Non è bello essere dei reietti, non è bello essere discriminati, non è bello nascondere se stessi agli occhi degli altri. Non è bello, ma la mia vita è così, un vita fatta di bugie e segreti, niente di più, niente di me meno. Tutto iniziò quando ero solo un ragazzino, all'alba dei propri tredici anni. Appartengo ad una casata nobile, quindi fin da piccolo sono sempre stato circondato dagli agi che la vita aristocratica può offrire. Non potevo immaginare che quel piccolo mondo perfetto che mi circondava, in realtà era solo un' illusione, una di quelle belle, una di quelle che ti fa credere che vada tutto bene, una di quelle che è facile da spezzare. E fu così che, come un pezzo di vetro, il mio magico mondo fatto di illusioni andò in frantumi, laciandomi solo con un gran vuoto dentro di me, a chiedermi come fosse potuto accadere.
Era la sera del mio tredicesimo compleanno, i miei genitori avevano deliberatamente deciso di organizzare un ballo in mio onore, nonostante fossero a conoscenza del mio odio per le serate mondane. Mentre tutte le domestiche si occupavano di allestire il salone, io ero nelle mie stanze a prepararmi. Stavo cercando un completo adatto, quando notai un indumento assai bizzarro che non ricordavo di possedere; la mia vista non è mai stata ottima, ma osservandolo meglio potei notare che si trattava di uno dei corsetti di mia sorella. Probabilmente una delle nuove domestiche doveva averlo messo per sbaglio nel mio guardaroba. Non so perchè, ne come mi sia anche solo potuta venire in mente un idea del genere: forse per provare qualcosa di nuovo o forse ero semplicemente molto, troppo stupido. Mi tolsi la camicia, le mie mani diafane slacciavano i bottoni con movimenti talmente lenti da risultare asfissianti, interronpendosi solo per spostare dietro l'orecchio i ciuffi di capelli candidi che mi ricadevano sul viso. Lasciai cadere le braccia per permettere alla camicia di scivolarmi lungo il corpo, sulla schiena, sui fianchi, fino a ricadere morbida sul tappeto di velluto rosso che impreziosiva le mie stanza. Ammirai per qualche secondo il mio corpo pallido e magro allo specchio, poi presi il corsetto, lo indossai e strinsi bene i nastri di raso assicurandomi di non riuscire quasi a respirare. Mi guardai nuovamente allo specchio, la mia vita risultava ancora più sottile e longilinea. I miei tratti erano giovani, non ancora sviluppati come quelli di un uomo maturo, e uniti a quel corsetto mi avrebbero potuto benissimo far passare per una ragazza. Mi scollai dai miei pensieri perversi, slacciai i nastri che costringevano il mio petto e potei sentire l'aria arrivare ai polmoni in modo decisamente più fluido. Da quel giorno desiderai sempre più spesso di poter indossare di nuovo quell'indumento così particolare, fino a che, una mattina in cui mia sorella era fuori casa per un incontro con un potenziale pretendente, decisi di intrufolarmi nelle sue stanze. Il suo armadio era pieno di abiti sgargianti e vaporosi ed immaginai quei tessuti fasciare il mio corpo minuto. Presi un vestito, blu notte come i miei occhi, e lo indossai. Sarebbe stato bello poter indossare sempre quei meravigliosi vestiti luccicanti. Poi, non so perchè, iniziai a piangere, preso dallo sconforto, ero triste. All'epoca non mi ero ancora compreso pienamente, avevo le idee confuse, ma ben presto all'età di quindici anni capii e riuscii finalmente a spiegarmi alcuni miei comportamenti ritenuti "bizzarri".
Realizzai cioè che sono quando per la prima volta provai quella cosa, comunemente chiamata amore, per Christian, un ragazzo inglese in visita a Parigi per completare la propria istruzione. Ricordo quel ragazzo fra un misto di dolcezza e malinconia, alto, muscoloso, pallido quasi quanto me, ricordo il suo profumo, così dolce e invitante. Ero veramente innamorato, ma sapevo che lui mi vedeva come niente di più che un caro amico. Era il 19 Luglio 1767, era una sera estiva calda e umida, stavo passeggiando con Christian nel parco della tenuta, il sudore ci imperlava il viso, le braccia e le gambe fasciate da quegli scomodi indumenti che la società nobiliare ci imponeva di indossare. La luna piena illuminava leggermente i nostri visi e un venticello placido ci scompigliava i capelli. Piano, piano avvicinai la mia mano alla sua, lui sussultò al contatto, ma non si ritrasse a quell'esiguo atto di affetto. Ad un certo punto mi fermai; ricordo di aver pensato
-Adrian non avrai altre occasioni, smetti di mentire a te stesso e accettati-
Presi il volto di Christian fra le miei mani, gli accarezzai le guance rosee, lentamente, e con una lentezza ancora più insopportabile mi avvicinai alle sue labbra fino a fargli sentire il mio respiro sulla pelle morbida. Lo baciai, con passione, malinconia, foga, misto ad uno strano senso di colpa per quel gesto così sconsiderato. Lui non si ritrasse.
Ci separammo solo quando il bisogno d'aria divenne insostenibile e ad unirci rimase un unico rivolo di saliva luccicante.Con il respiro ancora irregolare mi disse -Adrian, noi siamo uguali, ma questo mondo non ci vuole accettare. I miei genitori mi hanno mandato qui "speriamo che l'aria di Parigi possa curare il tuo brutto male" hanno detto. Non rinnegare quello che sei, semplicemente nascondilo agli occhi degli altri, non permettere a nessuno di vedere ciò che cela il tuo cuore, finchè reciterai la tua parte riuscirai a vivere tranquillo. Ma ricorda: tu sarai per sempre il mio primo, unico, grande amore-
Il giorno dopo Christian partì per Londra e io non seppi più niente di lui. Passarono tre anni da allora e io ormai non riuscivo più a tenermi dentro tutte quelle bugie, ma nonostante il disagio di non poter essere me stesso mi tenni tutto dentro. Uno giorno però uno dei domestici parlo con i miei genitori di quanto aveva visto anni prima. Avrei dovuto aspettarmi una reazione del genere: psicologi, medici, iniezioni. Per una volta nella mia vita non avevo indossato una maschera, per una volta avevo semplicemente detto la verità, per una volta ero semplicemente stato me stesso. Ma me non importava del giudizio degli altri, e mai è importato in questi lunghi anni, perchè sapevo, che disperso da qualche parte nella fuliggine londinese c'era lui, l'unico che mi avesse mai amato veramente, mi bastava questo per andare avanti, ero felice così, questo mi bastava.
Ieri è arrivata un lettera, Christian è morto di tubercolosi, e io non ero li, al suo fianco. Senza di lui non penso di riuscire ad andare avanti con questa vita ingiusta in questo mondo così ingiusto. Probabilmente se fossi stato accettato dai miei genitori sarebbe stato diverso, forse non sarebbbe finita così. Io non ce la faccio più a essere rinnegato, l'unica cosa che più desideravo era essere compreso, anche solo dalla mia famiglia, ma Dio non mi ha potuto concedere neanche un briciolo di quella felicità che chiunque a questo mondo merita. Ed ora sono qui, chiuso in bagno, i polsi a mollo nell'acqua bollente. E poi la lametta scorre lenta, la carne si lacera, il sangue cola, la vista si offusca sempre di più e la palpebra pesante si abbassa...dopo solo il buio...dopo solo morte.
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-CORSETTO-
Historical Fiction1/04/18 #74 narrativa storica 17/05/18 #59 narrativa storica 19/05/18 #51 narrativa storica