CAPITOLO 43

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Sono dentro ad un armadio, piango in silenzio per la paura che mi possa sentire e mi maledico nella mente se mi scappa qualche singhiozzo troppo rumoroso.

Mi stringo nelle mie ginocchia e prego che non mi trovi, ma è alquanto impossibile. Mi trova sempre. In fondo non posso nascondermi in chissà quale posto dato che è una semplice stanza con due o tre mobili. E allora perché nascondermi? Tanto sa che sono qui, perché? Perché ho paura, perché spero in qualcosa che nemmeno so, spero che sta volta mi lasci perdere e non vedendomi esca dalla stanza. Ma è solo uno stupido pensiero.

Sento una porta sbattere violentemente in lontananza, è qui. Appena arrivato a casa, sempre che questa sia una casa. Solo una supposizione. Ormai vivo di ipotesi, non posso sapere nulla con certezza. Ne il luogo in cui mi trovo, ne la città, ne che giorno sia.

Sento un vetro che si infrange al suolo provocando un suono acuto. Stringo gli occhi.

Altri rumori bruschi sento in lontananza. Credo che stia lanciando piatti, porcellana, posate e bicchieri. Tutto il casino possibile si sta ripetendo come un eco nella mia testa. Un rumore assordante che si avvicina sempre di più.

Le mie lacrime, quei suoni e la sua voce. Quella maledetta voce.

<Tanto ti trovo!> dice ed è sempre così.

Sento dei passi avvicinarsi alla porta. Un rumore ormai vicino mi fa capire che è nella stanza.

<Non puoi nasconderti.> dice a voce alta con una risata amara alla fine.

Mi tappo la bocca e cerco di prendere il fiato normalmente ma non ci riesco. Sto tremando.

Sento I suoi passi muoversi frettolosamente nella stanza, apre porte, sposta oggetti, apre mobili, cassetti, di tutto, ma senza trovarmi.

Mi avvicino allo spiraglio tra le due ante e vedo che sta guardando sotto il letto.

Si gira poi verso la mia direzione e vedo un sorriso apparire sul suo volto. Fa qualche passo verso di me e mi spiaccico contro la parete dell'armadio. Nascondermi è inutile perchè l'anta si apre e la luce invade il buio che sembrava darmi sicurezza, un nascondiglio.

E poi lo vedo. In piedi davanti a me.

<Ti avevo detto che ti avrei trovata.> mi abbraccio le ginocchia e guardo verso il basso evitando il contatto con gli occhi.

Si abbassa sulle ginocchia e con una mano mi alza il mento ma giro però subito la testa.

<E dai, non fare così.>

Non parlo, non lo faccio più ormai.

<Voglio solo parlare, non hai niente da dirmi?>

Io non ho niente da dire ad uno come te, uno stronzo che compie gesti inutili. Mi sveglia con il rumore di forti e pesanti passi e il rumore della porta che si apre di colpo.

E già dalla mattina provo paura e confusione. Mi nascondo, ma non faccio in tempo, mi vede.

Si avvicina, mi tira per I capelli e mi butta a terra. Sembra quasi un gioco che sembra divertirlo dato che lo ripete più volte e intanto ride. Mentre io piango.

A volte mi arrivano schiaffi, altre volte calci e altre volte mi spinge a terra solamente. Si limita a questo, anche se mi fa davvero male.

Ho sul corpo molti lividi che mi fanno male anche se li sfioro solamente. È scomodo persino dormire.

Non so nemmeno che aspetto abbia il mio corpo, sono giorni che non mi guardo allo specchio. Mi concede una doccia una volta a settimana.

E più passa il tempo e più mi chiedo il perchè di tutto questo, il perchè mi tratti in questo modo assurdo.

Arriva la notte in cui non riesco a chiudere occhio perchè ho paura che ritorni. Poi appena sembra che io stia per addormentarmi, una vocina nella mia testa mi sussurra "attenta, è dietro alla porta e aspetta solo questo" e allora non dormo.

Con una mano mi afferra I capelli e mi fa alzare la testa verso di lui mentre mi lamento per il dolore.

Mi obbliga ad alzarmi e poi mi guarda in faccia. Vorrei urlargli contro che deve lasciarmi andare, che non mi merito tutto questo, ma mi precede e mi inietta uno strano liquido. Un liquido che quasi ogni giorni scorre nel mio sangue.

Sembra che appena sia dentro il mio corpo parte di questi ricordi svaniscano o si affievoliscano soltanto.

Esce dalla stanza e mi chiude a chiave.

Apro un cassetto e tiro fuori un diario, e scrivo anche oggi cos'è successo. Nel caso qualcuno lo trovasse e per qualunque motivo io non ci fossi, saprebbero cosa mi è successo.

Perchè nutro un forte odio verso questo ragazzo, lui è un mostro, non merita di vivere, non lo potrò mai perdonare, è una promessa.

Prendo poi un gessetto rosso. Apro l'armadio e sposto alcuni vestiti per segnare una crocetta sulla parete. La ventesima.

Mi aiuta a contare I giorni. Oggi sono venti giorni che sono chiusa qui dentro. Calcolando che è iniziato il 13 novembre... oggi dovrebbe essere... il 3 dicembre se non sbaglio.

Voglio andarmene il più presto da qui, e forse so anche come... però mi serve qualcosa prima.

Mi avvicino alla porta e trovo dei pezzi di vetro di una bottiglia di birra che ha scaraventato prima insieme ad altri oggetti. Ne prendo un pezzo. Se magari riesco a colpirlo e a ferirlo riesco a scappare da questa casa e posso andarmene. Devo solo aspettare che torni.

~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora