14

2K 64 0
                                    

Arrivo a St. Augustine dopo quattro ore di viaggio. Sono scosso dai brividi e ho le mani letteralmente ghiacciate, perciò le sfrego l'una contro l'altra per tentare di riscaldarle almeno un pò.
Ho accostato davanti ad un parco giochi per bambini e ora non mi resta altro che chiedere indicazioni.
La madre di Emily non ha saputo dirmi il nome dell'Istituto, perciò sarà una vera e propria impresa.
Non appena scorgo un anziana signora passare sul marciapiede mi precipito verso di lei.
<<Mi scusi>> dico picchiettandole un dito sulla spalla.
Che gesto infantile. Mi vergogno di me stesso.
La signora si volta lentamente. <<Sparisci, sbandato!>>.
Arretro di un passo nel vederla afferrare la borsetta e tentare di scagliarmela contro. <<Ehi, che sta facendo?>>.
<<Ragazzaccio tatuato! Drogato!>> esclama.
D'accordo, la signora non si sbaglia, ma non ha comunque il diritto di trattarmi così; dopotutto non mi conosce.
<<Signora, non sono drogato>> dico schivando la borsetta che mi sfreccia accanto al viso.
Si ferma e mi guarda. <<Vuoi per caso i miei soldi? Hai intenzione di derubarmi? Ebbene, io non te lo permetterò! Drogato, ragazzo di strada>>.
Decido di lasciar perdere. <<Ehm... arrivederci>>.
Mentre mi allontano a grandi passi la sento gridare : <<Delinquente! Maledetto sbandato!>>.
Una famiglia composta da madre, padre e tre figli viene nella mia direzione, perciò ne approfitto per chiedere indicazioni.
<<Scusate, sapete dirmi dove posso trovare l'Istituto per bambini con... disturbi del tipo depressione, ansia...>> lascio la frase in sospeso, non sapendo come continuare.
La donna annuisce. <<Si, l'Augustine Centre. É ad un isolato di distanza da quì. Lo riconoscerai subito; la struttura é in pietra rossa e i cancelli sono bianchi>>.
La ringrazio e corro verso l'Istituto.
Non appena mi ritrovo davanti al cancello bianco latte suono il campanello, restando in attesa.
Aprono quasi immediatamente ed io mi fiondo dentro, guardandomi attorno, curioso.
Quando il portone in legno di quercia si apre mi faccio da parte.
<<Desidera?>> domanda una donna comparendo sulla soglia.
Tossisco, nervoso. <<Ehm... desidero vedere una bambina che è ricoverata quí>>.
La donna si prende alcuni secondi per osservarmi, dopodichè mi fa cenno di entrare.
L'interno ha un aria angusta e tetra. Le pareti sono di una tonalità parecchio scura di bordeaux, tenente al nero, mentre il pavimento e il soffitto sono in legno di quercia, come la porta. Gli arredi sono a dir poco terrficanti; si passa dal legno scuro al dorato e cosí via sino al bianco e l'argento. In poche parole questo posto non ha alcun tipo di stile.
<<Dovrà firmare un foglio>> dice la donna facendomi strada lungo un corridoio privo di finestre.
<<Ah>> dico osservando il pavimento. <<Che tipo di foglio?>>.
<<Un documento>> spiega. <<Ogni visitatore firma un documento>>.
Decido di non dire altro e mi limito a seguirla all'interno di una stanza.
Mentre lei fruga all'interno dei cassetti di una piccola scrivania dorata io resto fermo accanto alla porta.
Mi fa cenno di avvicinarmi. <<Venga quì>>.
Faccio qualche passo verso la scrivania e quando mi porge una penna argentata scarabocchio il mio nome accanto a quello di altre persone che probabilmente si trovano quí.
<<Per chi è venuto?>> domanda la donna riprendendo la penna e riponendo il foglio nuovamente dentro al cassetto.
Sospiro. <<Kara Ray>>.
Sul suo volto si dipinge un espressione corruciata e afflitta. <<Se me lo avesse detto prima avrei evitato di farla entrare>>.
<<Cosa...? Perché?>> domando.
<<La signorina Ray non è in condizioni di ricevere visite>> spiega. <<Sarebbe inutile>>.
<<No>> dico. <<Devo vederla>>.
La donna esce dalla stanza e io le corro dietro.
<<Non servirebbe assolutamente a niente, dal momento che pare non apprendere>> dice salendo le scale.
Non ho idea di dove sia diretta, ma continuo a tenerle dietro nonostante, per non essere piú una ragazzina, abbia un passo tanto svelto da farmi faticare.
<<Beh, se proprio insiste>> dice una volta al secondo piano, indicando una porta rosa. <<La signorina Ray si trova in quella stanza>>.
Non mi lascia il tempo di dire una parola e se ne va.
Sospiro e apro lentamente la porta della stanza. La scena che mi si para davanti é letteralmente scioccante.
Kara se ne stà seduta su una sedia a rotelle, con la testa china e lo sguardo perso nel vuoto. Nonostante la televisione sia accesa lei la ignora e non capisco se lo fa volontariamente o meno.
Mi avvicino, tentando di fare rumore con i piedi, nella speranza di capire se riesce a sentirmi. Nessuna reazione.
Una volta che mi trovo davanti a lei mi chino, posandole le mani sulle ginocchia e guardandola dritto negli occhi.
<<Kara...>> sussurro, ma lei non mi guarda. <<Ehi, piccola... sono Chris. Mi riconosci?>>.
Il fatto che non abbia alcun tipo di reazione è davvero frustrante. La ricordo ancora con il sorriso stampato sulle labbra e la mente colma di domande da porre a ruota a chiunque. Era una bambina felice, nonostante tutto ciò che ha passato; voglio rivederla cosí.
Lancio un occhiata all'orologio appeso alla parete. È molto tardi e più passa il tempo più le possibilità di riuscire a parlare con Emily diminuiscono, ma al momento Kara ha bisogno di me, forse più di quanto ne abbia Emily.
Mi tiro su e la prendo in braccio, stringendola forte a me e posandole un bacio sulla testa. Non muove un solo muscolo.
Chiudo gli occhi, ferito da questo sua indifferenza involontaria. <<Kara, dì qualcosa... guardami>>.
La faccio sedere nuovamente sulla carrozzina e, prendendole il viso fra le mani, noto che i suoi occhi sono lucidi e una lacrima corre sulla sua guancia.
Mi mordo il labbro. Non accetto questa situazione, non sopporto di vederla così, non voglio vederla in questo stato. Deve tornare ad essere quella di prima.
<<Ti porterò via di quì, te lo prometto>> sussurro.
Non so se sia per via della stanchezza che mi porto dietro o per il fatto che sono talmente triste a causa di questa situazione che immagino cose inesistenti, ma mi sembra di vederla accennare un sorriso.
La abbraccio ed esco dalla stanza, sentendo una stretta al cuore al pensiero di doverla lasciare in questo posto ancora per un pò.
Prima ho bisogno di andare da Emily, ma qualsiasi cosa accada tornerò quì a prendere Kara per portarla via con me; non so dove, ma qualsiasi posto sarà migliore di questo. Non ha bisogno di cure... ha bisogno di avere accanto le persone che ama e se tutto é cominciato a causa del mio arresto il compito di prendersi cura di lei è mio.

My Everything #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora