Capitolo venti.

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Esher, 28 Giugno 2015

“Gems” la mia voce è pari ad un sussurro e nonostante voglia in qualche modo vergognarmi di questo, non riesco a farlo. Io sono questo, io sono questo magma di sentimenti, di debolezze, di pensieri, di tutto e di niente, io sono questo e non posso cambiare, non devo cambiare. “Mostriciattolo, tutto okay?”domanda lei senza traccia di ilarità nella voce ed io rinnego come se lei potesse vedermi ma mi prendo un secondo per pensare e poi do voce ai miei pensieri “Potrebbe mai andare bene quando l’amore della tua vita sta morendo prima che tu gli abbia confessato i tuoi sentimenti?” la sento sospirare forte dall’altra parte del telefono ed io la imito per inerzia.
“Domanda stupida,scusami.” fa e la immagino con una mano in viso a darsi della stupida e insensibile. “Sei sicuro di non volerci lì?” sussulto, perché é fuori discussione che anche loro si abituino al Louis che ormai conosciamo noi, non è giusto che assistano alla sua distruzione, mentre intorno noi cerchiamo di riattaccare i cocci, non é umamente possibile per me pensare che mia madre veda il suo Louis, il suo occhi blu chiudersi in se stesso pur di non chiedere aiuto, pur di non accettare il nostro aiuto.
“Più che sicuro sorella” rispondo poi con una nota di malinconia nella voce, perché non è che non voglia le braccia delle mie donne ad abbracciarmi, ma ho Zayn e può bastarmi, perché il suo cuore si è abituato gradualmente al buio, ed i nostri petti, ormai fratelli dello stesso amore oscuro, hanno stretto un patto di sangue indissolubile. Insieme salveremo il nostro Louis, senza pensare a chi o a cosa si donerà per davvero.
“Trovami una sola ragione per non prendere il primo treno e venire da te e Louis” fa lei disperata, non è la prima volta che me lo chiede, ma non posso permettere questo. Se Louis dovesse, non riesco nemmeno a pensarlo, ma se dovesse non farcela, voglio che rimanga il ragazzo allegro e spensierato, quello sfrontato e perfetto, non la sua ombra, non i suoi avanzi. Voglio che tutti a Doncaster pensino a lui con un ricordo felice, voglio che il suo ricordo sia alimentato dalla bellezza del passato e non dalla distruzione del presente.
“Ti giuro se ne trovassi solo una per farvi venire, lo farei” e pregusto giá le braccia di mia madre, il sorriso di mia sorella, il profumo così simile di entrambe a riempire i miei polmoni così agognanti di aria pulita “ma trovo solo ragioni egoistiche e non posso, giuro, pensa che ci stiamo lavorando, ti prego vedila così.”
“Spero di poter dire un giorno che ne è valsa la pena di aspettare così tanto, di lavorare così tanto, di amare così tanto” sospira forte come se avesse un peso sullo stomaco “sei un ragazzino Harry e stai facendo così tanto, ne varrà mai la pena?”
“Un sorriso Gemma, e tutta l’attesa viene ripagata.” E penso a quelle emozioni che mi camminano sulla pelle quando semplicemente mi guarda e mi sorride con tutta la faccia, con ogni muscolo che si curva perfettamente solo per me, con quei piccoli spostamenti che mi fanno credere in un paradiso terrestre che non dovrebbe esistere, in cui non dovrei credere “Un abbraccio piccola, e tutta la fatica sparisce” e il suo odore è qui, trapanato nelle ossa, mentre strofina il naso contro il mio collo, con le mani che giocano fra i miei capelli, con le nostre casse toraciche che si amano come noi non faremo mai, che si fondono fino a confondersi le ossa, mentre tiene insieme tutti i nostri pezzi, quei pezzi che urlano di dolori diversi, di problemi diversi, ma che insieme sanno farsi forza, sanno andare avanti“ e Gemma avanti, mi potrei davvero dire innamorato, potrei mai davvero pensare di meritarmi il suo amore, se non fossi pronto a scommeterci la vita su questo amore?”



Esher, 1 Luglio 2015

“A cosa stai pensando?” Siamo in clinica per l’ennesimo giorno, è ritornato finalmente nella sua stanza al secondo piano, quella con la coperta colorata piegata sulla testiera del letto, quella con i libri accatastati vicino al letto, con uno in cima sempre aperto, quella con il balconcino che è finalmente chiuso come sarebbe dovuto essere da sempre, quella in cui mi ha dato la speranza mentre mi sussurrava di aspettare la morte. Ed ero convinto di conoscere questa struttura come le mie tasche, con il piano terra caratterizzato dalle stanze comuni e dalle sale ricreative, ed il resto dei piani riempito dai dormitori, ed invece all’ultimo piano c’è un vero e proprio ospedale, con quell'odore stantio, le pareti bianche, la camera rianimazione e tutto quanto, tutto quello che odio, che odiano tutti. E mai avrei pensato di volerlo in questa stanza, mai avrei pensato di sognare in modo confuso l'odore di questa camera mischiarsi al suo, mai avrei pensato di essere ancora condizionato dall'idea di morte, eppure lo sono. Perché qui si respira un'aria pesante, ma non senza speranza, si sente fra l'amaro della rassegnazione e l'acido del dolore, una nota dolciastra, che rappresenta la speranza, la stessa speranza che mi spinge contro la bolla che Louis si è creato intorno con la stessa forza con cui mi respinge. Perchè mentre lo vedevo ingabbiato in quei tubi sono andato all'inferno e sono tornato indietro, perché lì sembrava sul serio un fantasma in attesa di sparire, un incidente in attesa di accadere, e mentre dai corridoi arrivavano urla e pianti strazianti, pensavo che in qualsiasi momento saremmo potuti essere noi quelli disperati, quelli che spaccavano finestre e polmoni. Ed invece il miracolo è avvenuto, perché per quanto Louis si ostini a dire il contrario, il suo corpo é troppo forte, è troppo attaccato alla vita, reagisce alla terapia farmaceutica e si aggrappa con ogni forza alle calorie che gli stanno iniettando per vena."Sono il disperato, la voce senza eco..." non mi guarda,  come il primo giorno che sono entrato qui dentro, ha una mano contro lo sterno e gli occhi fissi verso l'orizzonte ed é tutto un gioco di ombre, fra la vita e la morte, fra l'esserci e lo sparire, lui sa che sta riuscendo nell'intento di tenermi lontano, e vedo anche nei suoi occhi la lotta che sta combattendo, solo che non riesco a capire dove voglia arrivare, vedo che sta combattendo, vedo che è indeciso, arrabbiato, indifeso ma non capisco a cosa serva questo dispendio di energie. Non capisco dove voglia arrivare, a cosa possa servire chiudersi a riccio, ma poi Sono il disperato, la voce senza eco... "colui che tutto ebbe, colui che tutto perse." mi interrompe dopo svariati minuti in cui il silenzio ci ha fatto compagnia. "Di cosa stai parlando?" Esclamo colpito dalle sue parole come da una pugnalata. La sua situazione riassunta in meno di 20 parole. Lui che con queste dannate parole ci ha sempre saputo fare. "Pablo Neruda, cileno, autore famoso, non ti dice nulla?” 
"Questa la stai riciclando Tomlinson, mi aspettavo di più."
Sorride sbilenco e nei suoi occhi vedo quel velo di tristezza, che non solleva mai, farsi ancora più spesso.
"Pensaci Hazza" le sue mani si intrecciano posandosi sul suo grembo e abbassa lo sguardo consapevole di parlare di se stesso, e quando parla delle sue di emozioni non é più il ragazzo sfacciato e sicuro di sé, ritorna il bambino intimorito che parlava della sua famiglia, di quella famiglia di cui non si sentiva membro effettivo, ma solo una comparsa, di quella famiglia da cui é scappato per paura di vedere negli occhi puri delle sue sorelle tutto quello che lui ha perso, tutto quello fra cui si sta perdendo. "É come se continuassi a gridare e nessuno mi sentisse” esclama sottovoce.
“Noi ti sentiamo, noi siamo qui sempre” cerco di spiegargli, ma lui alza gli occhi e mi zittisce con uno dei suoi sguardi “tu non capisci, non capisci” fa e senza darmi il tempo di ribattete continua “è come se fossi sulla poppa del titanic che affonda e mentre con le mani sono attaccato alla balaustra, perché il mio cervello, o non so cosa al suo posto, mi costringe a fare sempre più forza, perché sono attaccato a questo dannato mondo con un filo rosso che…” scuote la testa per camuffare un singhiozzo appena accennato ed io sento i mattoni di tutta la mia vita sgretolarmisi addosso, un mattone alla volta o tutti insieme non importa, il dolore è lo stesso “mentre il mio cuore, la mia anima pregusta giá il sapore della morte, lo scontrarsi del mio corpo con quella lastra d’acciaio, i polmoni che si riempiranno d’acqua gelida, la morte che mi avvolge in un abbraccio caldo come solo quelli delle mie sorelle...”
“Non pensare queste cose” sussurro avvicinandomi e alzandogli il volto da sotto il mento con un dito.
“Aspetta, zitto, zitto” ha gli occhi lucidi, specchio di quei demoni che non vogliamo più uccidere, che abbiamo capito e amato, quei demoni che lo tirano giù, sempre più giù, mentre noi lo teniamo a galla, continuiamo a farlo, salvagente perenne di un miracolato, mentre i demoni ridono di quelle prove disperate che continuiamo a fare.
“Guardami adesso” occhi negli occhi, e lui é il bimbo che amava il verde - una volta mi ha confessato che era per i miei occhi- lui è il ragazzino con cui ho fumato la prima sigaretta mentre mi accarezzava i capelli e canticchiava parole a mezza voce, lui è il ragazzo con cui ho preparato decine di dolci, che dovevo iniziarmi a preoccupare quando iniziò a ridurre le dosi, sempre meno, sempre meno, lui è l’uomo che mi ha abbandonato e che ho lasciato andare, lui è l’uomo che mi sono venuto a riprendere, perché amo tutti loro, tutte quelle persone che sono racchiuse in questo corpo minuto, in questa pelle troppo pallida ed in queste ormai fragili ossa e non posso più farne a meno, perché vorrei solo gridargli in faccia di quanto ognuno di loro mi manchi e allo stesso tempo vorrei confessargli di essermi innamorato anche di questa sua versione stropicciata, e che non m’interessa niente del passato, vorrei proporgli di andare insieme al mare, proprio come nel mio sogno, o di rincorrerci sulla sabbia anche d’inverno, vorrei solo guardarlo negli occhi e sussurrargli che siamo capaci di affrontare tutto, che se abbiamo superato questo possiamo conquistare il mondo, che le ferite ce le possiamo curar a suon di baci, che i problemi li risolveremo facendo l’amore, e che l’amore vince sempre tutto, ma sto zitto, mentre lui continua con lo sguardo alienato “non sono nulla, non sono nessuno, ma ho avuto tutto” e Dio quanto ha ragione, Louis aveva una famiglia che lo amava, un fidanzato che stravedeva per lui, un migliore amico che non sapeva cosa volesse dire vivere senza di lui, Louis era su tutti i giornali, era sulle migliori passerelle di moda, sulle tv di tutto il Mondo, e quel mondo lo ha girato, facendosi amare, non tirandosi mai indietro, ed é per questo che aveva i fan più dolci e disponibili del mondo, perché erano il suo specchio, e le spalle mi cedono sotto il peso della sua verità, abbasso lo sguardo  “sono stato in paradiso per poi esserne cacciato, sono diventato angelo caduto senza cadere mai veramente, sono diventato diavolo quando volevo solo assomigliare ad un angelo.”
“Piccolo, piccolo” gli accarezzo le guance e le trovo umide, faccio un minimo di pressione per fargli sentire che ci sono, per dirgli io non ti abbandono, e lui per un primo istante si bea del calore dei miei tocchi, ma poi si scosta bruscamente da me con uno scatto repentino, ed inizia a tremare mentre mi da le spalle “che c’è? Cosa c’è adesso? Va tutto bene, sono qui, Zayn arriva, va tutto fottutamente bene” e la mia voce é più brusca di quanto voglia, ma non capisco.
“Ed é proprio questo il cazzo del problema” il tremore aumenta e cerca di non darlo a vedere stringendo le mani a pugno con forza, affondando le mezzelune mangiucchiate nei palmi delle mani “Va via, esci da questa camera, esci dalla mia vita” dice con la voce incrinata da quello che sembra terrore, e non so cosa abbia sbagliato, non so cosa fare, non so nemmeno come rimediare e infatti non faccio altro che alzare le mani in segno di resa e fare un passo indietro. Non mi è mai capitata una cosa del genere, mai Louis mi ha detto chiaramente di non volermi con lui, di non volermi nella sua vita, mi ha evitato, ci siamo allontanati, non mi ha voluto vedere altre volte, ma c’era sempre qualcun’altro che faceva da intermediario, o avveniva a kilometri di distanza, o non lo so, mentre adesso è lui a dirmelo, è lui è a non volermi, e me lo sta dicendo, é la sua voce quella che parla, è il suo corpo che trema al pensiero di condividere un altro istante con me. Rimango immobile, con le dita che tremano dalla voglia di toccarlo, con i polmoni che si affannano alla ricerca del suo profumo, con il cuore stretto in una morsa terrificante, e tutto questo mi pietrifica.
Non mi vuole.
Nè come fidanzato, ne come migliore amico, nemmeno come semplice conoscente.
“Ho bisogno di restare da solo” fa voltandosi finalmente verso di me, ha gli occhi stracolmi di lacrime e vorrei solo correre a consolarlo, ma tutto di lui mi frena, ha paura di me, mi sta pregando di andar via, trema per colpa mia, ed io vorrei solo urlargli quanto lo ami “perché mi distrai, perché occupi tutti i miei pensieri, perché con te…” si interrompe per colpa di un singhiozzo, e si asciuga gli occhi che sono di una meravigliosa, e al tempo stesso incredibilmente dolorosa, tonalità acquamarina. Mi distrai.
“con te intorno è tutto così difficile” tutto così difficile. Per lui, per lui per colpa mia è tutto così difficile. Sto rendendo la vita difficile all’unica persona a cui ho dato tutto, a cui ho dato le mie cose più belle e forse anche le più brutte, ma a cui mi sono donato completamente. Sto rendendo la sua vita difficile, mentre lui per anni mi ha aiutato a renderla la cosa più bella e naturale del mondo, con quel suo modo spontaneo e beffardo in cui si è fatto spazio nella mia vita, tutto sorrisi e parole troppo grandi, si é accomodato nel mio corpo, nel mio templio, si è versato del caffè, si é seduto per terra incrociando le gambe e ha sentito di non potersene più andare, e me lo diceva sempre che per lui ero casa, che mi avrebbe sempre scelto, che mi avrebbe sempre voluto. Ma dovrò iniziare a pensare al passato.
“Solo senza di te riesco a vedere le cose con lucidità” non esce parola dalla mia bocca, ma anche la mia mente é in una confusione profonda che l’ha ammutolita, cosa si fa adesso? “devi essere perso per renderti conto di quello per cui vale la pena lottare” nonostante sia di fronte a me, nonostante sia ancora qui con me, sento già la sua mancanza, e come si supera questo, questo abbandono voluto e premeditato, se perfino la sua assenza mi fa tremare il cuore? Come si dovrebbe cancellare la sua presenza,come potrei accettare serenamente di non far parte più della sua vita, se la sua anima ha lasciato nella mia decine d’impronte diverse che non possono essere eliminate, sostituite, dimenticate? Dove dovrei andare se lui ha oramai una parte di me tanto grande da non permettermi di respirare lontano da lui? “Non posso perdere di vista le cose importanti solo perché ci tengo troppo” quali sono le cose importanti quando hai rischiato poco tempo fa di morire? “Devi perderti completamente prima di essere convinto di voler tornare a casa. Solo in situazione di solitudine assoluta sentiŕò la giusta presenza.” E non sono qui, in questa stanza, in questa clinica, in questo paese, forse non sono neanche in Inghilterra, mi sento altrove, forse da qualche parte al sud, dove il sole possa cercare di riscaldare il freddo che mi sento dentro, il vuoto che inizia già a farsi assordante, perché lui cerca ancora le giuste domande, mentre io ho capito semplicemente che lui è la mia unica risposta.





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