Dolore

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"Mia madre è morta", continuo a ripetere, dentro la mia testa, mentre guardo la schiena dell'uomo davanti a me, che fa la fila come tutti noi. In attesa, impaziente. Sono tutti impazienti, vogliono liberarsi in fretta di quel piccolo fastidio chiamato "dolore" e tornare subito al lavoro. È davvero questa la cosa più importante? Il lavoro? Dove vanno a finire l'amore e i ricordi, senza il dolore? Come dicevo, sono tutti impazienti, tranne me. Io di questo dolore non mi voglio liberare, voglio tenerlo stretto, voglio che riempia il mio cuore. Mia madre è morta ed è giusto provare dolore, il vero sacrilegio è liberarsi di quel dolore.
La fila scorre e tutti ci muoviamo di un passo, all'unisono, come bravi soldatini. Una piccola folata di vento fa muovere il colletto della camicia bianca dell'uomo che ho davanti, lui se lo risistema, distratto e guarda l'orologio. Riesco quasi a intuire i suoi pensieri:"quanto ci mette la gente a ingoiare una pasticca? Devo essere al lavoro, maledizione".
Ho freddo, adesso, ma capisco che il freddo che sento ce l'ho dentro. Alle mie spalle c'è una donna che piange, fra un singhiozzo e l'altro ripete il nome "Arianna", sussurrandolo come una preghiera. Mi chiedo chi sia questa Arianna. Sua figlia? Sua sorella? Vorrei portarla via da qui, questa donna vuole solo soffrire in silenzio.
Il pensiero di mia madre torna nella mia testa, prepotente. Rivedo i suoi occhi spenti e la sua mano, ancora tesa verso di me.
Non ce la faccio, devo andarmene da qui, non posso cancellare questo dolore e perdere, in questo modo, l'unico pezzo che ormai ho di lei; così rompo la fila, ma non faccio in tempo a fare due passi che due uomini in divisa mi fermano e mi intimano di tornare al mio posto. Cerco di spiegare loro, gentilmente, che non ho bisogno di nessuna pasticca.
-Capisco che sei sconvolta, piccola, ma se pazienti ancora un po', sparirà tutto, starai di nuovo bene. Sarai di nuovo normale.- mi dice uno dei due Guardiani.
-Non voglio. Voglio soffrire, non voglio nessuna pillola.- dico, fra le lacrime. Capisco subito che è una battaglia persa, perché loro sono più forti di me, ma devo tentare, per lei.
-Sono queste le regole, piccola, fai la brava.- dice l'altro.
-Non chiamatemi "piccola", ho diciotto anni, non dieci.- dico, quasi urlando, dimenandomi. Circa una decina di persone si voltano verso di noi, per capire cosa stia succedendo, ma non l'uomo in fila prima di me, lui sbuffa e basta, probabilmente è abituato a queste scene. Vorrei scrollarlo per il colletto di quella camicia maledettamente perfetta, dargli uno schiaffo e dirgli di svegliarsi, che il lavoro non è tutto, che le persone sono più importanti.
I due Guardiani mi stanno ancora parlando, ma ormai non li sento più. Mi dimeno e strillo, proprio come una bambina, ma non m'importa, perché nel mio cuore so che sto combattendo per una cosa giusta.
-È quella che ha perso la madre.- sento dire a uno dei due, rivolto all'altro. Mi sto ancora dimenando fra le loro braccia, ma loro mi stanno tenendo senza alcuno sforzo.
-È la prima volta che prende la pasticca?- gli chiede l'altro, stupito.
-Già, così ho letto nei documenti. Incredibile vero? Ormai tutti i genitori portano i propri figli a prendere la pasticca solo perché hanno preso un voto basso a scuola.-
-Dai, portiamola direttamente davanti alla fila, è meglio.- il Guardiano non ha nemmeno finito la frase, che già si muovono per portarmi direttamente allo sportello. Sento l'uomo in camicia mormorare:-stupida ragazzina-, senza nemmeno alzare gli occhi dall'orologio dorato. Nessun altro protesta apertamente come lui, ma sento molte persone sbuffare. Solo due donne mi guardano, comprensive, e una di loro mi sfiora il braccio. "Mi dispiace, resisti" mi comunica con quel breve contatto.
Siamo davanti alla donna che distribuisce le pasticche, mi squadra da dietro gli occhiali, con sguardo snob. Nessuna compassione sul suo volto, solo fastidio.
-Tieni la medicina.- mi dice, fredda, porgendo la piccola pillola trasparente e un bicchiere con un goccio d'acqua al Guardiano che mi tiene il braccio destro.
Ho giusto il tempo di ripetere, sprezzante:-medicina-, che subito il Guardiano a sinistra mi tiene aperta la bocca e l'altro mi costringe a prendere la pasticca.
L'ultima cosa che sento è un piccolo pizzico al braccio destro e cado in un sonno profondo, da cui spero, invano, di non svegliarmi.

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