The Death Note.

Prologo.

Credeva di essere l'unica persona per bene in un mucchio di persone ignoranti.
Una goccia d'acqua più chiara in un mare di gente incredibilmente terribile.
Si annoiava di vivere in un mondo così distrutto dall'opinione pubblica e dai pensieri oggettivi.
Era una vita monotona, dove la stessa routine di tutti i giorni si ripeteva, si ripeteva e si ripeteva in continuazione.
Si alzava, si preparava per uscire, faceva colazione e s'incamminava verso il suo liceo.
Durante il tragitto salutava i suoi compagni e subito dopo guardava avanti a sè.
Definiva coloro che incontrava e con cui parlava ogni mattina "compagni" e non "amici", perché lui era troppo superiore per attribuire una tale definizione a tali persone.
Si sentiva solo, arrabbiato, ma nonostante questi fossero i suoi sentimenti, lui li nascondeva.
Aveva una perenne espressione neutrale, la quale si tramutava in un'altra più seria o più serena rare volte.
Perché tendeva a chiudersi in sè stesso? Si sentiva insicuro?
Lui non era insicuro della sua immagine, né tanto meno del suo pensiero o del suo io interiore, ma era insicuro sul mondo esterno.
Un mondo in cui regnava la violenza senza ritegno.
Un mondo in cui i meschini e gli egoisti erano in libertà e non si curavano di quel che succedeva intorno a loro.
Un mondo in cui c'erano più morti che vivi.
Un mondo che lui odiava, dove i ladri erano arrivati al punto di rubare anche le anime delle loro vittime.
Un mondo dove i terroristi non cessavano di esistere.

Quello non era il mondo per lui.
Non era il mondo in cui voleva vivere.
Gli faceva schifo.
Il comportamento della gente ormai era vuoto, senza preoccupazioni per ciò che capitava anche a loro stessi.
Si era stufato.

Molte volte aveva pensato al finire la sua stessa vita, ma non era depresso.
Sarebbe stato un vigliacco, e si ripudiava anche al solo pensiero.
Perciò continuava a vivere nonostante tutto gli facesse ribrezzo.

Però, le cose un giorno cambiarono.