«L'amore è un'altra cosa»

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Una sera Sam e Gabriel erano abbracciati sul divano con Tricky che dormiva sdraiato accanto a loro e stavano guardando un film in cui i protagonisti a un certo punto si scambiavano effusioni sott'acqua.
«Potremmo provarci anche noi» propose Sam. «Mi sembra molto eccitante.»
«Vorrei farti notare che uno dei due è una sirena» gli disse Gabriel, guardandolo in tralice. «Sai che non mi piace immergermi.»
«Lo so ma ti basterebbero soltanto degli occhialini per piscina e una molletta per il naso. Dai! Scommetto che ti piacerà!»
«Non mi va, ok?» sbottò di malumore. Vedendo l'espressione ferita di Sam, aggiunse più dolcemente: «Se la soluzione al mio problema fosse soltanto questa, l'avrei già fatto, non pensi? La verità è... è che ho poca resistenza, non riesco a trattenere il fiato per molto tempo e poi ho... ho...» s'interruppe e distolse lo sguardo a disagio.
«Hai paura d'immergerti?» domandò Sam, cominciando a capire.
Gabriel annuì riluttante. «Patetico per uno che possiede una super piscina, eh? Ci ho provato ma mi... mi manca l'aria, perdo l'orientamento, mi sento morire...»
«Mi dispiace» sussurrò Sam, stringendolo fra le braccia, «non lo sapevo...»
Gabriel gli appoggiò la testa sulle ginocchia, mentre Sam gli accarezzava la schiena. «Avrò avuto cinque o sei anni e papà ci portò al mare. Mamma mi fece indossare una ciambella bellissima con su pesci e ippocampi ed entrai in acqua. Camminai finché non toccai più il fondo, all'inizio fu fantastico mi sembrava quasi di volare ma poi... Forse mi agitai troppo fatto sta che, non so come, mi ribaltai. Ero intrappolato, non riuscivo a raddrizzarmi, non potevo respirare... Non so per quanto tempo stetti sotto, probabilmente pochi secondi, ma mi parvero un'eternità...»

«Ma sei scemo?!» gli urlò il padre, tirandolo fuori e strattonandolo per un braccio. «Soltanto un idiota come te poteva ribaltarsi con un salvagente! Li vedi gli altri bambini? Nessuno si ribalta!»
Singhiozzando, Gabriel tentò di togliersi la ciambella ma era bloccata intorno alla sua pancia.
«Guarda come sei grasso! E finiscila di frignare! Ti stai comportando come una femminuccia!»
«Jeremy, smettila di sgridarlo» intervenne la madre, sgonfiando il salvagente e abbracciando il piccolo per consolarlo, «in fondo ha soltanto bevuto un po' d'acqua.»
«Hanna, non ti ci mettere anche tu! È anche colpa tua: se Gabriel non fosse così grasso, non sarebbe rimasto incastrato.»
I giorni successivi il padre tentò di far tornare Gabriel in acqua, trascinandolo o sbattendolo dentro ma ciò non fece altro che aumentare il suo terrore, facendolo piangere e urlare.
«Sei solo un vigliacco che ha paura di tutto! Arrangiati, ne ho abbastanza di perdere il mio tempo con te!»


«Dev'essere stato orribile» sussurrò Sam, stringendolo forte e posandogli la testa sulla schiena. Reprimette un brivido nell'immaginarlo da piccolo mentre si dibatteva impotente sott'acqua...
«Abbastanza» rispose Gabriel, riscuotendosi da quei brutti ricordi, «ti basti sapere che per anni mi sono debitamente tenuto alla larga da qualsiasi specchio d'acqua più grande di una vasca da bagno. Ma quando ho comprato questa casa, ho voluto imparare a nuotare. Sarebbe stato assurdo possedere una piscina e non saper nemmeno reggersi a galla, ti pare? È stato Cassy a insegnarmi, è stato molto paziente, sai? Un altro mi avrebbe mandato al diavolo. Per prima cosa m'insegnò a galleggiare supino. All'inizio stare in acqua fu tremendo, ma con Cassy che mi sosteneva e mi incoraggiava ce la feci, così alla fine della giornata riuscivo galleggiare senza aiuto.» Sorrise al ricordo.

Gabriel si sedette sul bordo della piscina, immergendo le gambe.
«Penso che dovresti frequentare un vero corso di nuoto» gli disse Castiel che lo aspettava già dentro.
«Voglio soltanto imparare a stare a galla, non partecipare alle olimpiadi.»
«D'accordo. Lasciati scivolare in acqua, si tocca» gli disse Castiel.
«Tu non fai testo: sei più alto di me.» Stava cominciando a pentirsi di aver chiesto al fratello d'insegnargli a nuotare: l'idea di entrare in acqua lo terrorizzava. «Forse è meglio rimandare...»
«Tutti noi abbiamo paura di qualcosa. È una reazione perfettamente normale per un essere vivente, per quanto illogica» insistette Castiel paziente.
«Vulcaniano» sbuffò Gabriel, si fece coraggio e si diede una spinta per scendere. Quando toccò con i piedi il fondo e vide che l'acqua gli arrivava soltanto al petto, emise un tremulo sospiro di sollievo.
Castiel gli si mise alle spalle. «Visto che tocchi? Sdraiati, ti tengo io.»
«Avrei preferito Mitch Buchannon ma pazienza» replicò Gabriel, cercando di mascherare il terrore che provava, e si lasciò andare all'indietro, sostenuto dal fratello.
«Non lo conosco... È un fisioterapista? Posso andare a chiamarlo se vuoi.»
L'ingenuità del fratello lo fece, suo malgrado, sorridere. «È un bagnino super sexy... ma ripensandoci preferisco te.»
Castiel gli teneva una mano dietro le spalle e l'altra dietro la schiena. «Sei troppo rigido, rilassati! Non ti succederà niente, te lo prometto.»
Gabriel fece un profondo respiro e socchiuse gli occhi. Non si sentiva a suo agio: l'istinto continuava a urlargli di uscire da lì al più presto ma s'impose di calmarsi.
Nel frattempo, Castiel, continuando a sorreggerlo, gli impartiva le istruzioni: «Spalanca le braccia e muovile leggermente... inarca la schiena... apri un po' le gambe e tienile leggermente piegate...»
Gabriel le sentiva appena: aveva le orecchie immerse e ciò non gli piaceva per niente, tentò di tirarle fuori ma Castiel gli spiegò pazientemente che ciò avrebbe compromesso la sua galleggiabilità.
Maledizione! Se non fosse stato per Kalì che aveva voluto una superpiscina col cavolo che si sarebbe trovato lì a mollo in una vasca riabilitativa con il panico che minacciava di sopraffarlo da un momento all'altro...
«Ecco, così!»
Non si era nemmeno accorto che Castiel aveva tolto le mani e che stava davvero galleggiando. Spaventato, si agitò ma Castiel fu veloce ad afferrarlo prima che finisse sotto. «Va tutto bene, Gabriel» gli disse, tenendolo stretto mentre il fratello gli si aggrappava terrorizzato, «non ti faccio andare a fondo, fidati di me...»


«Ma per quanto Cassy sia stato disponibile e paziente, non è mai riuscito a farmi passare questa fobia» concluse Gabriel.
Ora Sam capiva perché Gabriel, quando scendeva dalla scaletta per entrare in acqua, esitasse sempre qualche secondo prima di lasciarla o perché nuotasse quasi verticalmente e sempre vicino al bordo: cercava di tenere a bada la sua talassofobia. Era così evidente che il suo comportamento non era dovuto al semplice fastidio dell'acqua nel naso ma a qualcosa di più serio che Sam si sentì stupido per non averlo compreso da solo e di avergli fatto quella proposta così sciocca... Non sapendo che cosa dire, lo strinse più forte.
«Mi dispiace averti deluso» lo sentì biascicare.
Sorpreso, Sam lo fece voltare, guardandolo negli occhi con amore e tenerezza. «Che dici? Non potresti mai deludermi!»
«Non mi avevi mai parlato delle tue fantasie... e ora che lo fai... non posso soddisfarle... A volte mi chiedo perché continui a stare con me... Tu sei così atletico ed io invece...»
Per zittirlo, Sam si fiondò sulle sue labbra, baciandolo con foga e facendolo mugolare. «Ehi, che discorsi sono?» gli chiese quando si staccò. «Non ti vorrei diverso per niente al mondo. Io ti amo così come sei.» Gli accarezzò il viso e i capelli. «Quella è una stupida fantasia senza importanza l'amore è tutt'altro e poi sono sicuro che sapresti inventarti qualcosa di più piccante che quattro banali bacetti sott'acqua.»
«Ci puoi scommettere!» esclamò con gli occhi che erano tornati a brillare di felicità.


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