20 - Rei (non corretto)

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Okay. Insomma, parliamone: ha una bambina di cinque anni e gli piaccio. L'ha detto; quello stronzo l'ha detto forte, chiaro e tondo. Anche quadrato!

Ora devo respirare e inspirare, brava Rei. Così... Ma che significa esattamente "I decreti, gli atti ricevuti dai notai, tutti gli altri atti pubblici, e le certificazioni sono redatti, anche promiscuamente, con qualunque mezzo idoneo, atto a garantirne la conservazione nel tempo"?, penso leggendo. Promiscua-che?

«Rei è pronto il fascicolo della C.R.A.F. srl?» alzo il capo dall'enorme plico di fogli che sto esaminando e annuisco senza pensarci due volte porgendolo a Ethan.

«Tutto bene? Sono due giorni che ti vedo un po' turbata» domanda osservandomi con occhio indagatore. Cerco di sorridere in modo tranquillizzante, ma ciò che esce fuori dal mio goffo tentativo non è altro che una smorfia di dolore: mi fa male la testa, ho sonno, voglio andare a casa e affrontare i miei "problemi" come farebbe una vera adulta: nascondendo la testa sotto al piumone, ingozzandomi di gelato alla stracciatella affogato nel caffè e dandomi alla scrittura di romanzi rosa che finiscono tutti con un matrimonio da urlo con il belloccio di turno.

Caspita, è davvero un piano originale ora che ci penso. Potrei anche camparci così.

«Sto bene. È solo che domenica ho avuto una giornata molto intensa e sono decisamente confusa» mormoro trascinata dalla stanchezza e dalla sincerità. Ethan mi fissa per qualche istante, assottiglia gli occhi scrutandomi attentamente: «Vieni nel mio ufficio» ordina infine lasciandomi sbigottita.

Mi alzo seguendolo, quando passo davanti a Missy mi guarda con un enorme punto di domanda stampato in faccia, ma non sono nella condizione per poterle dare delle risposte: faccio spallucce prima di entrare nell'ufficio di Ethan e mi richiudo la porta alle spalle.

«Ora possiamo parlare in privato» sorride sedendosi sulla sua poltrona. Mi indica con un gesto della mano di accomodarmi sulla poltrona di fronte alla sua e faccio altrettanto sedendomi un po' impacciata: per la frazione di pochi istanti ho quasi pensato che mi avesse condotto nel suo ufficio per abbracciarmi o mostrarmi un minimo di conforto, ma a quanto pare gli interessa di più sapere che mi preoccupa... Questo dovrebbe rassicurarmi?

«Che cosa ti turba Rei?» domanda senza tanti giri di parole. Una cosa che apprezzo di Ethan è proprio questa: è diretto, schietto e letale allo stesso tempo. E ti ascolta, accidenti se ti ascolta: soppesa con cura tutte le parole che fuoriescono dalle tue labbra e le registra da qualche parte nella sua mente, quando meno te l'aspetti te le ripropone usandole contro di te. Questo dettaglio l'ho notato durante le miriadi di sedute presidiate in tribunale, ed è già da un po' che mi chiedo da quanto mi "ascolta".

Mi schiarisco la voce muovendomi agitata sulla poltrona: «Ecco, io... Diciamo che domenica ho fatto delle scoperte un po'... piccole» blatero decisamente in serie difficoltà. Cosa posso dirgli? Lo sai che oltre a te sono andata a letto anche con il mio vicino? Ah sì, è il poliziotto, ma tranquillo: ho scoperto che ha una figlia e nonostante ciò vorrebbe lo stesso frequentarmi come possibile "fidanzata". Non male vero? E indovina un po' Ethan? Capisco più di economia e fisco che di bambini; non è il colmo?

Davanti al mio viso che sta assumendo sicuramente le più variegate tonalità di rosso e viola, Ethan mi guarda confuso e inarca le sopracciglia. I suoi occhi verdi mi scavano dentro, in cerca della verità; inizio a temere che possa leggermi nel pensiero. «Piccole scoperte?» ripete.

Ethan

Sta mentendo.

Non riesco a capire che cosa nasconda, ma è evidente che non vuole dirmelo. Il suo viso si è tinto di un leggero rossore che via via si sta scurendo di più, si morde il labbro inferiore e sbatte un paio di volte i suoi occhi da cerbiatta. In questo preciso istante vorrei solo alzarmi dalla scrivania, raggiungerla e afferrarle il viso tra le mani baciandole quelle meravigliose labbra che si ritrova. Ma la curiosità, lo ammetto, è più forte.
Annuisce debolmente alla mia domanda iniziando a borbottare qualcosa sulla figlia del suo vicino di casa, ma non riesco a collegare i puntini: «Quindi hai fatto da babysitter ad una bambina di cinque anni; dov'è il problema?» domando interrompendola. Trasalisce dilatando impercettibilmente gli occhi, schiude le labbra e forza un sorriso: «Nessuno. Assolutamente nessuno, mi sto facendo solo delle inutili paranoie» bofonchia sospirando e si alza dalla poltrona.

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