2. Quaranta giorni per arrivare dall'America

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« Spiegami perché sono qui »

Alice Goldrush si lasciò andare ad un sorrisetto divertito e lanciò un'occhiata di finto rimprovero a Charlie che, seduta accanto a lei, stava guardando la propria forchetta con l'intento, probabilmente, di suicidarsi con essa.
« Perché hai lasciato il cordless nel freezer per due ore » le rispose, per poi girarsi verso Frank e posargli una mano sul braccio, reclamando la sua attenzione.
« Amore, lasciatelo dire, sei stato un De Guiche favoloso! »

«E' la terza volta che lo dice. La terza! » si lamentò Charlie con nessuno in particolare. Davanti a lei, un piatto fumante di patatine fritte le stava facendo venire l'acquolina in bocca, ma mangiarne anche una sola avrebbe comportato il venir meno al proprio sciopero della fame in protesta alla decisione di Alice.
« Dobbiamo aspettarci di trovare mia cugina morta, un giorno o l'altro di questi? » chiese una voce pacata che fece sobbalzare Charlie così tanto che la forchetta volò sotto al tavolo. Il cuore prese a batterle talmente forte che dovette appellarsi a tutto il proprio autocontrollo per non alzarsi e scappare via prima che fosse troppo tardi.
« Se non l'ho uccisa in tutti questi anni, non vedo perché dovrei farlo adesso... » si costrinse invece a rispondere, sorridendo forzatamente a Gabriel, che la osservava con curiosità dal posto davanti a lei. Era lo stesso di sempre, con i capelli biondi tagliati in maniera sbarazzina e gli occhi blu che apparivano quasi troppo grandi per il suo viso, eppure a Charlie sembrava un Gabriel completamente diverso da quello che lei aveva sempre conosciuto.
«Del resto, dev'esserci un tacito patto tra te e lei, sai, tu con il tuo disordine, lei con il suo entusiasmo... » le disse, sorridendo in maniera controllata e cortese. Charlie si accorse che in quel momento lo stava odiando, con tutto quel suo essere sempre gentile, posato e controllato. Non un guizzo che tradisse un certo imbarazzo, non una piccola macchia di rossore che indicasse un po' di agitazione, niente di niente, solo il solito Gabriel-Il-Perfetto.
« Infatti, la nostra è un'ottima convivenza - fece una pausa e i suoi occhi perlustrarono il tavolo per qualche secondo – Mmh, complimenti per lo spettacolo, comunque. L'ho apprezzato molto »

« Cosa odono le mie orecchie? Un complimento allo spettacolo! » esclamò una voce gioviale che fece rimpiangere a Charlie i momenti in cui pensava a infilzarsi con la forchetta.
Perché non l'aveva fatto? Perché non si era uccisa subito?
« Spero che il tuo ego sovrumano, Palsh, possa accettare il fatto che io stessi parlando dello spettacolo in generale senza riferirmi espressamente alla tua performance » ribatté Charlie, sorridendo in maniera tanto falsa che persino il controllatissimo Gabriel dovette lasciarsi andare ad una risatina. Nate Palsh, d'altro canto, le stava sorridendo in maniera ugualmente falsa e sembrava trovare particolarmente divertente l'intera situazione. I capelli erano tornati ricci solo per metà e ora lui esibiva una bizzarra pettinatura che lo faceva sembrare un pulcino appena uscito dall'uovo –senza, ovviamente, tutto il corredo di pensieri teneri e sdolcinati che la visione di un pulcino vero avrebbe potuto provocare .

« Ah, Emiret, adoro quando fai così. E' bello vedere la cura che riservi alle tue risposte per me, tutte così studiate e perfettamente bilanciate. Sembrano quasi versi trasposti in prosa, non trovi anche tu, Pad, vecchio amico mio? » domandò Nate a Michael Pauley, apparso senza che nessuno se ne accorgesse alle sue spalle. Accanto a lui stava una ragazza dai capelli biondicci che aveva interpretato prima una delle dame e poi anche uno dei guasconi. Aveva un sorriso felino impresso sulle labbra e tutto, in lei, appariva perfettamente studiato, a partire dalla mano posata con falsa casualità sulla spalla di Nate, quasi a renderne evidente il possesso.

« Emiret, devo farti i complimenti, non ti smentisci mai. Le tue risposte sono sempre un passo avanti a quelle degli altri » le disse Michael con un sorriso sornione che le fece immediatamente venire voglia di prenderlo a pugni. Charlie sbuffò teatralmente e si sporse in avanti, desiderosa di trovare Alice o Emmeline e scappare a parlare con loro, invece che trovarsi invischiata in una conversazione con le persone che più al mondo avrebbe voluto evitare.

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