Capitolo 1

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Il sole sta sparendo dietro il profilo delle colline e le ombre si allungano sulla strada.

Alberto è fermo sul bordo della rotonda che collega la via Aurelia all'accesso dell'autostrada. I capelli castani, ormai punteggiati da fili argentei, si agitano intorno al volto duro e spigoloso. Gli occhi, di un azzurro chiaro come il ghiaccio, osservano il paesaggio: la provinciale scende verso il mare attraverso un piccolo gruppo di costruzioni segnate dal tempo. Il cartello sul ciglio della strada, una lastra bianca di metallo consumata dalla ruggine, riporta la scritta: PIAZZA, Frazione di Deiva Marina.

Controlla distrattamente il navigatore satellitare e si chiede perchè si trovi lì.

Aveva scelto le Cinque Terre perchè la natura ha una sua espressione particolare, un misto unico di colori, odori e sapori. Era arrivato due giorni prima a Monterosso, pianificando di viaggiare verso sudest in direzione di Porto Venere.

La prima sera, mentre cenava in un ristorantino nel porto vecchio, aveva sentito un gruppo di anziani parlare della Dama della Torre. Incuriosito, si era unito a loro offrendo una bottiglia di vino e aveva ascoltato con interesse il racconto di una giovane donna, di nobili origini, gettatasi in mare per amore dalla torre d'osservazione che oggi si trova sulla marina di Deiva. Il discorso era poi proseguito con la leggenda nata da quel tragico evento: ogni anno, nell'anniversario della scomparsa, un lamento straziante si alza dalle rovine della torre e sembra che a volte si possa intravedere lo spirito della ragazza aggirarsi fra quelle pietre consumate dal tempo.

Alberto non aveva saputo resistere perchè la sua più grande passione sono i misteri. Non perchè ci creda, ma perchè ama trovarne una spiegazione scientifica. E così si era trovato a viaggiare verso nord, percorrendo la provinciale fino a Levanto e poi oltre, attratto da quel racconto come una falena verso la luce.

Si incammina lungo la strada che serpeggia fra la vegetazione. Man mano che si avvicina all'abitato la sensazione di desolazione si fa sempre più insistente. L'architettura degli anni '50, le ringhiere arrugginite e le facciate cadenti gli lasciano in bocca il sapore di speranze perdute. Arriva finalmente al paese e percorrendo la via principale che fiancheggia il torrente, scende fino alla marina.

Quella che una volta doveva essere la passeggiata sul lungomare, ora è un cantiere. Stanno costruendo una serie di box sotterranei, a ridosso della spiaggia. D'altronde, pensa amaramente Alberto, chi non vorrebbe parcheggiare l'auto in riva al mare. Anche se è quasi buio e il freddo comincia a farsi sentire, lo spettacolo lo rinfranca. Il mare si abbatte con regolarità sugli scogli, accompagnato dalle grida rauche dei gabbiani. La spiaggia deserta è il posto ideale per piantare la tenda, così Alberto raggiunge la scala di metallo inchiodata al fianco della murata, ma quando si volta per scendere scorge un rudere che si innalza sul promontorio, i resti di una torre. Un brivido di anticipazione gli percorre la schiena.

Dopo essersi accampato a ridosso della parete di pietra, per proteggersi dal vento, cena alla luce della luna e si gode la tranquillità della notte. Quando rientra nella tenda, intirizzito dal freddo, è quasi mezzanotte e la stanchezza inizia a farsi sentire.

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