CAPITOLO 6

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Si alzó dal letto facendomi cadere sul pavimento ancora ridendo, non riuscivo a smettere di ripensare la sua espressione spaventata, se ci ripensavo mi veniva ancora di più da ridere.
"Questa me la paghi!"
"Non direi, mi hai fatta cadere!"
"È colpa tua" subito si avvicinò a me facendomi il solletico ai fianchi e al collo. Sapeva benissimo i miei punti deboli, ma anche io i suoi. Riuscì a fargli il solletico con molta difficoltà visto che lui era sopra di me e mi bloccava le braccia.
"Basta per favore" gridai e dalle forte risate cominciava a farmi male la pancia.
"Scusati".
"Mai".
"Allora continuo" mi fece fare un salto enorme a causa del solletico. Non riuscivo più a sopportare, "okay okay basta, ti chiedo scusa!"
"Bene" si alzò divertito e prima di alzarmi da terra feci un bel respiro e mi aiutai con le coperte ad alzarmi.
Non finisce qui.
Con un balzo atterrai sopra Mark che era seduto di spalle.
"Sei in trappola" gli misi le braccia attorno al collo e le gambe incollate ai suoi fianchi in modo che non poteva alzarsi. Mi guardò alzando le sopracciglia a mo' di "tu credi",  e senza un minimo sforzo si alzò dal letto e ancora avvinghiata a lui come una scimmia e restai sorpresa. "Quanta forza hai?"
"Più di quanto tu credi".
Scesi dalla sua schiena e mi sedetti sul letto incrociando le gambe.
"Non ho nessuna speranza di vincere" sbuffai divertita.
Scosse la testa sorridendo il mio
migliore amico e si sedette accanto a me scrivendo un messaggio.
"Non ti avevo tolto pure il cellulare?"
"Si, ma l'ho convinto a ridarmi solo questi aggeggio, come lo chiama lui".
Annuí "a chi scrivi?"
"Un amica" disse soltanto. Magari il nome, l'età, dove abita no eh?
"Capisco".
Restammo in silenzio fin quando Mark non finì di massaggiare con questa sua amica.
"Come mai sei qui?" Chiese posando il cellulare sopra il letto. Finalmente si era degnato di darmi un po' di confidenza.
"Così.." alzai le spalle.
Mi guardò strano, "so quando menti!"
Sbuffai, "senti volevo chiederti come mai Raz mi guardava quel pomeriggio in quel modo strano, era inquietante!"
S"irrigidí, "beh, è una storia lunga!"
"Ti ascolto" ormai aveva scatenato la mia curiosità.
"Lui non ha avuto un passato pieno di gioia e felicità. È un ragazzo abbastanza particolare, nessuno riesce a capirlo, tranne Elias, ma ogni tanto riesco a capirlo pure io per questo siamo amici. Certe volte non comprendo neanche i suoi gesti e i suoi motivi per cui fa qualcosa".
"Perché cosa ha che non va?"
"Tutto praticamente. Tu mi hai chiesto il perché ti guardava in quel modo" annuí, "ormai è parte di lui avere questo comportamento. Ha sofferto molto e per questo non vuole più avvicinarsi a nessuna ragazza."
"Perché? Mica siamo dei mostri che si nutrono dei ragazzi!" Risi nervosa, non riuscendo a capire nulla di tutto ciò.
"Quasi" rise.
Gli lanciai un occhiataccia.
Si fece subito serio e con una tosse secca continuò il suo discorso.
"Ha paura soltanto di riprovare di nuovo quel dolore. È questo tutto a causa di sua madre!"
"Sua madre?" Ero più confusa.
"Si. Come ti ho detto non ha avuto un passato pieno di gioia. Devi immaginarti Raz come una rosa, ma quei petali grigi e secchi, e come appena ti avvicini solo a guardare quella rosa ti farai male!"
La sua descrizione come dovevo immaginare Raz mi aveva profondamente sconvolta. Anche se non riuscivo a capire nulla di tutto ciò perché non mi ha proprio detto il vero motivo. Mi ha solamente lasciata più confusa e più curiosa di sapere. Non riuscí a dirgli niente, mi aveva un pò sconvolta nelle sue parole.
"So a cosa stai pensando ed è meglio che lasci stare!"
"Perché?"
"Ti farai del male, e poi non è il tuo tipo!" Disse serio guardandomi.
Alzai le sopracciglia divertita, "e chi sarebbe il mio tipo?"
Strinse le labbra divertito, "beh" nello stesso istante sentimmo la porta d' entrata aprirsi e chiudersi. Udimmo voci che sicuramente erano di sua madre e di suo padre.
Mi stava salendo il cuore in gola dall'ansia. "Dovrebbe essere arrivato mio padre" disse con un sorriso spento.
Nello stesso istante si aprì la porta e come per magia sbucò suo padre con un aria abbastanza incavolata.
"Anna piacere di rivederti, ma non ho bisogno dei tuoi discorsetti!"
Strinsi gli occhi, "salve, ma non sono venuta qui a casa sua a fargli uno dei miei discorsi anche perché lei è un adulto e un padre e sa ciò che è giusto" mi alzai dal letto per essere a faccia a faccia anche se lui era molto piú alto di me.
"Allora? Come mai sei venuta qui?"
"Sono venuta qui per dirgli il perché di tutte queste punizioni. Suo figlio mi ha difeso in una situazione abbastanza difficile e non può trattarlo come una ragazza..."
"Ragazzina, tu non puoi dirmi come devo educare mio figlio. Non sei nessuno per dirmi come devo gestire le punizioni di mio figlio. È giusto quello che hai detto io so cosa è giusto, tu no. Se a te non sta bene non me ne frega nulla, non farò condizionare la mia famiglia dai tuoi discorsi quindi te ne puoi anche andare!"
"No signore, non me ne andrò via di qui. Mark mi ha difeso e non riesco a togliermi questo senso di colpa che ho. Lo so benissimo che è colpa mia, ma lei non può mettere in punizione suo figlio solo perché mi ha difeso. Non riesco proprio a capire i suoi motivi perché per me non sono buone punizioni!"
Che mi stava venendo in mente. Sono soltanto una ragazzina di quindici anni, come posso discutere con un uomo di quasi mezza età.
La madre che dietro suo marito mise una mano sulle labbra spaventata, "tesoro" mise una mano sulla spalla del suo uomo, ma la ignorò.
Mi guardava come se fossi un insetto e dovevo essere subito schiacciato. Nei suoi occhi lessi rabbia, una rabbia forte da non essere controllata.
"Papà" intervenne Mark.
"Non muoverti" disse suo padre, "sei una delusione ti fai difendere da una ragazzina. Per me lei è un uomo tu sei solo una femminuccia!"
Non sapevo se prenderlo come un conplimento o un offesa. Ma appena vidi Mark abbassare gli occhi mi investí tutta la rabbia verso il mio migliore amico e suo padre. Lui non reagiva e non si ribellava, mentre suo padre era soltanto una testa di cazzo.
"Vede signore, non da nessuna speranza a suo figlio come deve crescere se lei gli da insegnamenti sbagliati perché così ottiene tutto il contrario".
Sembrava che i suoi occhi prendessero fuoco, fece un passo verso di me e per un istante ebbi paura di lui. Se mi avrebbe alzato le mani non sarei uscita fuori intera e neanche lui.
"Stupida ragazzina tu non sai niente. Non sei un genitore ne tanto meno hai cresciuto un bambino. Di sicuro sarai viziata dai tuoi genitori e non avrai avuto nessuna punizione da loro. I tuoi genitori saranno degli sciagurati e di sicuro tua madre sarà una poco di buono per crescere una figlia così!"
Mi stavo trasformando in una iena. Volevo mangiarlo vivo questo uomo e dargli una morte lenta e dolorosa.
"Come si permette di parlare così dei miei genitori e della mia educazione. Loro mi hanno cresciuta insegnandomi i valori della famiglia e come interagire con la società..."
Mi interruppe Mark urlando e  chiamando suo padre, "non ti permettere mai più di insultarla. Va via papà e non farti più vedere dentro la mia stanza!"
Suo padre lo guardò senza far trapelare nessuna emozione e se ne andò via non degnando di uno sguardo sua moglie. Quest'ultima mi guardò senza capire cosa voleva intendere con il suo sguardo. Forse ho sbagliato di sicuro non sono fatti miei, ma lui è il mio migliore amico ed è un obbligo difenderlo.
Guardai Mark che era abbastanza imbarazzato dalla situazione. E ci credo!
"Va tutto bene?" Mi chiese.
Quando era dolce "tu stai bene?".
Non rispose.
Per colpa mia lui e suo padre di sicuro non si parleranno nei prossimi giorni e di sicuro avrò messo nei guai a Mark e gli aumenterà le punizioni.
Non volevo scatenare ancora di più la rabbia di suo padre, anzi non sapevo neanche che fosse così. Prima lo vedevo sempre calmo e pacato, ma vendendolo in questo modo mi sembra un altra persona. Di sicuro Mark ha preso tutto di sua madre.
Passai una mano sul viso sconcertata e infuriata con me stessa e per le parole che mi aveva detto suo padre.
Lui non sa nulla riguardo della mia famiglia e neanche li conosce. Come ha potuto parlare male di mia madre. Una rabbia forte mi attraversa il petto e chiusi gli occhi per cacciarla via e pensare ad altro. Delle braccia mi avvolsero, "scusami" sussurrai.
Lo abbracciai stretto a me e lui fece la stessa cosa per confortarmi. Appoggiai la testa sul suo petto ascoltando i battiti del suo cuore.
Non avevo mai sentito un battito così dolce e soave.
"Anna io..."
"Si?"
"Volevo consigliarti di dimenticare tutta questa storia!"
Non volevo dimenticare per niente ma annuí.
"Riguardo a Raz" mi slacciai dal suo abbraccio, "non ho ancora capito perché c'è l'ha con me!"
"Non c'è l'ha con te, ha solo problemi con relazionare con le ragazze!"
"Però non può fare così, sembra un maniaco ed è inquietante. Lui lo sa questo?"
Si sedette sul letto, "non credo!"
"Glie l'avete mai detto?"
"No. Senti, Anna non puoi cercare di dimenticare tutto e dirmi solo grazie?"
Sapevo che era ironico, "grazie" dissi velocemente. Non posso dimenticare quel ragazzo pieno di negatività. "Mi potresti dare il suo numero?"
Mi guardò in viso, "te lo scordi. Non te lo darò mai!"
"Perché?" Mi avvicinai.
"Perché non voglio vedere la mia migliore amica soffrire per quello lì che neanche Gesù Cristo lo vorrebbe in paradiso!"
Sorrisi non per la battuta, ma perché ci teneva a me davvero, come io tenevo a lui.
"Non mi farà del male e neanche io lo farò!"
"Infatti per questo ti voglio lontana da lui! Non sei pronta per soffrire per uno come Raz!"
Gli toccai i capelli, "allora per cosa sono pronta?"
Mi spinse verso di lui mettendo una mia mano sul mio fianco e mi cinse di nuovo in un abbraccio.
Per la prima volta mi sentì in imbarazzo, ero scissa da tanti brividi a causa delle braccia attorno a me
"Non voglio perderti. Sei l'unica che mi capisce!"
"Non ci allontaneremo mai Mark, ti voglio troppo bene per dirti addio!"
Lo credo davvero. Questo è uno dei nostri tantissimi momenti che abbiamo da migliori amici pieni di amore, si ma i brividi cosa centrano?
Restammo abbracciati per tanto tempo fin quando la madre aprì la porta lentamente e chiamò suo figlio.
Appena ci vide diventò subito rossa e mi slacciai subito dalle sua braccia.
"Devo parlarti!"
Mark uscì dalla camera chiudendo la porta della sua stanza. Mi sedetti sul letto sbuffando, tutto questo per colpa mia. Chissà cosa gli starà dicendo, di sicuro qualcosa per farci allontanare. Non lo so, non credo che sua madre così dolce e tenera direbbe questo.
Mi stiracchiai sul letto e con le braccia toccai qualcosa di duro e freddo. Il cellulare di Mark.
Lo presi velocemente e andai in rubrica cercando il numero di Raz. Mi batteva forte il cuore dall'agitazione, guardavo ogni tanto la porta, ma restava ferma.
Preso una penna sulla scrivania in mezzo a tanti libri, mi alzai la manica e mi scrissi il suo numero, appena finito buttai il telefono di Mark dov'era prima.
Spero solo che non si cancelli.
Nello stesso istante entrò il mio migliore amico con un espressione frustrata.
"Che succede?" Chiesi alzandomi.
"Nulla tranquilla!"
"Ehi, puoi dirmelo liberamente!"
"I miei genitori hanno litigato e mio padre se ne andato via!"
Mi si bloccò il respiro.
Tutta colpa mia. Sei una stupida. Stupida. Stupida. Stupida.
"Non è colpa tua" rispose ai miei pensieri, "doveva succedere prima o poi!"
"Che vuol dire?"
"Da un un bel po' i miei genitori non andavano d'amore e d'accordo!"
"Perché non mi hai detto nulla?"
Mi feriva che in qualche modo non mi abbia detto nulla riguardo ai suoi genitori, questo significava che non si fidava ciecamente di me.
"Non te l'ho detto perché secondo me era normale che non si va sempre d'amore e d'accordo. Ma oggi ho capito che il loro rapporto non è più lo stesso da tre mesi!"
"Spero che risolvano" non sapevo che dire, in fondo non ho mai immaginato che i miei genitori si lasciassero. Litigano, questo si, però non ho mai visto da parte di qualcuno di loro due abbandonare l'altro. Non sapevo come ci si sentiva e come aiutare il mio migliore amico.
"Lo spero anche io. So che tutte e due ancora si amano e che soffrono! Non voglio vedere i miei genitori soffrire!"
Si toccò il viso disperato e lo abbracciai forte in modo che potesse sentire il mio aiuto, il mio conforto.
"Ci sono sempre per te lo sai!"
Annuì mettendo la testa nascosta sul mio collo.
Restammo in quel modo per non so quando tempo. Questa volta sciolsi l'abbraccio a malincuore.
"Io devo andare sono quasi le otto!"
Annuì con un accenno di sorriso debole.
"Ci vediamo domani a scuola?"
"Si certo!"
Gli diedi un altro forte abbraccio e uscì dalla sua stanza.
Non vidi sua mamma da nessuna parte così uscì fuori e camminai verso casa mia.
Mi sentivo ancora in colpa per quello che era successo. Mi toccai i capelli ancora frustrata e arrabbiata.
Cercai di pensare ad altro così mi alzai la manica per vedere se ancora era vivo quel numero.
Devo trovare un telefono
Cosa gli avrei detto? Oh ciao sono Anna la ragazza che le hanno preso il telefono e messo nelle mutande... ricordi?
Certo come no, e come scordare una cosa del genere. Sono talmente sfigata che questa storia del telefono non se la dimenticherà nessuno.
Entrai in casa e quando notai che mia mamma non era da nessuna parte mi agitai chiamandola ad alta voce.
Una voce debole e cupa si sentì verso la sua camera da letto.
"Mamma cos'hai?" Chiesi spaventata.
Papà era accanto a lei che guardava la televisione.
"Oh no tranquilla" lesse nel mio volto la mia preoccupazione, "ho solo qualche contrazione!"
Mi si bloccò il respiro, "andiamo all'ospedale allora!"
"No" rispose, "non è il momento. Le contrazione che ho sono ogni quindici minuti".
"E cosa significa?"
"Che mi sto piano piano preparando. Anche se mi hanno detto che nella seconda gravidanza avviene tutto molto velocemente".
Mi sedetti accanto a lei nel letto. "Quando tempo ci hai messo con me durante il parto?"
Si toccò i capelli mettendoli dietro l'orecchio, "il travaglio è durato venti ore".
Mi stavano venendo tutte le curiosità che una figlia potesse avere.
"Avete deciso di avere un altro figlio oppure è capitato?"
Mamma mi guardò strana forse imbarazzata, fissò per qualche minuto papà e anche lui era abbastanza imbarazzato. Si strinsero più nelle spalle e si diedero la mano. Non capivo quel gesto come se fosse indispensabile.
"L'abbiamo voluto" rispose papà con la voce strozzata.
Annuì guardandoli strani. "Perché fate cosi?"
"Perché ho, anzi abbiamo avuto molti problemi durante la gravidanza".
"Non capisco, quali problemi?"
Si guardarono, "niente Anna".

Il figlio di Belzebú (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora