C'è qualcuno?

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Il Maestro di Cerimonia sedeva su una poltrona di velluto e guardava Henry dritto negli occhi. Le sue dita affusolate e femminee, color avorio e cinte dalle fasce di anelli preziosi, stringevano delicatamente un magnifico calice colmo di vino italiano. Il fuoco scoppiettava nel camino e la sua luce baluginante trovava riflesso nelle lame delle spade attaccate al muro, negli elmi delle armature e nelle canne di vecchie pistole. Henry si sentiva a disagio dallo sguardo e dal silenzio del suo elegante anfitrione, ma si impose di non distaccare lo sguardo. Aveva lavorato duramente per arrivare fin lì, voleva far parte di quella confraternita. 

«Come sei venuto a conoscenza della nostra organizzazione?» chiese il Maestro, la voce androgina e ambigua. Pur essendo abbastanza giovane, i suoi capelli erano bianchi come la neve. 

«Da amici»

«Amici bene informati»

«Voglio farne parte» disse Henry con enfasi. «Sono disposto a tutto. Voglio essere dei vostri.»

Il Maestro annuì e tacque, lo sguardo perso nel fuoco. 

«Per essere ammesso nella Confraternita dei Nascosti, bisogna superare una prova iniziatica» disse poi.

«Va bene, come vi pare» fece Henry, impaziente.

L’altro sorrise, mostrando denti perfetti. «Come corri, Henry. Non tutti sono riusciti a superarla ed è il genere di prova che si può effettuare una volta sola.» Bevve il suo vino, lentamente. «Noi la chiamiamo: “C’è qualcuno?”»

Venne condotto nei sotterranei del castello, dove l’aria era umida e pesante, pregna dell’odore della pietra umida. Si sentiva eccitato, quasi intimorito: il Maestro e i suoi due faccendieri vestivano con lunghi manti neri che strusciavano sul pavimento in pietra grezza, tenendo sollevate elaborate lanterne. 

Dopo una lunga rampa di scale che si avvitava giù in profondità, si trovarono di fronte a una grossa porta di legno indurito dai secoli e rinforzato da inserti in metallo. Era chiuso da sei enormi lucchetti. 

«Cosa ci tenete, qui dentro?» chiese Henry, il nervosismo nella voce.

«Solo tu puoi scoprirlo» rispose il Maestro, mentre gli altri due sbloccavano rumorosamente la porta. «La prova nella sua sostanza è semplice: dovrai entrare qui dentro e restarci fino a quando la sabbia di questa clessidra» - la indicò, incassata in una piccola nicchia nella parete - «non sarà scesa del tutto. Se avrai superato la prova, sarai ammesso fra i Nascosti e ti sarà concesso di essere messo a parte dei nostri più intimi misteri»

«Ancora non mi avete detto cosa devo fare qui dentro» protestò Henry, ma la sua lamentela fu coperta dall’agghiacciante cigolio dei cardini mentre il portone veniva spalancato su un buio così fitto da sembrare solido; una folata gelida fuoriuscì dalla camera buia con tale impeto da abbassare i cappucci sulle teste dei faccendieri, rivelando che anche le loro chiome, al pari del Maestro, erano candide malgrado la giovane età.

Henry guardò oltre la soglia: non si scorgeva nulla, era come se la luce proiettata dalle lanterne non riuscisse a penetrarne l’oscurità. Ora iniziava seriamente a dubitare della sua decisione. C’era qualcosa di strano in quel buio.

«Una volta dentro» mormorò il Maestro alle sue spalle, «dovrai chiedere “c’è qualcuno?”»

«Perché?» fece Henry, turbato. «Cosa c’è, lì dentro?»

«Niente più di quel che porterai. Ora entra»

«Io…»

«Entra!» lo spinse dentro con violenza. 

Barcollò nella stanza, gelida da mozzargli il fiato e girò su se stesso giusto in tempo per vedere il portone chiudersi. Vi si gettò contro, udendo i lucchetti scattare. 

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