Non so come ci s'accorge della fine di qualcosa.
A volte te lo segnalano, te ne parlano, ti dicono perfino giorno e ora precisi, solo che non è mai così.
Quando la fine é preannunciata, non finisce in quel dato momento.
C'è qualcosa nell'aria, dal momento in cui cominci a pensare a quella data, per cui ti muovi, parli, vivi normalmente, ma dando piccoli addii fugaci, ma non per questo poco importanti, e sono per lo più addii pensati, addii mentali, che non fanno rumore.
Stamattina ho dato l'addio alla signora che viene a pulire in casetta blu.
É venerdì, e domani lei non verrà. Tornerà lunedì, quando noi non ci saremo più, tutto sarà ordinato, senza più tracce di casa vissuta, senza luci dimenticate accese, senza suoni o schiamazzi provenienti dalla palestra.
Alla signora ho dato l'addio mentale dicendole "arrivederci", anche se non è vero che ci rivedremo.
Arrivederci é un addio gentile.
Lei mi ha sorriso, ed il mio addio non é servito a lei, ma a me.
Servono tutti per me, gli addii mentali. Gli ultimi sorrisi fra compagni di scuola l'ultimo giorno della maturità, che non sono mai addii, sono sempre un "vediamoci presto" detto, e un "tanto non succederà, ma è stato bellissimo questo percorso insieme" sussurrato, pensato, mai pronunciato. Perché gli addii propriamente detti in faccia, fanno un po' schifo.
Quando la fine la sai già, l'addio diventa costante, graduale, a piccoli passi.
Credo di star dando addii mentali alla casetta blu da circa tre settimane.
L'albero in giardino, il gatto che si sente miagolare solo quando è ora di cena, le stanze, la cucina, la palestra, ogni cosa che oggi é casa, e domani non più.
Calcolo a mente gli addii dati, e quelli ancora da dare.
Oggi devo dare l'addio alla sala 4.
Ci sono dentro. Ci sono al centro, mentre tutti i ballerini mi girano intorno, e tu sei seduta in fondo a fissarmi attraverso lo specchio.
Non l'ho mai vissuta la sala 4 da solo. Eppure è un po' casa mia.
E non sminuisco la mia vera casa con altri posti.
Se dico che è casa, é casa.
Come le persone che ci sono dentro.
Come i ballerini professionisti che mi girano intorno e mi fanno sentire un po' importante.
Come te, che mi fissi con una faccia indecifrabile, da lontano.
Mi stai dando il tuo personale addio mentale?
Non ti azzardare.
Non ti azzardare a guardarmi come se stesse per finire tutto.
Non ti azzardare a darmi un addio, che l'unico al quale non sono preparato, è proprio il tuo.
Non mi guardare così, come se stesse per crollarci addosso il tetto della sala 4.
Non mi guardare come se stessimo andando via da casa nostra,
La sala 4.
Non succederà come nel video di basta così. Che ad un certo punto sono distanti e di fronte, e corrono verso il centro e si disintegrano.
Come Marina e Ulay, due artisti che hanno fatto della loro unione, un modo di vivere. Due artisti che insieme si sono spinti in performance pazze,
l'uno con l'altra.
L'uno dentro l'altra.
L'uno contro l'altra.Si sono baciati per 17 minuti fino a non avere più ossigeno.
Si sono urlati contro fino a non udire più le loro stesse voci.
Si sono spogliati nudi contro le pareti di una porta, costringendo i visitatori di un museo, a passare in mezzo a loro, e comunque si guardavano negli occhi.
Questo amore folle li portó ad un addio.
Questo addio, due artisti, non potevano non metterlo in atto, sotto forma di arte.Nel 1988, si accorsero che era ormai arrivata la fine della loro relazione. Decisero così di compiere l 'ennesimo gesto estremo, dopo il quale non si sarebbero più visti.
Percorsero 2.500 chilometri della Muraglia Cinese, partendo dai due estremi. Una volta nel mezzo, un abbraccio segnò la fine.
Questa scelta è stata fatta non solo per una performance artistica, ma anche per provare sulla pelle quanto può essere duro, a volte, un addio.
Alla fine di quel lungo cammino, si trovarono al centro esatto.
Potevano abbracciarsi e ricominciare tutto?
Sì, ma non lo hanno fatto.
Potevano rimandare l'addio?
Sì, ma così non è stato.
Lo avevano deciso già prima.
Certe volte, un addio fa così male, che bisogna deciderlo prima.
Si trovarono di fronte a pochi centimetri di distanza.
Potevano non dirsi niente e dirsi un addio carico di fiatone e silenzi.
Ulay le disse di aspettare un figlio da una tizia.
Chiede a Marina: "cosa devo fare?"
Marina rispose: "non lo so, io me ne sto andando"
Questa performance si chiama Lovers.