CAPITOLO 41

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GIOVEDI' 14 NOVEMBRE

Sentivo delle voci all'esterno ma la mia vista era completamente nera. Non riuscivo a muovere un solo muscolo. Ero come pietrificata e la situazione non mi piaceva per niente.

Mi resi conto poi di ciò che stava succedendo.

Ciò che avevo visto non era un sogno, ma ciò che era successo in realtà quel giorno. Non era possibile. Stavo scoprendo la verità, solo che ora... non volevo. Dovevo svegliarmi.

Lui <Che cos'ha?> chiese una voce maschile che riconobbi subito.

<Sembra che sia entrata in una specie di coma. Non si sa quando potrebbe svegliarsi. Potrebbero volerci giorni come mesi... le lascio qualche minuto.> disse mentre poi sentii dei passi allontanarsi.

Lui <Ari... spero che tu possa sentirmi. Mi dispiace che non sia arrivato in tempo, forse avrei potuto fare di più e magari ora non ti troveresti in questa situazione. È colpa mia.> disse prendendomi la mano. <Spero davvero che tu possa svegliarti il più presto possibile perchè mi manchi. E anche tanto.> disse mentre sentii qualcosa di morbido appoggiarsi alla mia fronte. Un bacio.

Edward se era vero che stavo per rivivere tutto allora quando e se mi sarei svegliata qualcosa sarebbe potuto cambiare. Se stavo per sapere ciò che mi avevi fatto allora non sapevo se sarei riuscita a guardarti come prima.

Forse avrei avuto paura di te e avrei provato disgusto. Sapevo solo che ora sentivo qualcosa di diverso.

Avevo paura di ciò che potevo scoprire.

Avevo sempre voluto conoscere la verità ed ora che lo stavo per fare volevo fermare tutto. Mi sembrava ancora troppo presto per rivivere ogni istante.

Cercai inutilmente di muovere un braccio o una mano ma senza successo.

Maledizione! Volevo svegliarmi, ma non ci riuscivo.

Era una specie di coma questo? Perchè non mi piaceva per niente. Era come essere viva ma allo stesso tempo ero morta.

Questo era l'ennesimo incubo. Come se la mia vita dipendeva solo da questi. Mille incubi che formavano la mia vita.

Iniziai a sentire le forze mancarmi, I suoni più ovattati. Mi stavo addormentando di nuovo e per quanto cercavo di combattere non riuscii ad impedirlo...

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Apro gli occhi lentamente. Sento due botte alla porta e mi alzo di scatto. Mi strofino gli occhi e realizzo tutto. È da un giorno che sono qui, un giorno e vorrei che finisse subito. Vorrei essere nella mia vera stanza e sentirmi dire che era solo un brutto sogno o uno stupidissimo scherzo, ma niente del genere accade.

La porta si apre ed entra lui con un vassoio. C'è solo del pane e dell'acqua sopra ad esso.

Io <E dovrei mangiare quella roba?> chiedo schifata.

Lui <O questo o niente. Fattelo piacere.> dice lanciandomelo sul letto.

Io <Perchè tutto questo? Con quale scopo? Te ne pentirai, lo sai?> risponde con un sorriso.

Lui <Tuo padre mi ha portato via una parte della mia vita, qualcuno la deve pagare.>

Io <Io e il resto della mia famiglia come pensi che ce la stiamo cavando? La stiamo già pagando.>

Lui <Beh, allora è che non trovo nulla di meglio da fare.>

Io <E rapirmi, rinchiudermi come se fossi una prigioniera e torturarmi è meglio?>

Lui <Certo che si.>

O <Ed è davvero divertente?> chiedo alzando un sopracciglio.

Lui <Per me lo è.> si alza dal letto. <Non sarà sempre rosa e fiori cara Arianna. Preparati al peggio.>

Dice prima di chiudersi la porta alle spalle. Prendo il pane e ne strappo un morso con violenza per poi bere quell'acqua.

È assurdo, tutto questo lo è.

Inizio a girare per la stanza alla ricerca di qualcosa che possa farmi uscire.

Apro I cassetti e l'armadio, tutto vuoto se non con qualche stupidaggine e tuta nera larga.

Sposto il letto con tutta la forza che ho e lo faccio strisciare fino vicino alla finestra. Cerco così di saltare e di raggiungerla ma scivolo perdendo l'equilibrio e cado a terra provocando un forte tonfo. E in quel momento la porta si apre di scatto.

Lui <Che diavolo stai combinando?> chiede e poi inizia a guardarsi in giro per cercare di capire tutto attraverso ogni particolare per poi arrivare alla soluzione. <Forse non hai capito che da qui non esci.>

Dice avvicinandosi pericolosamente mentre sono ancora a terra. Con una mano mi afferra I capelli e mi alza di forza provocandomi dei lamenti e alcune lacrime.

Lui <Già il primo giorno e ti comporti così? Allora devo farti capire come stanno davvero le cose.> dice per poi scaraventarmi contro il muro.

Picchio forte la testa e mi trovo di nuovo a terra.

Lui <E questo non è niente. Prova anche solo un'altra volta a tentare di fuggire e giuro che non la passerai liscia.>

Dice per poi sbattere violentemente la porta.

Mi raggomitolo su me stessa e nascondo la testa tra le ginocchia iniziando così un sofferente pianto, uno dei tanti che si sarebbero svolti nel corso dei mesi. Uno di quelli come se si sapesse già che sarebbe tutto finito, come se sapessi già che non potevo fare nulla ormai.

~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora