Prologo

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"Punta un po' più in alto... Alex, non devi essere tesa come la corda dell'arco! Non tirerai mai bene, se non per un colpo di fortuna vero e proprio!"
Avevo sbuffato, posando l'arco a terra e sedendomi - per meglio dire, tuffandomi sul tappeto di foglie scure: erano gli inizi dell'autunno, gli alberi che agitavano le foglie gialle al vento, solo qual che spicchio di verde era ancora visibile in quella nuvola dorata. E, a terra, il sottobosco era a malapena visibile sotto alla coperta marrone che i giganti della foresta gli avevano donato.
"Che c'è, piccola? Sei stanca?"
Avevo sbuffato di nuovo, lanciando a mio padre un'occhiata a senso unico; avevo occhi grigi, come adesso, ma erano più innocenti. Più nuovi.
"Papi, io non voglio imparare a tirare con l'arco! Voglio usare la spada, come Erik!"
"Ma tu, tesoro mio, non riusciresti mai a reggere una spada come quella di tuo fratello! È troppo pesante..."
"E se mi alleno?"
"Cucciola, come posso spiegarti... Non hai la corporatura giusta per farlo!"
"Corpo...?"
"Corporatura, lupetta, corporatura. È l'aspetto che ha il tuo corpo, com'è fatto"
Avevo fatto scendere una lacrima, sperando di farmi ascoltare da mio padre, ma lui mi aveva abbracciato, prendendomi in spalla:
"PAPI! VOGLIO IMPARARE A TIRARE DI SPADA!'
"Quando inventeranno una lama adatta a te, lupetta, stai sicuro che io, tuo padre, te la comprerò! E combatterai al fianco di tuo fratello, caccerai con lui, sarete uniti come pochi! È per questo che vi voglio un mondo di bene!"
Avevo riso, seppellendo poi il naso nella sua giacca di pelle: se inspiravo a fondo potevo sentire l'odore leggero, incantevole della foresta, forse qualche nota che mi ricordava la nostra casa.
"Bene lupetta, si sta facendo buio. Torniamo a casa?"
Avevo annuito, tornando a guardare l'orizzonte alle sue spalle; sullo sfondo colorato vedevo del fumo, e quella era l'unica discrepanza in tutta quella meraviglia...
"Papi..."
"Che c'è lupetta?"
"Fumo..."
Tre secondi dopo mio padre aveva iniziato a correre come un matto, cercando di raggiungere la fonte dell'incendio; ma non sapevamo cosa ci aspettava...

Ero seduta su di uno sgabello, intenta a lavare la frutta; di tanto in tanto arrivava alle mie orecchie il cantore delle spade, e sorridevo, cercando di immaginare il combattimento senza dovermi distrarre. Ma la curiosità è umana: alla fine mi ero girata ad osservare mio fratello e l'istruttore, che incrociavano le spade in una danza letale e spaventosa. Naturale. I capelli di mio fratello erano del color del miele, e questo mi permetteva di distinguere lui e l'istruttore senza problemi; l'uomo dalla spada nera, d'altro canto, aveva capelli che, per colore, ricordavano il legno del castagno. Mi chiedevo sempre come mio fratello, esile ma veloce, riuscisse a tener testa ad un omone grande e pesante come una montagna. D'altronde... Ci riusciva abbastanza bene, anche se veniva sempre sconfitto, e ciò che importava era solo il tempo...
"EHI, ERIK, CHE FAI? BATTI LA FIACCA? FORZA, MUOVITI! NON RIUSCIRESTI A COMBATTERE CONTRO UNA DONNA, FIGURIAMOCI CONTRO DI ME!"
Due movimenti: un fendente e una stoccata, poi la spada bianca di mio fratello era volata via.
"Allora, perché oggi fai la femminuccia?"
"Non lo so... Maestro!"
"Bene bene, vediamo che possiamo fare... Ehi tu! Sì, proprio tu, potresti venire qui?"
Realizzazione: stava parlando con me.
"Io?"
"Vedi qualcun altro in giro, signorina? Come ti chiami?"
Mi ero avvicinata timidamente, adocchiando con lo sguardo il secchio pieno d'acqua: avrei finito più tardi di lavare la frutta.
"Mi chiamo Alexandra, signore. Per accorciare Alex"
"Bene, Alex, niente formalità! Puoi chiamarmi Bruno. Volevo chiederti gentilmente se ti andava di allenarti con tuo fratello, visto che oggi sembra avere la testa fra le nuvole"
Una gioia immensa mi aveva riempito: fin da piccola avevo sempre voluto tirare di spada, ma mai ne avevo avuta l'occasione!
"Certo che voglio! Cioè, vorrei tanto... provare..."
"Avanti, non fare la timida! Prendi la mia lama, e dagli una bella lezione!"
Nessun problema: avevo afferrato l'impugnatura, osservando la venatura che percorreva la spada nera: stupenda.
"Fight!"
Avevo già sentito quel grido: in men che non si dica mio fratello mi era addosso, un vortice bianco come arma.
Oh mer... niente francesismi, Alex, non ora!
Avevo provato qualche parata, vista mille volte durante gli allenamenti di Erik, ma qualcosa non andava; due attimi ed ero a terra, il fulmine bianco puntato alla gola e la salvezza lontana da me.
"Riprovate! Fight!"
Tempo di alzarmi in piedi ed avevamo già ricominciato; alla prima parata avevo capito cosa non andava. La spada pesava troppo: le mie braccia erano abituate all'arco, leggero e facile da impugnare. Altri tre secondi ed ero a terra.
"Evidentemente è di famiglia, farsi sconfiggere in poco tempo"
"Mae... ehm, Bruno, forse c'è un piccolo problemino: io sono abituata ad armi leggere, la sua spada è troppo ingombrante per me"
Ero sicura di essere arrossita: nemmeno mio fratello aveva mai fatto considerazioni del genere, e mi sembravano un po' patetiche.
"Hm... Cara ragazza, mi metti in seria difficoltà! Ma so io cosa fa per te!"
Bruno si era girato, prendendo da un fagotto posato a terra due lame che non avevo mai visto: erano leggermente ricurve, sottili, eleganti come poche.
"Queste sono delle sciabole, direttamente dalla lontana regione di Tìmma: leggere, adatte a una ragazza, persino più affilate delle spade comuni"
Sto sbavando...
"Credo proprio che sia amore a prima vista"
Le risate di Bruno e di mio fratello mi avevano riportata alla realtà, e avevo preso le sciabole con una faccia che doveva essere molto eloquente; mi ero messa in posizione d'attacco, lanciando lampi e tuoni in direzione di mio fratello.
Questa me la paga cara...
"Ready... Fight!"
Questa volta avevo utilizzato tutte le mie capacità: l'odore della terra umida mi aveva calmata, ridandomi la capacità di ragionare; la mia vista riusciva finalmente a seguire i movimenti di Erik, rendendoli perfettamente prevedibili.
Sto arrivando, fratellino!
Mi era bastato un movimento per parare il colpo: le mie sciabole incrociate trattenevano il fendente di Erik, ed avevo potuto ammirare finalmente il viso sconvolto di mio fratello.
Piccolo passo in avanti...e un grande passo indietro!
Mi ero districata da quella posizione, continuando a combattere: potevo usare la mia velocità, la mia agilità, l'esperienza che avevo acquisito nei boschi, e tutto grazie a quelle armi così semplici ma incredibili.
Alla fine ci eravamo puntati le spade alla gola a vicenda, una delle mie sciabole a qualche metro di distanza: eravamo pari. Bruno batteva le mani, e io sorridevo, sapendo che lo avevamo soddisfatto entrambi:
"Grintosi, pieni di coraggio... Ottimo! Vorrei che tutti i miei allievi fossero come voi"
Altro sorriso. Inchino. La lezione era finita, ma avevo ancora tanto da imparare...

SunshineWhere stories live. Discover now