42. Visione

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Entro pochi giorni Bella sarebbe partita per l'Italia e, al suo ritorno, sarebbero andati praticamente tutti in Sudamerica. Sarei andata volentieri anch'io, ma avevo la scuola, Andrea e il branco a cui pensare. Infatti, Jacob aveva decretato che, in sua assenza, sarei stata io l'alpha del branco. Inizialmente mi ero opposta fermamente, ma poi avevo ceduto ed acconsentito.
Ogni dettaglio era stato ponderato e soppesato almeno cento volte. Avrebbero incominciato con i Ticuna risalendo, per quanto possibile, all'origine delle loro conoscenze. Jacob, la cui partecipazione era ormai un dato di fatto, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel progetto: era improbabile che chi credeva ai vampiri raccontasse proprio a dei vampiri ciò che sapeva. Se con i Ticuna fossero finiti in un vicolo cieco, nella zona c'erano molte altre comunità strettamente imparentate con cui proseguire. In Amazzonia vivevano certe vecchie amiche di Carlisle: se le avessero trovate, forse avrebbero potuto fornirgli qualche spiegazione utile. O perlomeno indirizzarli sulla strada giusta. Era improbabile che le tre vampire amazzoniche avessero a che fare con le leggende sugli ibridi, dato che erano tutte e tre femmine. Era impossibile prevedere la durata della loro ricerca.
Mi voltai e presi ad osservare Renesmee. Era acciambellata sul divano, il respiro lento del sonno profondo, il viso incorniciato da un groviglio di riccioli. Di solito Edward e Bella la riportavano a casa loro quand'era ora di dormire, ma quella sera si erano fermati con noi.
Mi guardai intorno annoiata. Tutti stavano facendo qualcosa per il viaggio. Tutti tranne me. Edward e Carlisle erano ancora assorti nei preparativi del viaggio. Emmett e Jasper, invece, erano più interessati alle opportunità di caccia. L'Amazzonia sarebbe stata una bella novità rispetto alle nostre normali fonti di approvvigionamento. Emmett si era fissato con l'anaconda -che, a parer mio, doveva avere un sangue davvero disgustoso-. Esme e Rosalie stavano decidendo cosa mettere in valigia. Jacob era fuori con il branco di Sam a sistemare un paio di cose in previsione della sua assenza.
La partenza di Jake mi creava molta ansia. Sarei stata in grado di fare l'alpha per un tempo indeterminato? Non mi sentivo assolutamente pronta, pur sapendo che c'erano solo Leah e Seth nel branco e che forse avremmo potuto sentire Jacob ogni volta che si fosse trasformato.
Alice si aggirava piano, per i suoi standard, qua e là, mettendo inutilmente ordine nel salone già immacolato. In quel momento stava centrando i vasi sulla mensola. Da come vedevo cambiare la sua espressione -prima attenta, poi persa, poi di nuovo attenta- intuivo anche senza leggerle i pensieri che stava esplorando il futuro. Non avevo voglia di vedere io stessa cosa stesse cercando, non mi interessava.
Annoiata sprofondai maggiormente nel divano. Era tardi, ma non avevo assolutamente voglia di dormire.
«Lascia stare, Alice» disse Jasper attirando la mia attenzione «Lei non è un problema nostro». E una nuvola di serenità, silenziosa ed invisibile, riempì la stanza. Alice stava sicuramente pensando ad Irina.
La vampira fece una linguaccia a Jasper, sollevò un vaso di cristallo pieno di rose bianche e rosse e si diresse in cucina. A parte uno dei fiori bianchi, che accennava appena ad appassire, il bouquet era impeccabile, ma evidentemente quella sera Alice seguiva la perfezione per distrarsi dall'assenza di visioni.
Stavo ascoltando abbastanza attentamente le riflessioni concitate di Emmett riguardo a quanto potessero essere buone le anaconde, perciò non mi accorsi di quando il vaso le sfuggì di mano. Udii solo il fruscio dell'aria sul cristallo e alzai gli occhi appena in tempo per vedere il vaso esplodere in diecimila schegge di diamante sul pavimento di marmo della cucina.
Mi drizzai e la guardai stupita. Tutti rimasero perfettamente immobili nel mentre che i frammenti di cristallo volavano e rimbalzavano in tutte le direzioni con un tintinnio discordante.
Ci aveva fatto uno scherzo? Era impossibile che il vaso le fosse caduto per sbaglio. Addirittura tutti i vampiri avrebbero avuto tempo di alzarsi, raggiungere Alice e prendere il vaso al volo. Io probabilmente no, in forma umana ero meno veloce di un vampiro, ma loro sicuramente sì, ci avrei messo la mano sul fuoco.
Non avevo mai visto un vampiro lasciare cadere qualcosa per sbaglio. Mai.
Alice ci stava fissando. Si era voltata con un movimento così fulmineo che nemmeno era esistito.
I suoi occhi erano a metà strada fra noi e il futuro che li teneva inchiodati, spalancati, fissi e dilatati in un mondo abnorme.
Decisi di leggerle i pensieri per capire cosa stesse vedendo. Non avrei potuto reggere quell'attesa.
Smisi di respirare e sbiancai. Udii Edward ansimare con un suono spezzato, quasi di soffocamento.
Il bosco innevato. Decine o centinaia, non riuscivo a contarle, di figure incappucciate si muovevano all'unisono. Le mantelle nere o grige svolazzavano elegantemente, scoprendo l'interno rosso. I vampiri si inoltrarono in un'immensa radura.
«Cosa c'è?» ringhiò Jasper, balzando al fianco di Alice in un lampo nebuloso e calpestando le schegge di cristallo. L'afferrò per le spalle e la scosse brutalmente. Alice si lasciava sbatacchiare silenziosa fra le sue mani. «Che cosa c'è, Alice?».
Emmett scoprì i denti e fissò la finestra, come se si aspettasse un attacco improvviso.
Esme, Carlisle, Rosalie e Bella erano impietriti e silenziosi quanto me.
Jasper scosse di nuovo Alice. «Che cos'è?».
«Stanno venendo a prenderci» sussurrano Edward ad Alice nello stesso momento. «Ci sono tutti».
Silenzio.
«I Volturi» gemette Alice.
«Tutti» precisò Edward con lo stesso tono di voce.
«Perché?» sussurrò Alice fra sé «Come mai?».
«Quando?» bisbigliò Edward.
«Perché?» chiese Rosalie.
«Quando?» ripeté Jasper in una voce di ghiaccio che si spezza.
Alice non battè nemmeno le palpebre, ma fu come se sugli occhi le classe un velo; il suo sguardo divenne completamente vitreo. Solo la bocca conservò un'espressione di orrore.
«Fra non molto» rispose all'unisono con Edward. Poi aggiunse «C'è neve nella foresta, neve in città. Poco più di un mese».
«Ma perché?» chiese Carlisle.
Fu Esme a rispondere. «Deve esserci un motivo. Forse per vedere...».
«Non è per Bella» rispose Alice cupa. «Stanno venendo tutti, Aro, Caius, Marcus, la guardia al completo, persino le mogli».
«Le mogli non lasciano mai la città» obiettò Jasper con voce incolore. «Mai. Non l'hanno lasciata durante la guerra del Sud, né quando i rumeni hanno cercato di conquistare il potere, nemmeno quando davano la caccia ai bambini immortali...».
«Stavolta invece sì» sussurrò Edward.
«Ma perché?» chiese di nuovo Carlisle «Non abbiamo fatto niente! E se anche avessimo fatto qualcosa, cosa potrebbe essere tanto grave da farci meritare questo?».
«Siamo in tanti» rispose Edward atono. «Vorranno assicurarsi che...». Non terminò la frase.
«La domanda cruciale è un'altra! Perché?» urlò Rosalie.
«Torna indietro, Alice» la pregò Jasper «Cerca il fattore scatenate. Fruga».
Alice scosse lentamente la testa, le spalle basse «È uscita dal nulla, Jazz. Non stavo cercando né loro né noi. Cercavo Irina e non era dove mi aspettavo che fosse». La sua voce si affievolì, gli occhi tornarono a perdersi nel vuoto. Per un lungo istante mise a fuoco il nulla di fronte a sé.
Poi sollevò la testa di scatto, lo sguardo duro come selce.
Io ed Edward trattenemmo il fiato.
«Ha deciso di andare da loro» disse Alice «Irina ha deciso di andare dai Volturi. Poi prenderanno una decisione... è come se la stessero aspettando. Come se avessero già deciso e stessero aspettando che lei...».
«Possiamo fermarla?» chiese Jasper dopo pochi minuti, interrompendo il silenzio.
«Impossibile. È quasi arrivata».
«Cosa sta facendo?» sentii chiedere a Carlisle, ma non stavo più seguendo la conversazione.
Andrea. Riuscivo a pensare solo a lui. Cosa sarebbe accaduto se i Volturi fossero arrivati e lo avessero visto? Lo avrebbero ucciso, probabilmente. No, non potevo permetterlo. Avrei potuto mandarlo lontano durante il giorno della battaglia. Sì, era un'ottima idea.
E se Aro mi leggesse i pensieri?
Lo avrebbe scoperto sicuramente.
Magari non avrebbe voluto leggermi i pensieri.
E se, durante il combattimento, mi toccasse?
Avrebbe potuto vedere tutto e mandare qualcuno a cercare ed uccidere Andrea, magari solo per divertimento. Per evitare ciò avrei potuto evitare di partecipare allo scontro. Ma mi sarei sentita una persona orribile e, inoltre, Aro avrebbe potuto "conoscere" il ragazzo anche attraverso i pensieri di molti altri vampiri e licantropi.
Mi sentii impallidire. Andrea avrebbe rischiato seriamente la vita se i Volturi fossero venuti qui.
Odiavo Irina. Perché si era messa in testa di tradirci?! Cosa le passava in quel cervello da vampira?!
Iniziai a riflettere. Cosa aveva visto di così strano da convincerla a parlare con i Volturi?
Ripensai a quel momento: c'eravamo io, Jacob, Renesmee e Bella. Io ero in forma di lupo e Jake si era trasformato poco dopo. Lui e Bella stavano parlando amichevolmente e Nessie... lei stava prendendo i fiocchi di neve.
«Ma certo!» mormorai quando capii.
Bella, dopo neanche un secondo, interruppe Emmett che stava per parlare e disse: «Pensate a cosa ha visto questo pomeriggio. Come reagirebbe qualcuno che ha perso la madre a causa dei bambini immortali, vedendo Renesmee?».
Scesce nuovamente il silenzio mentre gli altri arrivavano alla conclusione che noi due avevamo già raggiunto.
«Una bambina immortale» sussurrò Carlisle.
Edward si inginocchiò accanto a Bella ed abbracciò lei e la figlia.
«Ma si sbaglia» proseguì Bella «Renesmee non è come quei piccoli. Loro erano congelati in un momento preciso, lei cresce a vista d'occhio ogni giorno. Loro erano incontrollabili, lei non ha mai fatto del male a Sue o a Charlie, e nemmeno mostra loro cose che potrebbero ferirli. Lei sa controllarsi. È già più in gamba della maggior parte degli adulti. Non ci sarebbe motivo di...».
Bella continuò a parlare e a parlare, finché la sua voce, sempre più fievole, non si spense nel mezzo di una frase.
Per un pezzo nessuno aprì bocca.
Poi Edward sussurrò a Bella: «Per crimini come questo non è previsto un processo, amore. Per Aro i pensieri di Irina sono una prova. Vengono per distruggere, non per discutere».
«Ma si sbagliano» continuò Bella.
«Non ci lasceranno il tempo di spiegare» rispose Edward con un tono di voce gentile, dolce e vellutato, ma in esso si poteva cogliere la nota dolente e disperata. La sua voce, come gli occhi di Alice poco prima, sembrava provenire da una tomba.
«Cosa possiamo fare?» domandò Bella.
«Combatteremo» rispose Emmett calmo.
«Non possiamo vincere» brontolò Jasper lanciando una veloce occhiata ad Alice.
«Non possiamo nemmeno scappare. Non con Demetri in giro» Emmett fece una smorfia schifata e capii subito che non era il segugio dei Volturi a disgustarlo, bensì l'idea della fuga. «Io non so se non possiamo vincere» disse «Ci sono un paio di possibilità da considerare. Non dobbiamo affrontarli da soli».
A quelle parole Bella sollevò di scatto la testa «Non dobbiamo nemmeno condannare a morte i Quileutes, Emmett!».
«Rilassati, Bella» rispose lui con un'idea già stampata in mente «Non alludevo al branco. Ma siamo realistici: pensi che Jacob o Sam si lasceranno invadere senza reagire? Anche se non ci fosse Nessie di mezzo... per non parlare del fatto che adesso, grazie a Irina, Aro sa della nostra alleanza con il branco. Tuttavia pensavo ad altri amici».
«Non dobbiamo condannare nemmeno loro» sussurrò Carlisle.
«Ehi, li lasceremo decidere» disse Emmett conciliante «Non ho detto che li obbligheremo a combattere al nostro fianco. Devono solo spalleggiarci quel tanto che basta a far esitare i Volturi. Bella ha ragione, dopotutto. Se solo riuscissimo a tenerli buoni il tempo necessario perché ascoltino le nostre spiegazioni, a quel punto non ci sarebbe più motivo di scontrarsi, purtroppo...». Sul suo viso aleggiava l'ombra di un sorriso.
«Sì» si entusiasmò Esme «Può funzionare, Emmett. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è che i Volturi ci diano retta per un istante. Che si fermino ad ascoltare».
«Ci serviranno un bel po' di testimoni» disse Rosalie con una voce che sembrava fragile come vetro.
Esme annuì, come se non avesse colto il sarcasmo «Chiedere ad un amico di testimoniare non è pretendere troppo».
«Noi lo faremmo, per loro» disse Emmett.
«Dobbiamo chiederglielo subito» mormorò Alice. I suoi occhi erano ancora persi nel vuoto. «Dovremo mostrargliela con molta cautela».
«Mostrare cosa?» chiese Jasper.
Io, Edward ed Alice ci voltammo a guardare Renesmee. Poi gli occhi di Alice tornarono a velarsi.
«La famiglia di Tanya» disse «I clan di Siobhan e di Amun. Qualche nomade: Garrett e Mary di sicuro. Magari Alistair».
«Peter e Charlotte?» chiese Jasper esitante, come se sperasse in una risposta negativa e che al suo vecchio amico venisse risparmiata l'imminente carneficina.
«Magari».
Ringhiai contrariata. Io quei due non li volevo in casa nostra.
«Le Amazzoni?» propose Carlisle appositamente per cambiare in parte l'argomento. «Kachiri, Zafrina e Senna?».
Alice tornò fra noi e scosse la testa.
«Non vedo niente» disse abbassando lo sguardo.
«Cos'era?» chiese Edward in un sussurro ansioso «Quella parte nella giungla... andremo a cercarli?».
Anch'io mi ero incuriosita. La visione di Alice era cambiata di colpo e per una frazione di secondo aveva visto lei e Jasper nella giungla.
«Non ci vedo» ribadì Alice evitando il suo sguardo. «Dovremo dividerci e fare alla svelta... prima che la neve attecchisca al suolo. Dobbiamo radunare tutti quelli che possiamo e farli venire qui a testimoniare». Si perse di nuovo in una visione. «Chiedete a Eleazar. Non ne va soltanto della bambina immortale».
Alice si perse in un'altra visione caotica e veloce che non compresi.
«È una faccenda complicata, dobbiamo sbrigarci» disse.
«Alice?» intervenne Edward «È stato troppo veloce, non ho capito. Cos'era...».
«Non ci vedo!» esplose lei «Sta arrivando Jacob!».
Rosalie fece un passo verso l'ingresso «Mi occuperò io di...».
«No, lascialo entrare» la bloccò rapida Alice, la voce che saliva di tono ad ogni parola. Poi afferrò la mano di Jasper e lo trascinò verso la porta posteriore. «E poi vedrò meglio, lontana da Nessie. Devo andare. Ho bisogno di concentrarmi sul serio. Di vedere tutto ciò che riesco a vedere. Devo andare. Vieni, Jasper, non c'è tempo da perdere!».
Tutti sentivamo i passi di Jacob sui gradini. Alice strattonò impaziente Jasper. Lui si affrettò a seguirla, negli occhi la stessa confusione che si leggeva in quelli di Edward e, probabilmente, anche nei miei. Si lanciarono verso la notte argentata.
«Sbrigatevi» ci urlò Alice «Dovete trovarli tutti!».
«Trovare cosa?» chiese Jacob chiudendosi la porta alle spalle «Dove andava Alice?».
Nessuno rispose. Restammo tutti lì a fissarlo.
Jacob si scosse l'umidità dai capelli e si mise la maglietta, lo sguardo su Renesmee. «Ehi, Bells! Credevo foste già andati a casa, a quest'ora».
Alla fine si voltò verso Bella, battè le palpebre e rimase a fissarla. La sua espressione mutò mano a mano che percepiva l'atmosfera nella stanza. Abbassò lo sguardo, gli occhi spalancati verso la pozza d'acqua sul pavimento, le rose sparse, le schegge di cristallo. Gli vibravano le dita.
«Cosa?» domandò con voce incolore «Cos'è successo?».
Nessuno sapeva da dove incominciare.
In tre falcate Jacob attraversò la stanza e si lasciò cadere in ginocchio vicino a Bella e a Renesmee. Dei fremiti gli correvano lungo le braccia, fino a raggiungere le mani tremanti.
«Sta bene?» chiese toccando la fronte della bambina e inclinando la testa per auscultarle il cuore. «Non fatemi incavolare, Bella, per favore!».
«Renesmee sta bene» disse Bella con voce strozzata.
«E allora chi?».
«Noi tutti, Jacob» sussurrò. Ed eccola, anche nella sua voce, l'eco di tomba. «È finita. Siamo tutti condannati a morte».

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora