CAPITOLO 58

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<<Non ti azzardare a toccarmi mai più.>>
Lo guardo con disprezzo, la voce ancora spezzata dal pianto. Ma non piango più per quello che è successo, piuttosto per quello che mi ha fatto lui.
<<Amber... Devi ascoltarmi, posso spiegarti tutto>> la sua voce trema e quando fa un passo verso di me, io ne faccio uno indietro. Non puó toccarmi, non deve toccarmi.
Sono sicura che anche la sua voce, che sembra disperata, sia frutto delle sue doti di attore.
Scuoto la testa freneticamente e deglutisco, avviandomi, subito dopo, verso la moto.
<<Amber! Ho detto ti prego. Fammi spiegare. Sono sicuro che poi capirai.>>
Mi afferra un polso e mi tira verso di lui. Subito il suo profumo mi inebria i sensi, ma non posso e non voglio lasciarmi andare in questo momento.
Mi divincolo dalla presa, dopo un attimo di smarrimento.
<<Ho detto che non devi toccarmi!>> Urlo con tutto il fiato che improvvisamente mi è tornato.
Molte persone si girano verso di noi, ma Taylor non sembra accorgersene: guarda solo me e sembra disperato.
Ma non ci casco. È un attore perfetto.
Cerco di calmarmi e abbasso il tono di voce.
<<Non ho la minima voglia di stare a sentire tutte le cazzate che potrebbero uscire dalla tua bocca. Quindi risparmiami la fatica di fingere, come hai fatto per tutto il tempo che sei stato con me, e vattene.>>
Mi fermo, aspettandomi una sua reazione, che non tarda ad arrivare.
<<Non ti ho mentito, anzi solo tu mi conosci, meglio di tutti. Non ho mai finto con te. Se mi lasciassi spiegare capiresti che non c'è e non ci sarà mai niente tra me e quella ragazze. Nè tantomeno c'è stato in passato>> Urla lui, di rimando., abbassando il tono di voce sull'ultima frase.
Cerca di prendermi la mano, ma la ritraggo all'istante. In questo momento voglio sentire altro tipo di brividi, quelli della rabbia, non di certo quelli del piacere.
<<Mi stai dicendo che non sei stato neanche una volta, nemmeno una, a letto con quelle ragazze da quando ci siamo conosciuti o almeno da quando è cominciata la nostra storia? Tu dimmi che non è così e io non me ne vado, ma ti lascio parlare>> il mio tono di voce è calmo, ma di una calma spaventosa, e mi stupisco anch'io di cosa sono capace. Ma d'altronde una donna, quando è ferita, è capace di tutto.
Faccio un passo verso di lui e lo fisso negli occhi, a mo' di sfida. Adesso è lui quello a non riuscire a sostenere il mio sguardo. Abbassa gli occhi sulle sue scarpe e lo vedo prendere un respiro profondo.
<<Io... si>> ammette a voce bassa.
Sbuffo una risata, ormai nemmeno tanto stupita.
<<Come immaginavo>> faccio una risata amara e giro di nuovo sui tacchi per andarmene. Ma, come prima, vengo bloccata.
<<Credimi non ho mai voluto questo, non ho mai voluto dover andare a letto con una di loro o dover combattere. La vita mi ha costretto. Certo prima non mi dispiaceva, ma ora si. Ma ti giuro che è successo solo una volta, solo una da quando sto con te. Perché, poi, ho capito che...>>
Non lo lascio finire. Lo interrompo subito, perché è troppo.
<<No. Tu l'hai voluto, invece. Nessuno ci costringe a fare cose che non vogliamo, abbiamo il libero arbitrio, il completo controllo delle nostre azioni ed è proprio per questo che poi dobbiamo accettarne le conseguenze. Se tu sei stato a letto con quelle ragazze è perché l'hai voluto tu. Nessun altro. E chissà quante volte ci sei stato da quando stiamo insieme, di certo non una. Mi dispiace ma non posso proprio crederti.>>
Nessuna lacrima mi riga il volto, non sento più niente. Ed è la cosa peggiore.
Mi giro e comincio a camminare. Ma stavolta non mi ferma lui, mi fermo io. E, rimanendo lontana, mi giro verso di lui, giusto in tempo per vedere una lacrima rigargli il viso.
Che attore. Non posso negarlo: è bravissimo. Ma non posso nemmeno negare che quella lacrima mi ha fatto vacillare.
Esito un secondo, ma poi rinsavisco e rispondo: <<Anzi, sai che ti dico? Non mi dispiace per niente. Te lo meriti. È finita, Taylor.>>
Questa volta non cammino, ma corro verso la mia moto, perché non vedo l'ora di allontanarmi il più possibile da tutto e tutti.
Voglio rimanere da sola con il mio niente, con il vuoto che sento nel petto. Perché è questo che sento: il niente. È come se al posto del cuore avessi una voragine, come se tutte le mie emozioni fossero scomparse.
Mentre metto il casco e giro la chiave nel quadrante, vedo tutti i ragazzi correre verso l'uscita e chiamarmi. Ma ormai sono altrove, soprattutto con la mente.
Non verso nemmeno una lacrima durante tutto il tragitto.
Non so se preoccuparmi per il fatto di non provare più alcun tipo di emozione oppure esserne felice perché altrimenti mi sentirei straziata. Forse c'è solo un certo numero di lacrime per ognuno di noi e, forse, io le ho sprecate tutte per oggi.
Non so dove sto andando esattamente, ma non è importante, l'importante è allontanarmi e andare via, anche se per poco. Non posso permettere a nessuno di trovarmi.
Per una volta in tutta la mia vita, voglio affrontare una situazione difficile da sola.
Perché è questo che sono: sola.
Solo ora ho capito che nella vita non si puó contare su nessuno, ma solo su se stessi.
Mentre corro ancora sulla mia moto, prendo il cellulare e le cuffiette, e faccio l'unica cosa in grado di farmi provare qualcosa: la musica. Magari se riesco a provare una sola emozione, riuscirò a dare l'input a tutte le altre e proverò finalmente qualcosa. Anche se non sono sicura che il niente non mi piaccia, forse è proprio quello che mi ci vuole per non soffrire ancora.
All'improvviso sento tutto il peso del niente gravare su di me, ma sono sicura che questo non sia niente rispetto al peso che avrei provato se avessi sentito qualcosa.
Faccio una brusca frenata appena fuori l'autostrada e lascio la moto proprio accanto ad un ammasso di alberi che non sembrano voler terminare, continuano per metri, creando una sorta di sentiero.
La curiosità prende il sopravvento e mi avventuro giù per il sentiero, volendo scoprire cosa ci sia al termine. La musica continua a risuonare nelle orecchie, quando parte Runnin' di Beyoncé e la melodia mi infonde la solita tranquillità di sempre.
Man mano che scendo giù per il sentiero, stando attenta a dove metto i piedi perché la discesa è ripida e non voglio rischiare di aggiungere la frattura di un osso a tutto quello che è successo oggi, intravedo un fiume con l'acqua limpida, quasi trasparente.
Spinta dalla curiosità in costante aumento, raggiungo la fine del sentiero, che si blocca drasticamente con una roccia che pende sulla cascata di quel fiume. Pochi metri d'altezza mi separano da quel flusso d'acqua in costante caduta e io rimango pietrificata dalla meraviglia e la pace che quel posto mi infonde. Mi incanto a guardare l'acqua, che dalla parte superiore del fiume, con tutta l'irruenza possibile, si ricongiunge all'altra parte, mescolandosi come se non vedesse l'ora di tornare ad essere un'unica parte, un unico corpo.
E non posso fare a meno di paragonarmi a quell'acqua: perché in quel momento mi sento come se una parte del mio corpo non fosse più con me. E quella parte sono i sentimenti, che non ho più.
Uno strano desiderio di lanciarmi in quell'acqua e lasciarmi trasportare come fossi parte di essa, come fossi un insieme delle sue gocce, per poi ricongiungermi al resto del fiume, si fa strada in me.
Ho trovato il mio posto nel mondo.
Quando dalle cuffie esplode il ritornello della canzone e la voce potente della cantante si fa spazio in ogni cellula del mio corpo, comincio ad urlare. Ad urlare così forte, come prima non ho saputo fare, come quando quell'uomo ha provato ad abusare di me non ho fatto, che temo di perderla ancora e di ritrovarmi senza. Ma nemmeno tutte le mie urla mi fanno tornare in me e capisco che, oltre ai miei sentimenti, c'è un'altra parte di me che manca: il cuore. Perché il mio cuore è Taylor, il mio cuore l'ha preso lui ed ora che lui non è più con me, ora che non è più parte integrante della mia vita, non lo è più nemmeno il mio cuore.
E comprendo che, in fondo, dopotutto, il niente mi piace.

PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora