Capitolo 1

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La mia sveglia sta suonando per la terza volta.. o forse la quarta, non saprei dirlo con precisione. Mi alzo; e la spengo con gli occhi ancora impastati dal sonno e i capelli color miele, solitamente mossi, attaccati alle tempie da un velo di sudore. Barcollo stanca verso il bagno, con la mente ancora offuscata e mi sciacquo il viso con l'acqua fredda per cercare di svegliarmi davvero. Vedo la mia immagine riflessa nello specchio; gli occhi color acquamarina non si sono ancora aperti del tutto e la mia faccia è veramente inguardabile; odio svegliarmi presto; anzi l'ho sempre odiato fin da bambina e a dimostralo ci sono i cerchi neri sotto i miei occhi che nel periodo scolastico non mi abbandonano mai. Mi aggancio l'orologio al polso sinistro e quando vedo l'orario la mia mente si attiva: "il primo giorno di scuola del quarto anno di liceo, è tardi, devo ancora lavarmi, vestirmi, truccarmi, mangiare e fare la cartella." Mi lavo freneticamente e spruzzo un po' di deodorante: odio l'odore del sudore è una di quelle cose che proprio non sopporto. Dopo essermi lavata e profumata mi vesto e mi trucco. Preparo la cartella mettendo un astuccio, un quaderno e un diario per poi scendere velocemente al piano di sotto. " pensavo di doverti venire a svegliare anche il primo giorno... ogni anno che passa peggiori!" Scherza mia mamma "buongiorno anche a te mamma, sei ogni mattina più dolce" le rispondo. "Papà e mia sorella?" "Sono già usciti, papà andava a lavoro e ha accompagnato Nicole a scuola".  Dopo aver appreso quest'informazione mi dirigo in cucina e mi preparo una tazza di latte e cereali, la finisco in un batter d'occhio e dopodiché indosso un paio di converse, un giacchetto di pelle e urlo: "mamma è tardi dobbiamo andare" mia mamma appare dalla porta che da nella sua camera e ci avviamo verso la opel nera parcheggiata nel vialetto. Il viaggio è breve e in quei 10-15 minuti mi appisolo con la faccia schiacciata al finestrino e una mano sotto il mento. Mia mamma si ferma davanti alla scuola, allora la saluto abbracciandola e mi precipito, per quello che permetteva il mio sonno, fuori dall'auto. Eccomi qua, la mia routine è ricominciata da capo, come ogni anno, un ciclo che si ripete all'infinito. Appena varco il portone vedo le facce conosciute dei miei compagni, dei professori e dei bidelli e la confusione caotica del pre-campanella invade la mia mente, che riesce finalmente a svegliarsi del tutto. È tutto un garbuglio di saluti e abbracci di qui e di la per il corridoio principale, incontro tutti: Michele o meglio Mike, Andrea, Melissa, Nicoló, Alessio1 e Alessio2 , Silvia, Francesco e tutti gli altri. Ci siamo visti tutta l'estate ma il primo giorno di scuola è come se tutti non si vedessero da secoli, un vortice di "mi mancavi" "come va?" "ti ho pensata tanto" "non sei felice che è ricominciata?" " adesso ci vedremo tutti i giorni" quando magari la sera prima siamo usciti tutti assieme. Tutti convenevoli come direbbe il mio prof di italiano. "Ei Jane" mi sento chiamare dal dietro e riconoscendo la voce mi giro a braccia aperte "Giorgiaa, quanto mi sei mancata!" Ecco questo è il mio primo "mi sei mancata" vero del mio primo giorno della quarta liceo. Giorgia è una ragazza che conosco da quando sono piccola e a cui voglio veramente molto bene, quest'estate non l'ho mai vista perché è andata tre mesi in Irlanda e per questo posso davvero dire che mi sia mancata. "Jane non sai quante cose mi sono successe, sono stata bene e male; mi mancavate tutti davvero, ma la è meraviglioso" " Anche tu ti sei persa tante cose, devi essere informata su molti cambiamenti" le dico facendole l'occhiolino; lei ricambia e insieme ci uniamo al resto della nostra classe a parlare del più e del meno. La campanella suona e noi ci precipitiamo nella nostra aula per prendere i posti. Mi metto in terza fila in un banco a due accanto a Mike. Ah Mike.. Mike... come farei senza di lui? Lo conosco da due anni ed è il mio migliore amico. "Vuoi passare davvero un altro anno accanto a me? Sei passata da dieci a otto in condotta" scherza lui scoppiando a ridere " Mike ormai mi hai trasformata in una teppista, ce la fai a sopportarmi un altro anno?" "Al massimo non ce la farei a non sopportarti un altro anno" mi sorride, il suo sorriso dolce e ironico di sempre.   Mentre stiamo ridendo entra dalla porta una donna sulla quarantina, pantaloni a sigaretta neri e una blusa bordeaux che si abbina alle scarpe. "Buongiorno ragazzi; io sono la vostra nuova professoressa di fisica, mi chiamo Anna Paolini" -eh si Paolini è propio un cognome da prof di fisica- pensai ma invece dissi "buongiorno" come il resto della classe. Dopodiché solite cose per tutte le ore, presentazioni dei nuovi prof con la solita routine del "come vi chiamate?" "Da dove venite?" "Cosa vi piace fare?" Come se gliene interessasse davvero qualcosa. "Mi chiamo Jane Taylor" "abito a Milano centro ma sono nata in Inghilterra" "Vado a cavallo" ecco le mie solite risposte che ormai tutti gli anni escono da sole dalla mia bocca come meccanicamente. L'ultima campanella suona e tutti usciamo nel piazzale davanti a scuola dove decine di macchine e qualche pullman aspettano l'arrivo di noi studenti. Mia mamma puntuale come sempre mi aspetta all'angolo della strada e dopo aver salutato tutti gli altri Mike e Giorgia mi accompagnano da lei che istantaneamente abbassa il finestrino "Ciao ragazzi com'è andato il primo giorno?" "Bene" rispondiamo io e Giorgia mentre Mike, con la sua finezza, esclama "una palla come sempre, uguale agli altri anni" mia madre si mette a ridere e così saluto e monto in macchina, Mike e Giorgia si avviano a piedi e io e mamma partiamo parlando del più e del meno e discutendo di quanto sono strani i nuovi prof. Dopo mangiato, senza nemmeno pensarci, mi ritrovo a sdraiarmi sul letto con il cellulare in mano e le cuffie a massimo volume nelle orecchie. Ho voglia di rilassarmi, di pensare, e di stare qualche minuto da sola prima di alzarmi ed andare in maneggio. Sono una persona che si ferma molte volte a pensare in solitudine e questa cosa mi piace. Nel senso... amo la compagnia, mi piace uscire, ballare, fare sport, chiacchierare... ma tante volte ho bisogno di fermarmi, di fermare tutto e pensare; non a qualcosa di particolare. Ho bisogno di pensare a tutto e niente, alle cose più stupide e alle cose più serie, così mi ritrovo a passare da un pensiero all'altro senza nemmeno accorgermene e a scordarmi quello che stavo pensando un attimo prima. Mentre sono sul letto mi arriva un messaggio da Mike: - J, ti passo a prendere io e ti accompagno in maneggio ok?- spontaneamente sorrido rendendomi conto che ormai conosce ogni mia abitudine, dalla più stupida alla più seria. - Va bene, ti aspetto a casa-   - alle 17,00 vero?-  come dicevo conosce ogni mia abitudine, nel dettaglio. - si alle 17,00 è perfetto- gli scrivo per poi mettere il cellulare sotto il cuscino e riposarmi ancora un po'. Alle 16:30 circa convinco le mie gambe a spostarsi e mi alzo dal letto, tolgo la musica e appoggio il cellulare sulla scrivania mentre con l'altra mano apro l'anta dell'armadio. Mi metto i leggins da equitazione neri e una camicetta a maniche corte poi preparo il borsone con dentro gli stivali e il caschetto. Raccolgo i miei tantissimi capelli in una treccia bassa e scomposta e scendo al piano di sotto aspettando l'arrivo di Mike. Mi ritrovo a pensare spesso a lui, ma non per chi sa quale motivo; niente gossip mi dispiace. È un bel ragazzo e non ci trovo niente di male ad ammetterlo; capelli chiari, occhi color del miele, alto, spalle larghe... si è un bel ragazzo non ci sono dubbi; ma non è questo che mi lega a lui, tra di noi non ci sono secondi fini c'è solo una grande amicizia nata per caso quel primo giorno di scuola della seconda liceo quando si è unito alla nostra classe dopo aver cambiato scuola. È lui che chiamo alle 23:00 quando ho una crisi o semplicemente quando ho voglia di gelato ed è sempre lui che dopo 10 minuti suona alla mia porta e ascolta tutto quello che ho da dire. Sono le 17:00 e puntuale come sempre Mike apre la porta senza nemmeno bussare entra in cucina e dopo avermi salutata si prende un bicchiere di gassosa: "Spero non ti dispiaccia se mi disseto, ho camminato sotto un sole cuocente per molto tempo. Solo per te" " Muoviti cretino; è settembre e il cielo è pieno di nuvole... inoltre abiti a 10 minuti da qua" "La mia sentenza era molto più poetica" "Si poeta finisci di bere e andiamo" mi giro per aprire la porta di cucina e con la coda dell'occhio vedo che quello scemo mi sta facendo il verso; alzo gli occhi al cielo lo prendo per un braccio e lo trascino via dal mio frigorifero appena rifornito. Andiamo in maneggio a piedi e faccio due ore di lezione mentre mike seduto sull'erba mi guarda e ascolta la musica. Dopo la lezione torniamo a casa a corsa per cercare di non tardare a cena e quando ci troviamo davanti al mio portone Mike mi abbraccia e urla mentre ricomincia a correre "A domani scema, mi raccomando non berti tutta la mia gassosa... ah se tua mamma ha preparato i muffin lasciamene qualcuno lo sai quanto mi piacciono" " Si buzzone non ti preoccupare; buonanotte" " Buonanotte e sogni d'oro" mi urla ormai a 100 metri da me. Entro in casa e la serata prosegue tranquilla, mangio con i miei e mia sorella che ci tiene occupati per tutta la cena raccontandoci del suo primo giorno di scuola e poi me ne vado di sopra a fare una doccia. Dopo essermi asciugata e piastrata a dovere i capelli scelgo i vestiti per l'indomani e imposto la sveglia. Mi addormento piano piano con la tv che mi tiene compagnia e la tapparella aperta che mi lascia intravedere le stelle.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 08, 2017 ⏰

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