«Eccoci...». A quella semplice frase di Kagami, detta in un tono intriso di agitazione ed una punta di malinconia, ma soprattutto di determinazione, Yuki alzò gli occhi neri dal pavimento lucido dell'aeroporto. Il tabellone con affissi gli orari di partenza e arrivo spiccava appeso al soffitto dell'edificio.
Le pupille della ragazza studiarono con un minimo di riluttanza e rassegnazione ogni parola, ogni città, ogni numero esposto, fino a soffermarsi su una particolare destinazione, quella che avrebbe voluto evitare di vedere fino all'ultimo, quella verso la quale Kagami era diretto: Los Angeles.
Erano quasi le dieci ormai, e intorno a loro decine e decine di uomini e donne camminavano, alcuni addirittura correvano, con valige di ogni colore e dimensione al seguito, molti da soli o con amici, altri con la famiglia, compresi bambini grandi e piccini.
Tuttavia, nonostante la folla di persone che si accingevano ad imbarcarsi o ad aspettare pazientemente il proprio volo fosse a tratti insistente e soffocante, Yuki sembrava non porvi l'attenzione che normalmente avrebbe riservato ad un tale via vai di individui. Solitamente avrebbe osservato ciascuna figura intenta a passarle accanto o di fronte; avrebbe posato lo sguardo sul viso di ognuno, sarebbe rimasta alcuni secondi ad analizzarlo per poi posare ancora una volta gli occhi a terra, focalizzandosi sulle linee che delimitavano le grandi piastrelle chiare e facendo attenzione a calpestare per bene quelle che non aveva potuto evitare.
Non era la prima volta che vedeva Kagami partire, e forse era proprio quel dettaglio a distrarla e a sommergerle la mente di pensieri, parole, ricordi. L'America, che il ragazzo tanto amava, non era così vicino come aveva cercato invano negli anni di convincersi a credere. Dopotutto non appena fosse salito su quell'aereo e fosse arrivato in una delle più grandi città degli Stati Uniti, ben dieci ore di volo (o anche più) li avrebbero separati, e questo pensiero altro non faceva che rendere la corvina più nervosa del rosso stesso.
La prima volta avevano all'incirca otto o nove anni al massimo, e l'unica emozione che l'aveva totalmente sopraffatta nel fatidico momento della partenza era stata un'enorme tristezza. Quel giorno, la situazione era differente.
Era consapevole che il più alto sarebbe stato via solo qualche giorno e non interi anni com'era successo tempo prima, ma non riusciva a non immaginarsi cosa avrebbe fatto, lei, nel frattempo. Quando era con Kagami si sentiva quasi tranquilla, i suoi rituali sembravano assillarla ma non troppo, e quando parlavano o rimanevano semplicemente insieme la sua mente si calmava; tanto che da piccola, fino al primo viaggio di lui, era arrivata a credere che fosse una specie di mago capace di mettere a tacere i suoi pensieri e di scacciarli.
Come se non bastasse la Winter Cup era alle porte, e più pensava, più rifletteva sulle partite che avrebbero dovuto affrontare, più l'unica persona su cui riusciva a focalizzarsi era Akashi Seijuro.
Un paio di volte la corvina fu addirittura sul punto di dire a Kagami quanto avesse scelto il momento peggiore per andarsene, ma ogni volta si ritrovò a ripetersi quanto fosse egoista.
"Sta partendo per migliorarsi, per dare una mano alla squadra", era diventata la frase di rito. "Akashi e tutto il resto possono anche aspettare a darti problemi".
La voce femminile dell'altoparlante iniziò a parlare, avvisando Kagami e gli altri futuri passeggeri a recarsi al gate numero 5, e risvegliandola.
«È il mio...». Il rosso rimase qualche istante ad osservare il tabellone scuro e stringe il pugno intorno alla fascia del borsone che aveva a tracolla.
Yuki si voltò a guardarlo tenendo la testa un po' bassa: aveva la stessa espressione felice ed emozionata di quel bambino di otto anni che conosceva bene. Un piccolo sorriso le comparve sul viso, come se quello sguardo così determinato fosse sufficiente a tranquillizzarla, senza nemmeno saperlo.
«Dovresti cominciare ad andare..!». La corvina si morse il labbro. La voce le era uscita fin troppo tremolante per essere convincente.
«Sei sicura di non voler venire anche tu? Sono sicuro che Alex ti piacerebbe, e che tu piaceresti a lei!».
Un sorriso incerto donò all'espressione della ragazza un che di malinconico.
«Stai tranquillo, Kagami... Devo occuparmi della Seirin in tua assenza, e aiutare Riko-san a prepararli prima che torni in Giappone! Tra l'altro, non ti sembra un po' tardi per rimuginarci su? Non ho nemmeno preso il biglietto!».
Il rosso mise il broncio borbottando e distogliendo lo sguardo da quello della più bassa.
«Ti metterei in valigia, sono sicuro che ci staresti benissimo...».
La corvina scoppiò in una piccola risata, dopo qualche attimo di silenzio.
«Non era una battuta, è vero!», esclamò Kagami, senza trattenere un sorriso.
Gli altoparlanti trasmisero nuovamente la voce femminile, che ripeté per la seconda volta l'avviso di poco prima.
La ragazza abbassò lo sguardo con le labbra curvate lievemente all'insù ma gli occhi lucidi. Prese a torturarsi le dita, non sapendo bene cosa dire o fare. Non aveva il coraggio né la forza di guardarlo negli occhi, e al contempo era certa che se non l'avesse salutato nel modo migliore se ne sarebbe pentita amaramente i giorni successivi. Lo sguardo del giocatore si posò su di lei.
Ci furono secondi di silenzio, quel tipico silenzio che precede la tempesta.
Kagami lasciò andare la valigia, che fortunatamente rimase in piedi, e circondò le spalle della ragazza, che si ritrovò in pochi istanti con il viso nella sua maglia.
Non appena riuscì a realizzare quanto appena accaduto, e che quella semi-oscurità in cui era caduta era stata causata dall'abbraccio del più alto, la vista della corvina le si appannò sempre più, offuscata dalle lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro. Portò le braccia intorno al corpo del ragazzo, strofinando il volto nel tessuto scuro, abbassando le palpebre nell'istante in cui sentì il peso della mano di lui sulla sua testa.
Le dita del rosso si infilarono tra i folti capelli neri, e presero ad accarezzare la chioma scura e mossa, mentre il braccio che ancora le cingeva le spalle la stringeva di più a lui.
«Tornerò presto, più forte di adesso... Te lo prometto», disse in un sussurro, quasi come se quello fosse stato un segreto tra loro due. Yuki annuì, e dopo qualche secondo si separò a malincuore dal corpo del più alto.
La ragazza tentò di offrire all'amico il sorriso più naturale possibile, mentre le pupille si fissavano nelle sue in un disperato tentativo di trasmettergli ciò che non era in grado di proferire a parole.
«Ti aspetto a casa, Taiga...».
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Will you still be there for me?
FanfictionPRESENZA DI OC. Kagami è appena partito per l'America poco prima della Winter Cup, lasciando qualche giorno Yuki in balìa dei suoi pensieri. Quali ricordi affioreranno nella sua mente, ora che il momento della verità è vicino? E quale sarà l'incontr...