Perché mi hai lasciata sola?

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Perché.

È questa la domanda che affolla la mia mente ogni giorno, ora e minuto. Una domanda così breve, una parola sola, ma che racchiude tutto un mondo: racchiude tutti i dubbi, le perplessità e le paure.

Perché, mio amato papà, hai deciso di porre fine a una vita che poteva essere ancora lunga e, con un po' di pazienza, nuovamente felice?

Lo so, è un po' egoista chiederselo, egoista quanto disgraziatamente umano. Quando una persona se ne va, e se ne va per sua scelta, è inevitabile chiedersi cosa lo abbia portato a quella scelta, diventa un vero e proprio tormento. E così io non ci riesco a non chiedermi perché tu abbia scelto quella "via" invece di scegliere di lottare... per te stesso, o anche per me.

Perché, papà, non hai deciso di restare con me?

Perché andartene ti è sembrata la scelta giusta? Non mi hai dato il tempo, né il modo, di dimostrarti che avresti potuto ancora essere felice.
Perché io e mio fratello non ti "bastavamo"? 

È egoista chiederlo, ma è impossibile non chiederselo.

Non ho mai creduto molto in Dio. Eppure ora sento il bisogno di credere che tu sia da qualche parte, che tu non sia semplicemente scomparso e che di te non sia rimasto nulla se non terra e ossa. Ho bisogno, l'assoluta necessità di sapere che da qualche parte tu ci sia ancora perché non riesco ad accettare il contrario, a rassegnarmi all'idea di non averti più con me.

Papà, mi fa tanto male. Sento il mio cuore stringersi e crogiolarsi nel dolore, le lacrime iniziano a scendere senza che io me ne accorga e sopratutto senza che io ne abbia il controllo.  Un giorno mi voglio sposare, voglio amare un uomo degno di te, e avrei tanto voluto ci fossi tu accanto a me al mio matrimonio, ma forse da lassù la vista è migliore, ma nessun posto in prima fila potrà sostituire un tuo caldo abbraccio o un tuo sorriso, seppur con pochi denti. Per me eri bellissimo, e nessun uomo lo sarà mai quanto te.

Quando tu mi dicevi, un po' impaurito: "Chi è che si occuperà di me quando sarò vecchio?", non esitavo un istante a risponderti che l'avrei fatto io, aggiungendo, scherzosamente "Ti manderò in ospizio!". E tu ridevi. Pensare che non ti vedrò mai invecchiare, che non ti vedrò mai con i capelli bianchi, che non noterò più nuove rughe sul tuo viso... è un dolore lancinante.

Hai fatto degli errori nella tua vita, ne hai fatti molti, ma hai anche saputo chiedere scusa. Hai saputo chiedere scusa alla tua ex moglie per tutti le tue mancanze. Hai saputo rimediare con i tuoi figli, me compresa, altrettante mancanze. Ci hai dato tutto, a me e a mio fratello. Dal canto mio, posso dirti, che non ho ho mai avuto nulla da perdonarti anzi, forse sei tu che devi perdonare me. Non sono molto brava a esternare quello che provo,  e a volte la rabbia mi fa dire cose cattive. Mi spiace non averti detto spesso quanto bene ti volevo, e non avertelo, forse, dimostrato abbastanza. Mi chiedo, stupidamente, se in quel caso sarebbe cambiato qualcosa, se avrei potuto fare qualcosa - qualsiasi cosa - per tenerti ancora insieme a me.

Amavi cantare, era la tua passione, quella che ardeva da sempre dentro di te. Dicevi sempre che in un'altra vita saresti stato un cantante affermato, o che se la tua fosse andata diversamente, forse lo saresti potuto diventare. Cantavi ovunque: in macchina, al bar, alle festicciole di paese, e non ti preoccupavi che gli altri potessero sentirti anzi, volevi che la gente udisse la tua voce. Il tuo sorriso si faceva grande mentre intonavi le note, i tuoi occhi si riempivano di gioia perché liberavi la tua anima in quei momenti. Sapere che quella voce non la sentirò più, che non vedrò più la tua gioia esplodere in mille note, mi strazia ancora di più.

Dicono che io abbia preso molto da te, i tuoi occhi soprattutto. Ho sempre odiato i miei occhi, perché banali e piccoli, ma penso che da oggi li amerò un po' di più. Ogni volta che mi guarderò allo specchio, vedrò il tuo riflesso dentro a essi, e imparerò ad apprezzarli sempre di più.

Ricordo quando ero piccola e tu mi insegnavi a giocare a scacchi e a carte, lasciandomi vincere ogni tanto per incoraggiarmi e per non farmi demoralizzare. Ricordo che non mi facevi mai mancare la mia cioccolata quotidiana, e non esitavi mai a darmi qualche spicciolo quando ti chiedevo qualcosina per il gelato. Ricordo quando mi portavi al parchetto vicino casa, e mi facevi roteare su quel coso - di cui ora non ricordo assolutamente il nome - a tutta velocità, fino a che non ti chiedevo di fermarti. Ricordo le tue reti da pesca, ricordo tutte le conchiglie che mi portavi a casa, ricordo quanto era buono il pesce che pescavi.

Non riesco a quantificare quanto mi mancherà tutto questo, e tanto altro. Quanto mi mancherà la tua sola presenza su questa Terra, sapere "che ci sei", per me.

Hai deciso di andartene in mare. Il mare è stato tutta la tua vita, la tua barca era una seconda moglie per te. Hai vissuto lì sopra, e hai deciso di farla finita lì. Sappi, papà, che quelle onde non hanno portato via solo la tua anima, ma anche un pezzo della mia.

Un po' sono arrabbiata con te, perché mi hai lasciato sola quando ancora avevo tanto bisogno di te, quando ancora avevamo tante cose da fare insieme e da raccontarci, perché voglio credere che saremmo ancora potuti essere molto felici. Ma non lo potrò mai sapere, non potrò mai sapere cosa è scattato nella tua testa per farti credere che non ci fosse più alcuna vita d'uscita, o ragione per continuare a vivere. Mi fa male pensarlo, ma ti perdono papà, ti perdono tutto ma tu continua a vegliare su di me, fammi sentire le tue braccia nelle notti fredde e piene di solitudine.

Papà, continua a cantare da lassù per me, per sempre.

Lettera a un padre che ha deciso di non esserci più.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora