Capitolo 7

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Sapete, non so bene come iniziare questo capitolo, nonostante è e sarà sempre uno dei più importanti di tutta la storia, di tutta la vita.
Il momento in cui ho ricominciato a lottare per vivere.
Ho ricominciato a lottare per vivere dopo essere un po' morta.
Inizio dicendo che mercoledì sera sono andata in crisi, una crisi di ansia, o di panico, non so, ma fortissima.
Per un motivo apparentemente stupido, ma importantissimo per me, di cui però non starò tanto a parlare.
Questa crisi è durata più o meno mezz'ora.
Una mezz'ora durata all'infinito.
Sudavo, tremavo e ansimavo.
Singhiozzavo e urlavo, mentre piangevo a dirotto.
Il cuore batteva a mille, senza mai rallentare, e ha continuato anche una volta finita la crisi vera e propria.
Una volta finito tutto, e finita l'attenzione dei miei genitori ho preso dalla cucina tutti i farmaci che ho trovato e li ho nascosti in camera.
Fatto ciò sono tornata in cucina e ho trovato una bottiglia di un alcolico a caso, di cui non ricordo nemmeno il nome.
Ho mischiato tutto e ho mandato giù, tutto d'un fiato per poi sdraiarmi sul letto nella speranza che i miei mi trovassero troppo tardi per poter fare qualcosa.
Mi sono svegliata due giorni dopo in ospedale con un'altra, l'ennesima crisi di ansia.
Ero in psichiatria, piena di buchi che non ricordavo mi fossero stati fatti e con le flebo attaccate.
Non ricordo nulla dopo quell'episodio, ricordo a malapena i primi giorni in reparto e il risveglio.
Non ricordo di aver partecipato ad un gruppo, non ricordo di aver parlato con la psicologa, non ricordo la lavanda gastrica o i miei che mi portano in ospedale.
Però questo ricovero mi serviva.
Sono stata meno di una settimana e sono stata dimessa oggi all'una.
Ho trovato amore, controllo, stabilità.
Tutto ciò che mi serviva per poter decidere di ricominciare a vivere, di ricominciare a lottare.
Ognuno lì ha un suo infermiere ogni giorno ed ogni notte, che sta con te, che ti cura e ti accudisce.
Che ti da amore e ti strappa un sorriso ogni volta.
Che dorme lì su una sedia accanto a te.
Forse avevo solo bisogno di questo.
Un po' di attenzione, equilibrio e controllo per non rifare gli stessi errori.
E non è stato un ricovero negativo.
Lo ammetto, stamattina non vedevo l'ora di uscire, ero eccitata all'idea di tornare a casa anche se dopo poco tempo.
Ma allo stesso tempo avevo paura, una paura pazzesca.
Mi è stato proposto di prolungare il ricovero, ma con dolcezza e consapevolezza ho rifiutato, in coscienza del fatto che se avessi accettato sarebbe stato solo per evitare i problemi, per evitare la scuola e le persone.
Lasciare che i problemi si ingigantissero non era ciò che volevo.
Voglio solo tornare a vivere, a sorridere.
Come si suol dire,

"Bisogna prima un po' morire per ricominciare a vivere"

Ho trovato questa scritta su una lavagna del reparto, e l'ho sentita e fatta mia.
L'ho presa e fatta piccola piccola, stampata nel mio cuore, e non so chi l'abbia scritta, ma ringrazio quella persona, perché mi ha dato la spinta decisiva per decidere di riprendere in mano la mia vita.
Probabilmente non è con un tentativo di suicidio che si intende quel "si deve un po' morire" , ma è ciò che sento io ed è questo che la rende Mia.
Sono uscita con la diagnosi di disturbo borderline di personalità con aspetti depressivi ed ansiosi.
Ma io, giuro che sono uscita da quel reparto col sorriso stampato in faccia, con paura, non lo nego, ma mi sono affezionata.

Sono uscita a testa alta, consapevole del fatto che è da qui che inizia la mia
Risalita.

Montagne russe, una vita borderline.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora