I choose not to remember you pt 3

156 14 3
                                    

Un urlo ruppe il silenzio della stanza buia in cui dormiva Stiles da ormai quasi tre mesi.
Erano trascorsi due anni, prima che entrasse finalmente a fare parte del corpo di stagisti all'interno dell'FBI, dopo che Rafael McCall, il padre di Scott, aveva messo una buona parola su di lui.
Si era impegnato, stava lavorando sodo da quando aveva terminato il liceo, e infine si era trasferito dal college a Quantico, in Virginia.

Il suo sogno più grande stava finalmente prendendo forma, ed ora dormiva in quella camera da letto completamente da solo, al buio.
A volte faticava a prendere sonno, ripensava a come i tentativi di riuscire a fare funzionare una relazione con Lydia non erano andati a buon fine.
Ripensava a quanto Scott gli mancasse e di come gli parlasse di Malia.
Era felice, gli ribadiva. Era tornata a sorridere e se la cavava bene perfino al college. Ma, dopotutto, Stiles aveva sempre pensato che se la sarebbe cavata.
Scott e Malia erano stati gli unici a mantenere seriamente vivi i contatti nel gruppo: Liam era al suo ultimo anno di liceo insieme a Mason e a Corey, preparandosi a quello che sarebbe stato il suo nuovo ruolo di protettore soprannaturale della Contea. Ogni tanto a Scott capitava di ricevere qualche sua telefonata, specialmente negli ultimi tempi, dopo che il Beta tentava di chiedergli consigli non tanto su come gestire i problemi da nuovo Alfa, quanto su come potere riconquistare la sua ex ragazza.

Lydia, invece, aveva inizialmente rotto i contatti con Stiles dopo la loro rottura, un paio di mesi dopo che i due sembravano essersi finalmente dichiarati tra loro. Ma non valeva la pena rovinare un'amicizia, un legame profondo e sincero come quello. Nè per Stiles, che stando con la bionda fragola aveva risvegliato alcune consapevolezze e sensi di colpa, nè tantomeno per Lydia, che si era resa ben conto che il suo cuore, sebbene lo avesse ignorato per un po', batteva per qualcun altro.

La sua migliore amica era rimasta tale dopo alcuni silenzi, forse causati dalla rabbia, dall'imbarazzo, dal dolore. Lydia non lo sapeva con certezza. Ma, nonostante la banshee contattasse sia lei che il suo Alfa ogni tanto, nessuno era rimasto tanto vicino l'uno all'altra quanto Scott e Malia.
Erano migliori amici, certo, ma la coyote era estremamente fedele al suo capo branco, a colui che le aveva regalato di nuovo una vita da umana.
Così avevano preso un appartamento insieme, ogni mattina si alzavano per salire sui rispettivi mezzi e recarsi al college, e tutto sembrava andare per il verso giusto.
Malia era di nuovo felice, dopo due anni e tre mesi, aveva detto Scott. Ed era davvero così.

Stiles non sapeva dire se era proprio per via del suo migliore amico che la ragazza fosse tornata a sorridere come una volta, quando era con lui. Sta di fatto che, al contrario, lui ogni notte la rivedeva.

Sognava momenti diversi, tra di loro. Alcuni completo frutto dell'immaginazione, altri ricordi reali che Stiles teneva gelosamente ben stretti a sè. Non li avrebbe mai lasciati andare.

Ora respirava a fondo, a fatica, alla ricerca di ossigeno. La maglietta era totalmente zuppa, percepiva le gocce di sudore scivolare lungo la sua fronte, cadere dalla punta all'insù del suo naso.
Era lì, nel bel mezzo del letto da solo, con il capo premuto sul suo cuscino e stretto tra le braccia, quasi come un peluche, quello che, invece, Malia per mesi aveva utilizzato sul suo letto a Beacon Hills per dormirgli accanto.

Alla fine di ogni giorno, la notte gli ricordava ciò che aveva lasciato indietro, ciò che aveva perso e ciò che probabilmente qualcun altro gli avrebbe definitivamente portato via di lì a poco. E il ragazzo non era più in grado di addormentarsi: piangeva di rabbia, affondava le unghie sulla carne delle sue braccia, odiando sè stesso per l'errore più grande che aveva commesso e che non si sarebbe mai perdonato.

Malia era tornata a sorridere. Lui, invece, rimpiangeva su quel cuscino ogni attimo con quella ragazza, con la sua pelle, il suo profumo, il suo respiro e il suo sorriso.

Quella volta, era stata la ragazza a scegliere di dimenticarlo, per davvero.

Forse era stata una scelta combattuta, forse no, Stiles non lo sapeva. Ma per quanto la mattina si alzasse sperando di vedere entrare qualcuno dalla finestra, che ora stava al secondo piano di un edificio pieno di stagisti, il ragazzo sapeva che non sarebbe mai più accaduto.

E sapeva altrettanto bene che quelle parole, "Ti amo, Mal. Ti amo", non sarebbe più stato in grado di ripeterle. Non direttamente a lei, non ad alta voce.

Ma era così, dopotutto: mentre lei sembrava averlo dimenticato una volta per tutte, lui era ancora lì, al punto di partenza. A brancolare nel buio, come lo Stiles Stilinski che, autorinchiusosi ad Eichen House anni prima, aveva paura di quello che lui stesso aveva fatto e avrebbe potuto fare. Quella volta, però, non era solo, nel buio. Qualcuno gli si era seduto a fianco, stringendolo a sè e lasciandosi stringere, non giudicandolo e guarendo le sue ferite mentre lui guariva le sue per alcuni momenti.

Ora era solo. Non poteva essere stretto nè stringere nessuno. E le sue ferite, che si era autoinflitto questa volta, non potevano essere guarite da alcuna persona.

Malia Tate lo aveva stregato, condannandolo ad un dolore peggiore di quello di essere dimenticato o di dimenticare qualcuno: Stiles ricordava quella ragazza perfettamente, in ogni suo dettaglio.

E lo avrebbe fatto ancora per molto tempo.

WAKE UP, STILES | One Shots S.S. M.T.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora