visto qualche volte, nelle rare occasioni in cui frequentava i banchetti.
Era un uomo alto, possente, dalla barba incolta e aggrovigliata, scura come i capelli, e i fiammeggianti occhi d'ossidiana.
Era difficile dire che fosse il fratello di tuo padre, che era possente e incuteva timore e ispirava potenza, ma aveva qualcosa di più regale che trascurato nei capelli castani che si arricciavano e gli sfioravano le spalle, la barba curata e gli occhi color del cielo.
Era anche difficile dire che fosse fratello di Poseidone, dal sorriso sghembo, i capelli corvini e gli occhi color mare, o di Era, che era sempre austera e regale e ti guardava come se volesse odiarti, o della tua stessa madre.
Era difficile dire che fosse un dio, ed era infatti denigrato, lasciato in disparte, relegato in quei regni bui dell'Orco.
Ti eri detta, quando l'avevi visto per la prima volta, che non avresti augurato nemmeno al tuo peggior nemico di vivere lì, senza la luce del sole che ti accarezzava la pelle e il profumo dei fiori tra i tuoi capelli.
Sentivi anche quel giorno il profumo di fiori tra i capelli, quando Ade salì dalle profondità della terra e ti afferrò per la vita, stringendoti stretta e portandoti con sé in quelle ombre dannate che ora chiami casa.
Ti colse come il fiore che eri, strappandoti alla terra tua madre e a tutto ciò che amavi, al sole che ti illuminava benevolo e al vento che ti refrigerava, relegandoti in quel regno di ombre e morte in cui viveva e che lui stesso rappresentava.
Ade era morte, buio e dolore, troppo burbero e poco appetibile per trovarsi una moglie, tanto che fu costretto a rapirla.
Perché proprio a te, ti chiedesti tra le lacrime, mentre lui ti faceva sua sposa senza che tu acconsentissi -ma non ce n'era bisogno, non ce n'era mai stato, nemmeno quando eri stata concepita tu.
A volte te lo chiedi ancora, quando sei confinata da lui per colpa di quei maledetti semi che, sventurata, mangiasti. Ne senti ancora il sapore acido sulle labbra, ti fa venir voglia di vomitare.
Non ci sono più fiori e sole per te, per metà di un anno.
Solo l'oscurità dell'Orco e l'amore del signore degli Inferi, la morte che ancora senti sulle labbra e che talvolta ti prende come la prima volta, senza mai tuttavia averti dato un figlio.
Che vita grama la tua, Persefone.
Non ci sono bei fiori nell'Orco, sono tutti appassiti, deboli ed evanescenti, e l'unica a prendertene cura sei tu.
Sei diventata un bocciolo della morte, nella tua toga nera e il cipiglio austero, infelice come solo un fiore colto e lasciato a perire può esserlo.
Eri bella, Persefone, bella e ingenua.
Ora sei solo un fiore appassito.
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Περσεφόνη
Short StoryEri bella, Persefone, bella e ingenua. Ora sei solo un fiore appassito.