CAPITOLO 48

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-Tay, ti prego vieni a prendermi- dico al mio ragazzo con la voce spezzata dal pianto, appena risponde alla mia chiamata.
-Subito- sentenzia e riattacca.
Non fa domande, ma mi basta sentire il tono di voce mentre pronuncia quella singola parola a farmi capire che sia preoccupato.  
Pochi minuti dopo, indosso già un paio di jeans, una camicetta, la giacca ed ho in mano il cellulare. Non mi curo nemmeno di sistemare il mio aspetto, non ne ho assolutamente voglia e non credo che in fondo a Taylor importi.
Un messaggio mi informa del suo arrivo ed io prendo un lungo sospiro per poi girare la maniglia della porta di camera mia.
Davanti a me c'è mio padre, probabilmente in procinto di bussare alla mia porta.
Come se si aspettasse che io gli avrei aperto. Dopo quello che ha detto, neanche morta.
Lo supero senza dire una parola e lui mi blocca per un polso.
<<Amber>> mi chiama con tono fermo. E questo mi fa arrabbiare ancora di più perché significa che la conversazione avuta poco fa non l'ha scosso per niente, come invece ha fatto con me.
<<Lasciami andare>> dico inespressiva, non girandomi e cercando di divincolarmi.
<<No. Dobbiamo finire di parlare>> risponde categorico.
<<Parlare? Mi pare che ci siamo detti abbastanza, papà. Non abbiamo più niente da dirci.>>
Mi giro verso di lui che, finalmente, mi lascia andare, ma senza dire una parola.
<<E adesso, se permetti, me ne vado.>>
Senza aggiungere altro, scendo pian piano tutti i gradini della grande scalinata e mi richiudo la porta alle spalle, dopo essere uscita, senza voltarmi indietro.
Ancora una volta, prendo un respiro profondo per non scoppiare a piangere nel bel mezzo del vialetto di casa.
Intravedo la macchina di Taylor e, con un sospiro di sollievo, la raggiungo, saltandoci letteralmente all'interno.
Tay, senza dire una parola, mette in moto e parte.

Il viaggio trascorre in silenzio, senza che nessuno dei due senta il bisogno di colmarlo, ed io lo passo principalmente tra i miei pensieri, con la testa appoggiata al finestrino e beandomi della sensazione che mi regalano le dita di Taylor, accarezzandomi la gamba fasciata dai jeans.
Ad un certo punto, non so quanto tempo dopo di preciso, ci fermiamo e, dopo essere scesa dall'auto, capisco che ci troviamo allo stesso parco in cui mi portó settimane prima, per farsi perdonare di essere sparito per ben due settimane. Ed io mi ritrovo a pensare a come abbia fatto tutto quel tempo a stare senza di lui.
Come se avesse paura di vedermi crollare, Taylor mi prende per mano e, in fretta, mi riporta sotto lo stesso albero.
Il nostro albero.
Ci sediamo l'uno di fianco all'altra, Tay mi fa posizionare le gambe distese sopra le sue e mi prende una mano, facendo intrecciare le nostre dita.
Dopo qualche minuto di silenzio prendo l'iniziativa e rompo questo mutismo che faceva da sottofondo.
<<Grazie>> sussurro.
<<Non devi ringraziarmi, ci saró sempre per te>> risponde con una tale naturalezza, che mi spinge a credergli istantaneamente.
<<Non so perché ti sto ringraziando, ma credo un po' per tutto. Per starmi accanto, per sopportarmi anche quando non dovresti e per accorrere sempre in mio aiuto, senza fare domande.>>
<<Questo perché queste cose non mi pesano, non mi danno noia. Non mi dà noia starti accanto, non mi dà noia sopportarti, perché la mia non è sopportazione ma è il desiderio di stare con te anche se a volte sei insopportabile e testarda. Ma, in fondo, è per questo che mi piace averti con me, il fatto che non ti arrendi facilmente e combatti per ció che vuoi.>>
Istintivamente lo abbraccio, portando le mani tra i sui capelli e le braccia a circondargli le spalle larghe, mentre le sue, tatuate, mi sostengono.
Il fatto che abbia detto che combatto per ció che voglio mi riporta subito con la mente a mio padre che non appoggia le mie scelte.
Mi stacco a malincuore da lui.
<<Credo che tu meriti una spiegazione.>>
Mi passo le mani tra i capelli, in un gesto, probabilmente, preso da lui.
<<Ho litigato con mio padre.>>
Lo vedo confuso e continuo.
<<Ti ho detto che vorrei studiare medicina al college, no?>>
Lui annuisce.
<<Beh, mio padre non approva. Vorrebbe che io seguissi le sue orme, come lui ha fatto con suo padre e prima ancora mio nonno con il suo. Questo perché avrebbe dovuto farlo Andrew, ma lui andrà a studiare a Stanford e quindi tocca a me. Non ho voluto deluderlo, fino a quando tu non mi hai detto quelle cose sul fatto che la vita è la nostra e decidiamo noi come viverla. Così ho deciso di parlargliene stamattina, visto che Andrew ci aveva dato la notizia che l'avevano accettato al college, pensando che, siccome lui aveva scelto il suo, io potevo farlo con il mio. Ma lui non ha voluto sentire ragioni e per di più odia la professione di medico, non so perché, ma la disprezza.
Ha permesso che mia nonna morisse per colpa della sua avversione contro questo campo e non ne capisco proprio il motivo.
Sono così arrabbiata.
Mi ha fatto perdere una delle persona più importanti della mia vita. Mia nonna era come una seconda mamma per me ed ha lasciato che morisse ed io mi sentivo impotente e stupida a vederla in quel letto senza poter far nulla. Così mi sono ripromessa che un giorno sarei diventata un medico per evitare che accadesse ancora.
Ma lui non lo capisce Tay, non capisce che per me è importante e pensa solo a sè stesso e alla delusione che avrebbe portato a mio nonno se fosse stato ancora vivo. Ma lui non è mai stato presente Tay, nè per noi, nè per i suoi figli ed io ho paura che mio padre possa diventare come lui.>>
Taylor mi asciuga una lacrima di frustrazione con il pollice.
Buffo, non mi ero accorta di piangere fino a questo momento.
<<Shh, andrá tutto bene. Vedrai che prima o poi capirà. Continua a combattere per ció che vuoi, finché tutto quello che ti circonda non sarà come desideri. Fallo e tuo padre capirà.>>
Gli sorrido sincera anche se non è un sorriso che mi arriva agli occhi.
<<Oppure glielo faró capire io>> dice fiero.
Io rido a quell'affermazione ma, quando noto che è serio, la smetto subito.
<<Tay...>> lo rimprovero con gli occhi.
<<Ok, ok. Ma non voglio vederti soffrire. Smettila di piangere, il tuo sogno si realizzerà. Te lo prometto.>>
Senza rispondergli, mi fiondo direttamente sulle sue labbra e cadiamo all'indietro sull'erba.
<<Grazie>> dico, quando ci stacchiamo.
<<Aspetta. Voglio fare una cosa>> dice, mentre infila le mani nelle tasche dei jeans, intento a cercare qualcosa.
Lo guardo confusa, mentre lui estrae dalla tasca un piccolo coltellino. A quel punto penso di avere una faccia proprio buffa perché lui fa un sorrisetto.
Si avvicina al tronco dell'albero e comincia ad intagliarci un cuore.
Credo che, se ne avessi mai avuto uno, avrei capito all'istante che quello che mi sta succedendo è un attacco cardiaco in piena regola.
Finisce la sua opera e mi guarda. Sembra quasi in imbarazzo, il che è davvero esilarante e raro.
Non ho mai visto Taylor in questo stato, ma devo ammettere che mi piace vederlo così.
Quando mi avvicino di più per leggere, anche se mi ero fatta un'idea su quello che pensavo avesse scritto, rimango a bocca aperta.
Ha intagliato un cuore ed al suo interno, ha messo le nostre iniziali.
Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da lui.
<<Taylor è...>> ma mi blocco.
Perché penso che neanche mille parole possano descrivere quello che sento in questo momento.
Come se lui mi avesse letto nel pensiero, mi attira a sé e mi bacia.
Poi, fa un sorriso bellissimo, che mi fa letteralmente venire la pelle d'oca. In senso positivo. Decisamente positivo.
Dio, sono innamorata del suo sorriso.
Sono innamorata delle sue labbra.
Sono innamorata dei suoi occhi, del modo in cui mi guardano, come se non desiderassero guardare altro che me.
Sono innamorata del suo corpo, dei suoi tatuaggi, dei suoi piercing.
Mi piace ogni cosa di lui.
Sono innamorata di lui. E questa cosa mi spaventa molto.

PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora