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Non ero mai stata ambiziosa, avevo soltanto bisogno di guadagnare un po' di soldi, ma ero nata fortunata, me lo dicevano tutti.

Il Dottor Camuni, uno dei soci fondatori, aveva fatto il militare con mio nonno Gianni, il colloquio era stato soltanto un semplice proforma. Quel simpatico vecchietto in giacca e cravatta non aveva voluto sapere nulla del 110 e lode con encomio della Commissione al diploma triennale di Economia, tantomeno lo aveva impressionato il mio stage di sei mesi alla Barilla, avevo ottenuto il lavoro soltanto grazie al nonno defunto ormai da anni: un contratto di apprendistato nemmeno un mese dopo la discussione della tesi, una fortuna sfacciata, me lo ripetevano tutti. Eppure, lungo il corridoio di ingresso, sentii tornare i crampi allo stomaco.

"Oggi è l'ultimo giorno, poi se ne va in vacanza per due settimane", cercai di farmi coraggio mentre timbravo il badge.

Ma il coraggio, davanti alla mia superiore, si volatilizzò come ogni giorno non appena varcai la soglia dell'ufficio.

«Questa distinta è sbagliata» mi accolse con un ghigno perfido.

«Buongiorno Morgana. Davvero? Posso correggerla?». Cercai di forzare la voce perché apparisse il più naturale possibile.

«Ormai è tardi, meno male che me sono accorta. Comunque l'ho già corretta e ristampata». Indicò il foglio nel cassetto della stampante e mi fece segno di archiviarlo.

Posai la borsetta sulla scrivania e raccolsi il ciuffo di lato con un fermaglio, quindi presi la distinta corretta per darle una scorsa.

«Che c'è, non mi credi? Archiviala, ti ho detto» mi apostrofò Morgana in malo modo.

Eseguii gli ordini mentre lei, dopo avere accartocciato e gettato nel cestino la copia sbagliata, iniziava la paternale quotidiana: «È il quarto errore grave, questo mese. Per non contare tutte le imprecisioni. Non posso proprio fidarmi di te, sei un disastro».

Mi sedetti alla scrivania, accesi il pc cercando di non farmi scoraggiare dalle critiche. Le prime volte avevo provato a giustificarmi, ma lei aveva infierito ancora di più, così avevo imparato a tacere. Del resto si era accumulata una pila di scartoffie dal pomeriggio precedente, dovevo sbrigarmi e terminare tutto prima di pranzo.

«Dopo un anno non hai ancora imparato niente, fossi in te mi vergognerei di ricevere lo stipendio. Eppure ti affido solo compiti elementari, di certo non all'altezza della laurea che vanti di avere».

«È un diploma di laurea. La specializzazione, se tutto va bene, la concluderò l'anno prossimo» risposi per amore di cronaca.

«Studia, studia, così porti via altra concentrazione al lavoro, a ventitré anni una deve sapere quello che fa. E pensare che io alla tua età dirigevo già l'ufficio!».

Iniziai a sfogliare le consegne: documenti per l'esportazione da preparare, qualche richiesta di clienti esteri alla quale rispondere, una decina di trasporti da programmare, e ancora non avevo controllato la mail.

Nel frattempo Morgana aveva risposto alla telefonata del direttore commerciale e stava organizzando il pranzo al ristorante per alcuni clienti in visita.

«Ho una riunione tecnica, Gaia. Vedi di non combinare guai mentre non ci sono» mi disse non appena riappeso il ricevitore, si alzò dalla scrivania e, sculettando, si avviò nel corridoio.

Tirai un sospiro di sollievo, finalmente potevo dedicarmi al lavoro in santa pace, lei non sarebbe tornata prima delle undici.

Ma non erano passati che pochi minuti quando dall'uscio socchiuso mi giunse lo sgradevole suono della sua voce.

«Dottor Camuni, mi creda, andiamo di male in peggio. A questo punto penso che Gaia sbagli di proposito per mettermi in cattiva luce».

«Veramente, signora Argelati, tutti gli altri colleghi sono contenti della ragazza».

«Solo perché non lavorano a stretto contatto con lei: Gaia sa dissimulare molto bene i propri errori, è falsa e inaffidabile, chieda a Martini e Bizzeffi cosa ha combinato con un approvvigionamento di merce...» sentii blaterare Morgana mentre le voci si allontanavano nel corridoio.

Mi fece venire le lacrime agli occhi. Io non ero falsa, commettevo qualche errore ed ero soltanto una novellina, certo, ma avevo sempre cercato di fare del mio meglio. E poi non mi occupavo di approvvigionamenti, cosa avevo fatto di male a Martini e Bizzeffi? L'ultima volta li avevo incrociati al distributore delle bevande più di un mese prima.

Non lo volevo nemmeno, quel lavoro, io. Avrei preferito frequentare l'Università a tempo pieno, avevo ottimi voti e forse qualche prospettiva di carriera come ricercatrice, ma i soldi a casa scarseggiavano e i miei genitori non si sarebbero potuti permettere di pagare ancora la retta universitaria, i libri, l'affitto dell'appartamento a Parma. Così avevo dovuto cercare qualcosa da fare. Non avevo grandi aspirazioni, mi sarebbe bastato un lavoro qualsiasi, anche part-time, ma quando si era presentata l'occasione di una occupazione presso un'azienda prestigiosa non avevo potuto tirarmi indietro: avrei fatto esperienza e avrei avuto qualcosa di tangibile da indicare sul curriculum anziché le sole qualifiche scolastiche. Ero stata fortunata, io.

Asciugai una lacrima che era scesa a tradimento sulla guancia e mi alzai dalla scrivania per andare a frugare nel cestino delle spazzature di Morgana. Volevo capire quale errore avevo commesso nel compilare la distinta, magari così non avrei più sbagliato. Trovai il foglio, lo portai alla scrivania e lo lisciai sul piano di legno. Morgana era solita segnare le imprecisioni con la biro rossa. Controllai bene, ma c'erano solo dei visti blu accanto a ogni riga. Presi la nuova copia dal raccoglitore, scorsi tutte le righe, i dati del cliente, gli estremi di consegna. Erano due fogli identici. 

Morgana mi aveva ingannato e ora stava parlando male di me al Dottor Camuni attribuendomi un errore che non avevo commesso. Normalmente sarei scoppiata a piangere, ormai piangevo quasi ogni giorno nel tragitto tra l'ufficio e il mio appartamento. Invece sentii la collera salirmi al petto.

Mi misi al pc, avviai word e scrissi:

"Io sottoscritta Gaia Sarti rassegno le mie dimissioni a effetto immediato con la seguente motivazione: la signora Morgana Argelati, mia diretta superiore, mi perseguita ogni giorno insultandomi e mortificandomi senza ragione. Cordiali saluti".

Non potevo credere ai miei occhi, cosa stavo facendo? La stavo dando vinta a quella carogna di Morgana.

Ma la lettera era già stampata in due copie. Le presi dalla stampante e le firmai entrambe, ne lasciai una in bella vista sulla scrivania di Morgana assieme alle due distinte identiche, quindi mi diressi verso l'ufficio del Dottor Camuni. La segretaria mi disse che era ancora in riunione, alzai le spalle e le consegnai la lettera.

«Sei sicura?».

Scossi la testa, ormai stavo singhiozzando, ma sentivo che non avrei più potuto tornare indietro. Ritornai di corsa in ufficio per raccogliere le mie cose e andarmene prima che Morgana tornasse. Spensi il mio pc, recuperai la borsetta e mi soffermai sull'uscio frugandola alla ricerca di un kleneex per asciugarmi gli occhi.

«Gaia, cosa stai facendo fuori dall'ufficio? Non è ancora il momento della pausa caffè» mi richiamò Morgana giungendo dal fondo del corridoio.

«Me ne vado, per sempre» riuscii a dire e mi stupì di come la voce fosse ferma nonostante il dispiacere.

«Adesso?».

Annuii, stavo crollando, dovevo andarmene subito.

«Stai scherzando? E le mie ferie? Chi rimarrà in ufficio mentre non ci sono?».

Già, le ferie! Le avevo dimenticate. Se fossi mancata io in ufficio Morgana avrebbe dovuto rimanere al lavoro almeno fino a quando non avessero trovato una sostituta.

Sentii il volto distendersi in un sorriso. «Non sono più affari miei» risposi alzando le spalle e mi incamminai verso l'uscita.

ONE LOVE: un amore a LondraWhere stories live. Discover now