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Ero seduto al mio posto, con la fronte appoggiata al finestrino. Guardavo fuori, anche se in realtà non vedevo niente: era notte inoltrata e il mondo era completamente buio, a parte qualche debole luce qua e là. La maggior parte degli altri ragazzi era addormentata, grazie anche alle luci soffuse del pullman e alla musica rilassante che l'autista aveva messo su. Il sedile accanto a me era vuoto.
Stavo ripensando agli eventi di quei tre giorni.
Non che ci fosse qualcosa di particolare da ricordare: tutto era stato come sempre, nel bene e nel male.
Ero felice, perché avevo potuto passare molto tempo con la mia migliore amica. Eravamo vicini di casa da sempre ed eravamo cresciuti insieme. Avevamo anche frequentato le stesse scuole, nella stessa classe. Tranne al liceo: anche se ci eravamo iscritti allo stesso istituto, eravamo stati inseriti in sezioni diverse. Nonostante fossimo ormai all'ultimo anno e fosse quindi passato tanto tempo, a volte in classe mi succedeva ancora di girarmi per farle una domanda, oppure per ridere con lei di qualche cosa buffa appena accaduta.
Lei era il mio punto di riferimento, l'unica a sapere tutto di me, l'unica ad ascoltarmi davvero, capirmi, incoraggiarmi, consolarmi.
Non che con i miei compagni mi trovassi male. Tutt'altro! Non ero uno di quegli sfigati che pensano solo a studiare dalla mattina alla sera, oppure un nerd che il pomeriggio e nel weekend si chiudeva in casa a giocare ai videogiochi. Direi che ero un ragazzo... "normale". Andavo abbastanza bene a scuola senza troppi sforzi, avevo un gruppo di compagni di classe con i quali uscivo e con i quali ci divertivamo a fare giochi di ruolo (ok, questo forse è in effetti un po' da nerd!). In generale ero benvoluto, sia dai compagni, sia dai professori, perché ero considerato una persona seria e corretta, ma non per questo noiosa. Quando c'era da divertirsi, io certo non mi tiravo indietro!
Anche fisicamente non ero male, o almeno così mi dicevano. A scuola avevo pure un paio di ragazze che mi venivano dietro.
Io stavo al gioco e le lasciavo flirtare un po' con me.
Un po'.
Perché a me loro non interessavano. Io avevo già una persona di cui ero innamorato, anche se non lo sapeva.
Nessuno in effetti lo sapeva. Avevo trovato il coraggio di parlare dei miei sentimenti solo con la mia amica. All'inizio era rimasta un po' sorpresa, ma tutto qui. Non era cambiato niente, tra noi, assolutamente niente. Anzi, il nostro rapporto era diventato ancora più sincero e profondo, io avevo iniziato ad amarla se possibile ancora più di prima, e ad esserle riconoscente perché ormai sapevo che per me lei c'era e ci sarebbe sempre stata.
A quella gita avevano partecipato entrambe le nostre classi. In quel momento lei era seduta in mezzo alle sue compagne: fino a poco prima avevano riguardato le foto e riso, ricordando i momenti divertenti. Poi, piano piano, pure loro erano crollate.
Anche la persona che amavo era presente alla gita, quindi era lì, sul mio stesso pullman, qualche fila davanti alla mia. Poco prima mi ero affacciato a guardare: a giudicare dalla sua posizione, probabilmente stava dormendo come tutti gli altri.
Anche se ero in mezzo alla gente, in quel momento era come se fossi solo, del tutto indisturbato, completamente immerso nei miei pensieri.
Come sempre, con i miei compagni mi ero molto divertito. Anche la città che avevamo visitato mi era veramente piaciuta. Ma in fondo ai miei pensieri c'era sempre e solo lui. Il ragazzo di cui, da anni, ero innamorato.
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In un istante (one shot)
Romance"Mi ero innamorato nell'istante in cui lo avevo visto, il primo giorno di liceo. Non so, forse i colpi di fulmine sono un po' una cosa da ragazzine, ma era quello che era successo a me."