II

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Curioso il fatto che svegliarsi non implica andare a dormire la notte dopo. Al fronte, ogni giorno è l'ultimo. Questo è forse il motivo dei crocifissi ad ogni lato, delle trappole esplosive da calare in caso di cattura della trincea, delle trincee stesse imbottite di tritolo pronte ad esplodere ad un leggero comando.
Arrivare alle trincee, la seconda fila dietro la prima del fronte, non fu facile. Quel fronte specialmente, veniva combattuto nel gelo, molto spesso sotto la neve. Le trincee, comunque, erano profonde abbastanza e costruite in modo tale che servissero anche come riparo dalle intemperie: nessuno osava dare l'assalto con la neve o con il vento forte. Le piccole stanze ricavate nella terra e, molto spesso, nella roccia viva dagli ingegneri era quello che si poteva più ambire sul fronte. Salvo gli scossoni in caso di bombardamento, le stanze erano calde e sicure, un complesso sistema di tubi in ferro faceva passare acqua calda all'interno dei tunnel, riscaldandoli e creando un posto tuttavia accogliente. Certe volte, la fanteria scavava tunnel secondari in cui poggiarsi a bere il caffè o fare una partita a carte. Può sembrare assurdo, costruire tutto ciò per poi avere il pericolo di finire catturati e sfruttati dal nemico. In realtà, le trincee duravano intere settimane, se non mesi, prima di cambiare proprietario. E, guardando il dilungamento di questa già notevole guerra, si poteva anche capire come le trincee alla fine passavano da proprietario in proprietario, poi venivano catturate e così via, anche se erano imbottite di esplosivo, nessuno osava farle saltare in aria. Neanche i gerarchi in comando. Spesso, la fanteria che veniva richiamata alla pulizia dei tunnel doveva portare segatura e terra fresca per cercare di asciugare il sangue.
Sander e la sua compagnia scesero qualche chilometro prima del fronte, dal treno che li aveva portati fino quasi sotto le montagne. Camminarono per un po', in salita, poi si fermarono al piccolo tempietto a quota 1300 metri, qui pregava chi voleva pregare, fumava chi voleva fumare e guardava l'orizzonte, le distese verdi di casa.
Le trincee erano a quota 1700. Gli ingegneri erano stati bravi a costruire la funivia per portare sopra fucili e pezzi di ricambio. Grossi cavi grigi correvano per centinaia di metri sorretti da immensi pilastri di freddo acciaio. Le pulegge da una parte tiravano sopra le ceste, mentre per riportarle giù si servivano dell'altro cavo.
Fulvio arrivò sopra già stanco, un po' come gli altri. Inutile cercare di mettere mano alla cioccolata, quindi per arrivare sopra dovettero solo stringere i denti e camminare.
La seconda linea di trincea era trecento, forse quattrocento metri dietro alla prima. Era posta convenientemente su una collinetta che si estendeva in orizzontale, in modo tale che ci fossero bunker sul lato che dava verso le linee avversarie. Dietro alla collina si aprivano diverse strutture metalliche simili ad hangar, grosse e che contenevano le Armi Miracolose, pronte per il grande assalto e la vittoria della guerra. Alcuni esseri erano alti come una casa, altri raggiungevano i quattro metri e dentro potevano entrarci solo due piccoli uomini: questi erano gli scout della situazione e imbracciavano un fucile di grosso calibro capace di distruggere le postazioni trincerate nemiche.
Quello che colpì di più Sander fu la presenza, negli arsenali posti fuori dalle entrate dei bunker in attesa di essere portati dentro, di lance e spade. Retaggio di una guerra andata persa nel passato ma che offriva sempre il proprio appoggio. In dotazione, comunque, c'erano spesso mazze e piccozze, sia per spaccare il ghiaccio che per spaccare teste. Proprio perché l'equpaggiamento che portavano lassù lasciava il tempo che trovava, i soldati aggiungevano un chiodo lì e una guardia là, per costruire l'arma che più li interessasse.
Dato che una tempesta aveva tagliato la linea di battaglia la notte scorsa, il comandante del plotone li fece fermare nella seconda linea, facendoli accomodare negli hangar dove c'erano le Armi Miracolose o nei tunnel. Anche gli hangar erano caldi, grazie alle caldaie che scaldavano l'acqua per tutto il sistema e le caldaie degli esseri metallici, quindi quasi nessuno si lamentò.
A Sander toccò scivolare tra casse e barili per entrare nella rete di tunnel. Di certo trovare la "stanza 32" non era semplice dentro quello spazio così angusto, dove bisognava fermarsi e lasciare la precedenza come con le carrozze. A vedere gli altri soldati, che spesso erano rimasti stanziati in quei tunnel per settimane, pareva un gioco da ragazzi infilarsi per quei tunnel. Poi ci si rendeva conto che non era poi così semplice trascinarsi per decine di metri e che la branda nell'hangar non era poi così malvagia.
La stanza non era più grande di due metri per due, con due brande e un fornelletto per il caffè. Sulla parte più estrema, sulla sinistra, passavano i tubi dell'acqua calda. Non era raro ustionarsi a causa di quelli.
La notte passò svelta. Ogni tanto, Sander si svegliava a causa dei tremori della terra, dati forse dai bombardamenti che cadevano vicini, di qualche granata che esplodeva dietro la collina durante una delle esercitazioni notturne, o lo sà Dio perché la terra tremava appena il ragazzo chiudeva gli occhi.
Si sentiva comunque al sicuro, lì dentro. Dovette anche togliersi la giacca per il caldo che c'era, e svegliarsi al sicuro insieme al suo compagno di stanza attivava una di quelle sensazioni che ti fanno rilasciare la vescica per l'eccessiva tranquillità.
Sander dovette trattenerla per almeno cinque minuti, ogni tentativo che faceva per trovare una delle uscite risultava in un giro tondo.
Solo dopo una dozzina di tentativi, riuscì ad uscire dal tunnel, individuare una latrina e usarla con grande piacere.
Nonostante quella grande sensazione di sicurezza, Sander era eccezionalmente sicuro che non sarebbe continuata ancora per molto.
Fulvio lo incontrò mentre andavano a mensa per colazione. La mensa era un misero tavolo dove venivano dati un piatto con il latte ad ogni soldato, e due biscotti di cereali per non mandarli a morte stitici.
Sander dovette ascoltarlo mentre si lamentava del rumore delle caldaie, zittendosi appena il giovane gli chiese se preferiva stare a dormire in mezzo alla neve o in mezzo a caldo ferro quasi arroventato.
Sander mangiò i biscotti e bevve il latte in piedi, visto che di tavoli e sedie non c'era nemmeno l'ombra. Trovò i biscotti duri e il latte che sapeva di carta, ma la colazione era la colazione. I ragazzi vennero poi accompagnati sull'altura, che dava sulle trincee. Sembrava una giornata tranquilla. Quando Fulvio passò il cannocchiale a Sander, il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Poggiò l'occhio nell'incavo e osservò in silenzio. Da una parte, la loro parte, sulla trincea sventolava una fiera bandiera bucata: il bicolore giallo e rosso con la stella nel mezzo. La bandiera per cui combattevano.
Dall'altra, due bandiere: una bianca con una croce blu notte al centro e l'altra con due diagonali e un uomo con un cappello piumato al centro. Quelle trincee erano il loro prossimo obiettivo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 22, 2017 ⏰

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