Osservo impietrita dalla mia finestra il flusso di sagome in camicia bianca e giacchetta blu che si diradano verso l'entrata del grande collegio, posta al lato opposto della mia camera.
Il cielo minaccia pioggia, ed è per questo che tutte quelle persone iniziano a correre all' interno dell'edificio alla ricerca di un posto confortevole e accogliente.
Strofino leggermente il polso della mia camicia sul vetro per togliere una piccola macchia, che vista da quella prospettiva poteva anch'essa sembrare una di quelle sagome presenti la sotto.
Mi metto a sedere ormai stanca di quella posizione che avevo assunto per troppo tempo e con i muscoli doloranti e formicolanti cerco di alzarmi.
Alyssa, la mia migliore amica, non che supporter di vita, dorme beatamente sul suo letto, completamente ignara del fatto che se non si sveglierà subito passerà il resto della serata chiusa in biblioteca a studiare chissà quale guerra o a mettersi faccia a faccia con letteratura antica.
Provo a strattonarla, provo a far casino con i libri, provo a dare calci alla tastiera del suo letto, ma solo dopo che mi è caduto per sbaglio un bicchiere di cristallo a terra, la mia supporter di vita decide di svegliarsi.
-Camille, che ore sono?- dice con la voce ancora impastata dal sonno mentre si strofina gli occhi.
-Le quattro e trentasette di pomeriggio, e dobbiamo essere a lezione alle cinque-
Raccolgo piano i pezzettini di vetro che si sono sparpagliati ovunque e decido di metterli sotto al letto, almeno finché non avessi trovato un modo per buttare via i ciocchi senza essere scoperta dalla donna delle pulizie, la tremenda e orripilante Natalie Bane.
Alyssa non risponde, accenna un si con la testa ed entra in bagno.
Io decido di rifarmi la coda, che ormai aveva perso decenza, e mi infilo la giacca.
Afferro la cartella e aspetto Alyssa sulla porta.
Quando esce ha i capelli biondi raccolti in un grazioso chignon , il volto più sveglio e una camicia perfettamente stirata.
Anche lei indossa la giacca e afferra la sua cartella.
-Qualcheduno è di malumore oggi?- mi fissa con i suoi grandi occhi blu e fa uno dei suoi soliti sorrisini che alludono a volerne sapere di più.
-Io sono sempre di malumore, e poi oggi sta anche piovendo, perciò puoi solo immaginare- apro la porta e la chiudo con un tonfo.
Iniziamo ad incamminarci verso la classe di anatomia, che tanto per cambiare si trova troppo lontano da dove siamo noi in questo momento.
-Senti i tuoi genitori l'hanno fatto per te, non sarà così schifoso su, ci sono io con te, e con me non ti annoi mai-
-Lo so Aly ma... tutto questo non so se riuscirò a reggerlo, per te è normale, insomma sei già stata in una scuola privata prima d'ora, invece io sono sempre stata abituata a scuole normali dove incontri gente normale, qui a parte noi due ,sembrano tutti degli automi-
Alyssa mi scruta, provando a cercare una risposta per contraddirmi e per farmi pesare di meno la situazione, ma non riesce comunque a darmi torto.
E ciò è strano visto che lei di solito lo fa.
Alyssa Jensen è sempre stata la tipica ragazza acqua e sapone, la tipica ragazza che non ha bisogno di trucco o bei vestiti per apparire bella, ma basta che sfoggi uno dei suoi sorrisi più sinceri per piacere alla gente.
Ci siamo conosciute dopo la fine della seconda elementare, durante le vacanze estive.
Sia i miei genitori che i suoi erano invitati ad un grazioso matrimonio in riva al mare di chissà quale amico di papà.
Abbiamo legato fin da subito, fin da quando, dopo esserci intrufolate di nascosto all' interno della cucina del ristorante, ci siamo fatte un abbuffata di ogni tipo di pasticcino.
-Okay, Cam hai ragione, è una rottura, ma pensa che se non avresti accettato l'idea di venire qui, saresti stata costretta a studiare per tutte le vacanze estive senza poter uscire di casa.
E poi altro che segregazione, questa scuola ti sembrerà un gioco.-
-Infatti l'ho fatto solo per la mia indipendenza estiva e per convincerti ad accompagnarmi alla festa di Miles Baker il 18 luglio- la punzecchio e le sue orecchie diventano rosse.
-Sai che non verrò, c'è quello stronzo di Paul, e non ci tengo a rivederlo-
-Beh c'è anche Daniel se è per questo-
Ci guardiamo in faccia e iniziamo a ridere.
Ci intendiamo al volo in una maniera che solo due sorelle possono fare.
Dopo circa dieci minuti o forse di più, tra risate, soste alle macchinette più vicine, spintoni e chiacchiere, arriviamo finalmente davanti all'aula.
Prendo coraggio e abbasso la maniglia.
Subito un odore di disinfettante e ospedale mi invade le narici, provocandomi un senso di nausea e mal di testa.
Odio quell'odore.
-Clark, Jensen muovetevi, sono già le 5 e sei minuti, volete che vi metta un ritardo?- scuotiamo la testa all'unisono e ci sediamo ai nostri banchi.
L'ora di anatomia è gia molto pesante di suo, in più se mettono come professoressa la signora Smith, diventa un vero e proprio suicidio.
Afferro il mio libro e mi immergo nel mio fantastico mondo fatto di unicorni e cioccolata.
Durante tutta l'ora riesco a intercettare tutto tranne la lezione.
-Dimmi che stai prendendo gli appunti- indico il quaderno di Alyssa sbadigliando e sostenendomi la testa con l'altra mano.
-Appunti presi capitano- mette una mano in fronte come un soldato.
Inizio a ridere senza sosta finché non mi strattona.
-Si questa si che era buo...-
-Signorina Clark sarebbe così gentile da accomodarsi fuori e fare il circo da altre parti, grazie-
Subito alzo la testa e mi rimetto a sedere ordinata.
Tutta la classe mi fissa senza nessun mormorio.
Nella mia vecchia scuola probabilmente avrebbero tutti riso insieme a me, qua invece, in questo stupido collegio, tutti sembrano essere dei robot sintonizzati solo per obbedire, stare composti e studiare.
Con noncuranza mi alzo e mi dirigo verso l'uscita.
Finalmente posso respirare aria sana.
Sbuffo e mi appoggio al muro.
Dopo circa un quarto d'ora però mi stanco e decido di andare al bagno.
Mi tolgo la giacca e la cravatta e mi sciacquo il viso.
Sapevo che i miei genitori non mi avrebbero mai perdonato il fatto di essere stata rimandata in tre materie.
Mi avevano fatto discorsi su discorsi su come avrei potuto saltare una dolorosa punizione ed erano giunti al punto che la loro figlia sedicenne, che ormai aveva perso completamente la testa, sarebbe dovuta andare in un collegio prestigioso per salvarsi le penne.
Al momento ci stavo credendo, ma guardandomi tre mesi a questa parte, avevo capito che stare qui era la peggior punizione che si potesse avere.
E se non avessi superato al meglio quest'anno ne avrei ricevuto delle peggiori.
Ormai sconfortata decido di uscire dal bagno e ritornare al punto di partenza.
Mi risiedo accanto alla porta e aspetto con ansia la fine della lezione.
-Ahia, sbattuta fuori?- mi giro di scatto e vedo delle scarpe nere tirate perfettamente a lucido, pantaloni stirati alla perfezione, camicia posta accuratamente al loro interno e un ragazzo poco più grande di me che mi fissa sorridendo.
-No ma ti pare? Sono uscita per ammirare il paesaggio- mi rialzo e cerco di aggiustarmi la gonna che non si addiceva per niente ad una ragazzina graziosa.
Ride di nuovo e questa volta gli si forma una tenera fossetta sulla guancia.
-Beh brutta storia, cerca di non farti sbattere fuori troppe volte ragazzina, o alla fine ti sbatteranno fuori da quella di porta- indica l'entrata del collegio e con le braccia conserte si appoggia al muro.
-Beh grazie per il consiglio, devo dire che sei un tipo molto simpatico- sfoggio uno dei miei sorrisi più falsi e mi giro dandogli le spalle.
-Scusami e che mi ricordi un po' me i primi anni in cui sono venuto qua, e fidati ci mancava davvero poco che saltassi quella porta-
Mi rigiro e lo guardo più attentamente.
È un tipo abbastanza alto, con dei capelli neri ordinati ma non troppo, e due occhi verdi.
-Anche tu sei stato mandato qua per volere dei tuoi?-
-Eccome, entrare nella scuola privata più prestigiosa di Londra non era nei miei standard-
-Sei di queste zone?- chiedo subito, notando la sua carnagione troppo abbronzata per essere di queste parti.
-California, tu?- alza un sopracciglio
-Florida, accidenti due aspettative distanti per Londra-
Ride ma non risponde, tende solo a muovere leggermente la testa e spostarsi dal muro.
-Ci vediamo em...come hai detto che ti chiami?
-Camille, Camille Clark, e tu?
-Chiedi in giro, ti sapranno rispondere-
Strizza l'occhio e se ne va via.
Per un po' resto confusa e a dire il vero mi da un po' sui nervi il fatto che comunque dopotutto abbia dimostrato che era un tipo che se la credeva e non poco.
Alibita da quell' incontro decido di non pensarci troppo e inizio a massaggiarmi le tempie.
Circa una ventina di minuti dopo suona finalmente la campana e io e Alyssa ci fiondiamo dritte verso la mensa.
Bene,che la storia abbia inizio.