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Appena varco la soglia vedo venirmi incontro Maria, la direttrice delle vendite con un espressione indecifrabile. "Di sicuro vorrá rimproverarmi per il ritardo" penso tentando di indovinare cosa le stia passando per mente. - Giulia finalmente! Sei in un ritardo allucinante, ma stavolta non ti assilleró - dice con un sorrisone isterico e nel frattempo tenta di abbracciarmi, ma il massimo che riesce a fare è una pacca sulla schiena. Maria é molto riservata, non è una tipa da abbracci o menate mielose, però proprio per questo mi ci trovo bene. È una di quelle che dice le cose schiettamente, e alle parole preferisce i fatti. Per me in questi mesi è stata un punto di riferimento importante, quando non avevo nessuno con cui parlare lei c'era sempre, e soprattutto senza giudicare mai.
Soffoco una risata per la sua goffaggine nel dimostrare affetto e la abbraccio io, stringendola tantissimo, per me quella donnina minuta sulla cinquantina dal caschetto biondo è davvero importante.
Dopo un aver ricevuto un po' d'incoraggiamento da Maria per quello che sto per fare, mi dirigo verso quell'ufficio, dove mi stanno aspettando un paio di tizi per firmare questa maledettissima carta di proprietà.
Apro la porta e i due omaccioni sulla sessantina sentendo il rumore scricchiolante della porta si girano verso di me. Uno di loro guarda l'orologio dell'ufficio e sbuffa, "che stronzo mamma mia, ho fatto 20 minuti di ritardo non 15 ore " penso mentre entro. -buongiorno, scusatemi per il ritardo, ho avuto un piccolo contrattempo, io sono Giulia Deloi- dico sfoggiando il mio sorriso migliore, anche se questi due non lo meritano assolutamente. -signorina, non abbiamo tempo da perdere, siamo qui per consegnarle l'impresa e le basta una firma qui E qui.- risponde il tipo che prima ha sbuffato indicando delle x segnate sul foglio. L'altro, un po' meno frustrato, mi saluta e mi indica con maggiore precisione i punti in cui devo firmare, aggiungendone uno che Mr Sgarbato si è dimenticato di segnare.
Mentre mi accingo a fare quello per cui sono qui, sento una scossa pervadere tutto il mio corpo, rimango immobile con la penna in mano per diversi secondi, lasciando scorrere davanti a me tutti i momenti passati qui, con papà ma anche con Mamma e Marco. Prima che una lacrima possa scendere dai miei occhi ormai inumiditi firmo, sicuramente uscendo fuori dei bordi per via degli occhi pieni di lacrime.
Prima di alzare la testa da quel foglio e consegnarlo cerco di asciugarmi gli occhi, odio piangere in generale, figuriamoci davanti a qualcuno, non mi piace mostrare la mia debolezza anche a me stessa.
Quando ho saputo della scomparsa dei miei in Venezuela non ho pianto. Sono rimasta lí, con l'orecchio incollato al cordless per una decina di minuti, in piedi in cucina a fissare il vuoto, dopo un pó ho avvertito lo staff della libreria  e il mio ragazzo...ex ragazzi. Poi, ho preso le mie amate cuffie e sono uscita, iniziando a correre più forte che potevo, lasciando che gli occhiali da sole nascondessero le lacrime e che la musica attutisse il forte rumore dei singhiozzi. Quei 5 giorni prima del loro ritrovamento li ho passati tutti così, in giro per Milano senza meta, dovevo scaricare tutta la rabbia e la tensione che avevo, non facevo che tempestarmi di domande e questo mi mandava all'esasperazione, avrei voluto fare qualcosa per aiutare le ricerche e mi sentivo così inutile, la polizia si oppose alla mia partenza in Venezuela perché potevano esserci ripercussioni anche su di me, li avrei ignorati volentieri ma se fossi davvero andata avrei potuto spostare l'attenzione della polizia su di me invece che sulle indagini e questo sarebbe stato controproducente. Così sono rimasta in città a sfuggire dai giornalisti e anche dalle persone che mi volevano bene, volevo stare sola e cercare di essere fiduciosa il più possibile.
- signorina...ha fatto? - sbraita l'elegantone -ha bisogno di una mano?- cerca di addolcire la domanda del collega il signore più educato.
Senza emettere un solo suono, mi alzo, cerco di sorridere a questi due omaccioni che intanto si congratulano con me e li accompagno alla porta.
Torno indietro e inizio a guardare l'ufficio anche se mi fa un gran male al cuore, sento ancora il suo odore qui, come se niente fosse cambiato, i libri ordinatissimi come piacevano a lui, il quadro gigantesco dei faraglioni di Capri sulla parete azzurrina alla schiena della scrivania, e le numerose foto di famiglia su di essa.
Ora la tristezza lascia spazio a una quasi piacevole nostalgia, si, nostalgia di quei momenti passati insieme, sorrido tra le lacrime al ricordo di tutti gli scherzi che io e marco preparavamo a papà, il nostro preferito era nasconderci sotto la scrivania per poi iniziare a toccargli le caviglie e fargli il solletico quando si sedeva per lavorare. Quasi in uno stato surreale, di incoscienza mi dirigo lentamente verso la scrivania, per poi nascondermi come facevo con Marco. Quando c'era anche lui quí sotto non riuscivo ad entrare del tutto anche mio padre se fingeva di non vederci mai, oggi invece potrei entrarci alla perfezione, ma scelgo comunque di lasciare un po' di spazio, non so per chi.

Ciao a tuttiiii! Ecco il secondo capitolo della mia storia, ho deciso di aggiornare la domenica e il giovedì💖
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto e votato il primo capitolo, spero che anche questo vi piaccia, fatemelo sapere! A Domenica ragazze!😍💖
Ps: grazie a Raffaelladallaluna per la copertitna😍

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