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Mi sveglio di soprassalto, il mio corpo é vigile ma la mia mente ancora legata a quel brutto sogno. Ho la sensazione di aver già vissuto quell'incubo, strade di città deserte, sto correndo via da qualcuno, inizio ad urlare, ad un certo punto si palesano delle figure ma ignorano il mio grido di aiuto e così grido più forte senza emettere alcun suono e continuo fino a svegliarmi.
La luce sta inondando la stanza. Respiro profondamente e mi accarezzo la fronte tranquillizzandomi, prendo il telefono dalla sedia improvvisata comodino e mi alzo in piedi. Lascio
che un soffio di aria gelida che proviene dalla mia finestra mi porti dalla camera da letto fino in
cucina e inizio a preparare il caffè. Apro la manopola del gas e nella mia mente si affollano immagini dell'incontro di ieri con Camilla e Matteo. Le mie labbra si arricciano in un sorriso. Ci siamo incontrati da bambini, durante una delle estati che trascorrevo a Capri. Loro con le rispettive famiglie venivano ogni anno a passare le vacanze lí, e così iniziammo a giocare insieme e non ci siamo più lasciati. Matteo è stata la mia prima cotta mai rivelata, lui era diverso dagli altri ragazzi della sua età, una persona sensibile, adoravo il modo in cui mi faceva ridere, un giorno ero quasi arrivata al punto di confessare i miei sentimenti quando Camilla
mi fermò facendomi riflettere, lo avevano capito tutti tranne me che era gay. Infatti solo una settimana dopo fece coming out con noi. A volte penso ancora a come avrebbe potuto reagire se gli avessi detto che ero " innamorata" di lui, probabilmente mi avrebbe risposto "anche io mi innamorerei di uno come me".
Con il borbottio della macchinetta del caffè torno in me e inizio frettolosamente a prepararmi per andare a lavoro, afferro l'ultimo libro che sto leggendo e corro via di casa. Per andare in libreria di solito ci impiego dai trenta ai quarantacinque minuti, nei quali prendo due metro, oggi sono troppo in ritardo per andare a piedi. Il mio tempismo è sempre eccellente questa mattina la metro ha deciso deciso simpaticamente di non funzionare,quindi decido mi tocca prendere l'autobus. L'autobus, un
ammasso di ferraglie contenente un centinaio di passeggeri stretti come sardine uno più sudato dell'altro, che controlla smaniosamente il proprio telefono in cerca di qualche pettegolezzo o semplicemente in cerca di una distrazione. Salgo su, si chiudono le porte alle mie spalle e noto un
ragazzo che smaniosamente alla ricerca di un posto, dopo una decina di occhiate degne di un avvoltoio ne trova uno e ci si lancia bruscamente curandosi non molto di chi lo circondasse. Pochi istanti di libertà dopo, una signora di un'età ormai indecifrabile gli chiede se gentilmente potesse cederle il posto, lui senza dire una parola si alza e rassegnato allunga gli auricolari del telefono alle orecchie. Quella scena mi strappa un sorriso, e dal momento in cui mi aspettano almeno venti
minuti di autobus prima di arrivare a destinazione, non potendo leggere per via della scarsità dello spazio, meglio tirar fuori le cuffie e ascoltare un po' di musica. Da poco mi ero scaricata
un' applicazione che si stava rivelando utilissima nei momenti in cui volevo ascoltare qualcosa di nuovo ma non avevo la voglia di fare ricerche approfondite, così misi la prima playlist sott'occhio e mi lascio guidare dal traffico di Milano.
Scesa dall'autobus essendo in uno spaventoso ritardo inizio a correre verso il negozio. Oggi nel reparto libreria sono sola, Fausto, il mio collega è al piano di sotto a supervisionare un instore in un certo Viki. Un sacco di ragazzine sono in fila dalla porta principale per farsi firmare il cd da questo tipo mai sentito.
Vado a cambiarmi velocemente sperando che in questi minuti nessuno abbia bisogno di me. Indossata sul mio fidato leggins grigio la polo bianca con il logo della libreria, esco fuori e cammino a passo svelto verso un paio di ragazzi che mi chiamano.
Il tempo passa scorrevole qui in libreria, ho consigliato un paio di romanzi rosa, qualche libro per bambini e un bellissimo romanzo storico ad un ragazzo che deve scrivere la tesi di laurea. Guardo il pc alla cassa controllando le giacenze quando la porta automatica difronte a me si apre lasciando passare un ragazzo che sembra di fretta. Mi preparo per andare verso di lui quando improvvisamente si sposta dall' uscio e quasi corre verso ogni angolo della libreria, come a cercare qualcuno. Un po' stranita dal suo comportamento, mi avvicino di soppiatto mentre lo sento sbuffare - Buongiorno, hai bisogno di una mano?- cerco di chiederlo con più gentilezza possibile, sfoderando uno dei miei sorrisi migliori, ma lui con la sua giacchetta di pelle nera e la t-shirt di qualche gruppo indie si gira verso di me, si aggiusta il cappellino hip hop e mi squadra dalla testa ai piedi. - Fausto non c'é ?- mi dice frettolosamente e distogliendo lo sguardo da me allo scaffale accanto a me. - È impegnato in un instore in questo momento, se puoi passare domani lo troverai sicuramente, altrimenti posso provare a darti una mano io- cerco ancora di sembrare gentile anche se il suo comportamento non mi piace affatto.
E infatti la mia gentilezza non serve a nulla, perché il ragazzo strano alle mie parole mi volta le spalle e va via, senza dire nemmeno una parola. "Bah, che persona strana e maleducata" penso mentre torno alla mia postazione.

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