Un nuovo inizio

492 24 1
                                    

Capitolo VIII

Speranza.
Non aveva perso la speranza.
Dopo tutto quel tempo, dopo tutti quegli anni vissuti nella completa solitudine, nel pensiero costante che non fosse rimasto più nulla per cui vivere, nonostante persino lui non lo credesse più, nel suo cuore era rimasto un briciolo di speranza.
La Bestia rimase immobile, guardando quella splendida fanciulla che fino a poco prima lo aveva temuto a tal punto da immobilizzarsi, guardarlo a sua volta con aria dolce e un lieve sorriso che le colorava le rosee labbra. Non se ne sarebbe andata. Non lo avrebbe abbandonato, sebbene lui le avesse dato la possibilità di farlo.
Lei, che fino a quel momento non aveva desiderato altro che poter tornare dal fratello e ritornare alla sua semplice vita, d'un tratto s'era risvegliata come da un torpore, e s'era finalmente resa conto che non era arrivata in quel castello per caso, ma perchè lí c'era qualcuno che aveva bisogno di lei, più di chiunque altro al mondo.
Ci fu un lungo silenzio tra i due poi Belle, con voce gentile, parló:
-Vi chiedo di perdonarmi.
Il padrone ebbe come un fremito: non gli aveva mai parlato così prima d'ora. Prima, quando trovava il coraggio di parlargli, dalla sua bocca uscivano poche parole, tremanti e talvolta arrabbiate, ma questa volta quelle parole risultarono così sincere, angeliche, dolci.
-Ho sbagliato tutto, sin dall'inizio. Non avrei mai dovuto giudicarvi senza prima sapere nulla di voi.
Vi ho fatto una promessa, e ho intenzione di mantenerla, ma vorrei che ricominciassimo daccapo, perchè questa volta vorrei conoscervi per come siete, non per come apparite.

***

Una mattina Belle scese in giardino. Portó con sé il suo blocco da disegno e una matita e iniziò a ritrarre un simpatico pettirosso, intento a gustarsi una succosa bacca di uno degli alberi di gelso che facevano ombra al laghetto dietro il castello.
I tratti si muovevano leggeri sulla carta, la mano non tremava.
Non aveva più paura del padrone, non ne aveva più motivo. Dopo quella sera non si era più fatto vedere, non avevano più parlato, ma Belle sentiva di respirare un'aria nuova lì al castello, e si sentiva molto più tranquilla.
Aveva pensato tante volte a Leonard, al fatto che lui non sapesse e non potesse sapere che lei stava bene, e questo era il pensiero che la tormentava di più. Nonostante ciò, quelli furono giorni molto tranquilli per lei, solitari, è vero, ma furono per entrambi, per lei e per il padrone, anche molto utili, per lasciare che l'imbarazzo si affievolisse, in modo tale da poter davvero ricominciare daccapo.
Purtroppo il pettirosso aveva finito il suo pranzetto ed era volato via, ma per Belle, che aveva un talento sorprendente, non fu difficile terminare il disegno, che era davvero splendido.
Era intenta a rifinire qualche dettaglio delle penne delle ali, quando alle sue spalle udì un rumore di passi.
-Cosa fate?
Le chiese una voce timida e gentile.
-Disegno.
Rispose lei con altrettanta gentilezza.
-Posso vedere?
Belle gli porse il blocco, lui si chinó affianco a lei per prenderlo e la sua grande zampa grigia e la delicata mano della fanciulla per un momento si sfiorarono; lui temette che la ragazza inorridisse a quel contatto, ma, con sua grande sorpresa, non si ritrasse e gli lasció il disegno tra le zampe. Quei tratti così gentili ma precisi, leggeri ma sicuri formavano un disegno davvero incantevole.
-È bellissimo.
Disse lui con piacevole sorpresa di Belle.
-Vi ringrazio.
Belle lo guardó in volto, ma il cappuccio lo oscurava completamente. Chissà, pensava, rivedró mai quegli occhi azzurri, celati sempre nell'ombra?
Il padrone se ne accorse, allora la fanciulla abbassó lo sguardo, e si mise a giocherellare con i fili d'erba, senza strapparli. Entrambi sospirarono per l'imbarazzo, allora Belle disse la prima cosa che le balenó in mente:
-Anche il mio giardino è pieno di viole.
-Anche il vostro?
Domandó curioso il padrone.
-Si. Io e mio fratello Leonard le abbiamo piantate dopo la morte dei nostri genitori. Sono una sorta di simbolo di famiglia.
-Si...in un certo senso anche per me è così.
Sorrisero entrambi, con un velo di imbarazzo: erano estranei, dopotutto.
Per evitare che ripiombasse il silenzio, questa volta fu la Bestia a parlare:
-Vi andrebbe se vi mostrassi il giardino?
A Belle si illuminarono gli occhi.
-Si, sarebbe meraviglioso.
Così i due fecero una lunga passeggiata per l'immenso parco, in parte sotto la piacevole ombra dei solenni alberi secolari che troneggiavano, immensi, come sovrani fieri e saggi, in parte riscaldati dalla tiepida luce del primo sole autunnale. La fanciulla rimase estasiata alla vista di piante tanto enormi e bizzarre; aveva una buffa espressione sul volto, che riuscì a strappare un sorriso divertito alla Bestia, che da anni non aveva mai avuto motivo di sorridere. Non parlarono durante la passeggiata, ma quel silenzio, a differenza degli altri, non era stato imbarazzante, anzi, a dire il vero piuttosto piacevole. Si sedettero sul bordo di una splendida fontana di pietra, dalla quale zampillava fresca acqua cristallina. S'era formata un'atmosfera piacevole. Era una bella giornata, dopotutto.
-Posso chiedervi una cosa?
-Dite.
Belle abbassó lo sguardo per paura che quella fosse una domanda troppo azzardata, ma era da tanto che voleva chiederlo al padrone e quello le sembrò il momento adatto per farlo.
-Forse... so che vi dà fastidio, ma... volevo chiedervi se... poteste scoprirvi il volto.
Subito l'aria divenne tesa.
Il padrone, che fino a poco prima sembrava a proprio agio, almeno in parte, ora s'era notevolmente irrigidito, e anche il suo tono era cambiato.
-Perchè mi chiedete una cosa del genere?
Domandó freddo.
-Perché sono qui da giorni e ancora non ho potuto vedervi.
Rispose tranquillamente Belle.
La ragazza vide che quello che aveva chiesto turbava profondamente la Bestia.
Doveva odiare profondamente il suo aspetto.
-Perdonatemi, non volevo creare questa situazione spiacevole.
Belle abbassó lo sguardo dispiaciuta.
-No, non è colpa vostra. È solamente che ho paura di spaventarvi.
La ragazza si sentì stringere il cuore. Lo guardó con gentilezza e compassione: in quel momento sentì un profondo senso di tenerezza.
-Non vi dà fastidio il fatto di dover stare sempre nascosto, di non poter mai guardare il mondo senza che l'ombra del vostro mantello vi oscuri, di dover stare attento che la luce non vi accarezzi, solamente perché avete paura che mi spaventi? Non vi sentireste più libero senza l'ombra che vi avvolge?
La Bestia volse lo sguardo verso la fanciulla; Belle capì che non sapeva cosa fare: certo, senz'altro si sarebbe sentito più libero senza quel mantello nero addosso, ma forse la paura di non essere accettato e di poterla spaventare a causa del proprio aspetto era più grande del desiderio di libertà.
Il padrone abbassó lo sguardo.
Belle, che provava una compassione smisurata per quella povera creatura che le era seduta accanto, sentì una fitta al cuore nel vedere che la Bestia avrebbe voluto davvero guardare il mondo con occhi nuovi, senza il costante timore di essere visto, di spaventarla, ma quello stesso timore lo bloccava, e forse, con il passare del tempo, sarebbe cresciuto ancora di più.
La ragazza gli si avvicinó un poco, allungó le mani sino a sfiorare l'orlo del cappuccio nero della Bestia e, con grande stupore del padrone, con un movimento delicato, glielo tolse.
Subito i loro occhi si incontrarono: due occhi verdi, verdi come i prati delle colline in estate, calmi e profondi come le acque di un lago di montagna, guardavano senza paura due splendidi occhi azzurri, azzurri come il riflesso del cielo limpido sul freddo ghiaccio d'inverno, come le fresche onde del mare che si infrangono sugli scogli. Erano quelli gli occhi che Belle aveva visto, illuminati da un sottile fascio di luce, il giorno in cui prese il posto di suo fratello, ma erano diversi: non erano più freddi e spenti, ma vivi e... incredibilmente umani.
Nonostante il volto della Bestia fosse mostruoso, come la sua figura, con labbra scure dalle quali spuntavano due grandi canini, con zigomi pronunciati, grandi arcate sopraccigliari e interamente contornato da una castana criniera leonina, quei due splendidi occhi lo rendevano molto meno mostruoso di quanto potesse immaginare Belle, che infatti non provó nemmeno un briciolo di paura.
Nascosto da quelle mostruose apparenze, alla ragazza parve addirittura di vedere un volto, il volto di un ragazzo.
La Bestia la guardava stupito e incredulo, come se non si aspettasse che la fanciulla rimanesse così calma dopo averlo visto in volto, e il cuore gli esplodeva nel petto; lei lo osservava curiosa con i suoi occhi gentili, infine lo guardó dritto negli occhi e gli sorrise, come per dirgli: "Visto? Avevi tanta paura per niente".

Il principe maledettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora