VENERDI' 22 NOVEMBRE
POV'S EDWARD
Andai in moto verso l'ospedale. Dalla discussione con mio padre non ero più rientrato a casa ma mi ero fatto ospitare da Luke. Non avevo il coraggio di rientrare in quell'inferno.
Mi ritrovai davanti alla porta 173. La aprii lentamente ed entrai all'interno.
Mi sedetti vicino a lei e la guardai. Il volto così pallido, come se fosse... morta. E la cosa mi fece male davvero. I capelli spenti le ricadevano sulle spalle, la bocca socchiusa e gli occhi chiusi. Quanto avrei dato per rivederli. Rivedere uno di quei sorrisi, uno di quelli veri che fatti da lei erano fantastici. E quando rideva I suoi occhi cambiavano espressione, non erano più freddi, ma ti trasmettevano calore.
Le presi una mano dolcemente quasi come se non volessi ferirla dalla sua troppa fragilità.
Sapevo cosa le avevo fatto, e solo Dio poteva sapere quanto me ne pentissi. E se fossi tornato indietro nel tempo potevo giurare che non avrei rifatto mai una cosa del genere. Ero troppo coglione per capirlo e non riuscivo a trovare un motivo valido per cui avessi fatto una cosa del genere, forse perchè un motivo non c'era.
Nell'incidente con suo padre c'era anche mia madre e mia sorella. Mia madre non si era fatta nulla di grave, ma mia sorella si, era morta sul colpo.
Suo padre invece era stato portato urgentemente in ospedale, avevano cercato di salvarlo, ma non ce l'aveva fatta.
Ero troppo incazzato con quella famiglia per accorgermi di quale errore immenso stessi per commettere. Chiamai Warren e gli chiesi questo favore. Lui era contrario all'inizio, ma riuscii a convincerlo mentendo sulle reali intenzioni che avevo. Io e lui andavamo nella stessa scuola di Arianna al tempo, poi però mio padre e quello di Warren dato che lavoravano nella stessa azienda avevano avuto un offerta di lavoro e quindi ci eravamo trasferiti e forse era stato meglio per lei non vedermi.
Quando l'avevo vista di fianco a me il primo giorno di scuola mi ero detto che non era possibile. Dopo gli otto mesi, anzi, anche prima mi ero già pentito di tutto.
Avevo cercato di non legare per niente con lei, ma con la ricerca di storia e il fatto che stavamo frequentando gli stessi amici era impossibile.
Avevo cercato di comportarmi da stronzo perchè pensavo che così non volesse avvicinarsi a me, solo che in fondo ero io che le stavo addosso.
Warren aveva sempre saputo tutto, dall'inizio alla fine della storia.
Più le stavo lontano più capivo quanto fossi in realtà attratto da lei, dai suoi modi di fare, dalla sua semplicità, dal suo carattere a volte scontroso, ma anche se non lo davo tanto a vedere dentro ridevo per quanto fosse buffa.
Ricordai quando l'avevo vista alla festa ed era bellissima in quel vestito nero. Sembrava essere fatto apposta per lei. Ricordai quando l'avevo baciata in bagno e poi mi ero subito pentito di quel gesto. Anche se era un leggero bacio a stampo.
Ricordai quando aveva capito che centrassi qualcosa con il suo passato e mi ero sentito male, ma male davvero.
Ricordai di quanto fossi in realtà geloso di Warren e quando l'avevo preso a pugni nel cortile della scuola. Sapevo che però non saremmo mai potuti stare insieme.
Mi avevano detto che lei non si ricordava nulla di quel periodo, non sapeva nemmeno chi fossi, ma poi... avevo visto le suo sensazioni, I suoi sbalzi di umore. Quando si tappava le orecchie ed iniziava a piangere dicendo di smetterla. Il fatto che sentisse qualcosa che riguardava me. Quando era diventata anoressica e prendeva quelle pillole io volevo uccidermi perchè era tutto causato dalle sue sensazioni che erano solamente colpa mia.
Quando l'avevo vista in bagno quel giorno in palestra a terra, il sangue che le usciva dal naso, si teneva l'addome con una mano e stringeva I denti solo per non urlare. Quelle pastiglie a terra e quegli occhi che mi chiedevano aiuto.
Li mi ero detto "non mi merito una ragazza come lei, le ho distrutto la vita, guarda come sta male cazzo, e la causa sono io!". A casa prendevo a pugni il muro, in giro volevo sfogarmi su qualunque cosa avessi di fronte.
E vederla stare così male per causa mia mi fece venire voglia di piangere e senza rendermene conto... era quello che stavo facendo. Stavo stringendo la sua mano e non lo stavo facendo apposta.
Mi ero promesso che non mi sarei più avvicinato a lei. Poi era piombata in camera mia quel giorno e mi aveva urlato contro che non avrei dovuto chiamare l'ospedale e anche se stavo male per quello mi sono detto <finalmente mi odia.> Perchè credevo che così forse avrebbe trovato un modo per non ferirsi standomi accanto. Poi invece aveva sussurrato quella frase prima che i dottori le iniettassero una specie di calmante. <Però non ti posso odiare.>. In quella stanza in cui era ricoverata mi aveva baciato, mi diceva che era lei che non voleva odiarmi ed era lei a quel punto che non mi lasciava andare. E forse non glielo avevo impedito poi così tanto.
La guardai e le chiesi scusa. Con la voce strozzata dalle lacrime.
"Scusa per la mia cazzata, scusa per averti fatto del male sia fisico che psicologico, scusa per averti tenuta chiusa in una camera per otto fottuti mesi senza stare in compagnia della tua famiglia e dei tuoi amici, scusa se ti ho rovinato la vita, scusa se ti ho fatto venire quelle sensazioni terribili, scusa se sei diventata anoressica per colpa mia e ti ho fatto venire quelle emozioni che piano piano ti stavano distruggendo, scusa se hai pianto e sofferto per me, scusa se non riesco a fare a meno di te e se non riesco a pensarti.
Ma soprattutto, scusa se dopo tutto ciò che ti ho fatto provo qualcosa per te comunque."
Mi alzai di scatto e mi presi I capelli tra le mani. La guardai e in quel momento avrei voluto che aprisse gli occhi e mi guardasse come sapeva fare solo lei. Come se dopo tutto ciò che le avevo fatto lei non volesse odiarmi.
Lei doveva sapere tutto e quando ciò sarebbe accaduto ero sicuro che non mi avrebbe nemmeno più guardato negli occhi.
Sarei venuto a trovarla tutte le volte in cui potevo, le avrei parlato anche se tanto non credevo che avrebbe potuto sentirmi, ma una volta che si sarebbe svegliata avrei chiamato sua madre e le avrei detto che se non l'avesse fatto lei lo avrei fatto io.
Sua madre non mi aveva nemmeno chiamato per urlarmi contro tutto l'odio che una madre potesse provare per una figlia. Non aveva nemmeno voluto vedermi e la cosa mi aveva sorpreso.
Ricordai ciò che mi disse Arianna il giorno in cui la lasciai andare e rimasi ancora sorpreso di ciò e di tale gesto.
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~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)
RomanceArianna Prendom, una ragazza diciassettenne con un passato da lei sconosciuto e avvolto nel mistero. Un passato da cui cerca di fuggire, ma a volte vuole anche scoprire cosa si celi dietro ad esso. Un mistero che la distruggerà lentamente. Un luogo...