L'Io contiene la vita che è Inferno e Paradiso mescolati insieme."
(Eugenio Scalfari, da Repubblica del 2/7/17)
Fin dai suoi albori, l'uomo ha sempre collocato l'inferno in un luogo oltre la dimensione umana che viviamo giornalmente, e nel corso della sua storia e della sua evoluzione l'ha dipinto in moltissimi modi e con sfaccettature sempre varie e dettagliate.
Questo luogo, però, non è esclusivamente collocabile come una meta raggiungibile solo oltre la vita terrena, può invece entrare a far parte di noi e del nostro vivere quotidiano. L'inferno è il luogo in cui vive chi non si accontenta mai, chi non sa apprezzare ciò che ha e vive nell'attesa di qualcosa di migliore, spostando il proprio obiettivo un po' più in là ogni volta che ci si avvicina.
L'inferno in vita è svegliarsi la mattina alle 6 e pensare unicamente ai soldi e al successo ed a come farli in fretta, tralasciando la propria felicità, dando via la propria dignità e la propria anima per uno zero in più nel conto in banca, per potersi accaparrare quell'oggetto simbolo del lusso che ci possa far sentire qualcuno o qualcosa, che ci dia quella sicurezza che non possiamo avere senza. Vivere una vita dove si spende la propria esistenza mirando solo a soldi e successo, e nella quale si riesce ad essere sicuri della propria identità solo sfoggiando oggetti alla moda e costosi, non è tanto diverso dal bruciare in eterno tra le fiamme o dall'essere intrappolati nel ghiaccio. Pertanto, si potrebbe affermare che
L'inferno è la condizione di ignoranza di chi vive felice ma non contento abbastanza.
("Vashish – Dr. Satana")
Il malessere suscitato da questa condizione è paragonabile al vuoto interiore e alla "nausea" di Antoine Roquentin, personaggio principale del romanzo-diario filosofico di Jean Paul Sartre.
Nel libro vengono raccolte diverse pagine di diario del protagonista, che racconta come, giorno dopo giorno, viva un vuoto interiore sempre più vasto verso qualsivoglia aspetto della realtà, in particolar modo una sensazione di disgusto e "nausea" interiore nei confronti degli oggetti, che Antoine definisce "cose che non dovrebbero commuovere, poiché non sono vive. [...] E a me, mi commuovono, è insopportabile. Ho paura di venire in contatto con essi proprio come se fossero bestie vive. Ora me ne accorgo, mi ricordo meglio ciò che ho provato l'altro giorno, quando tenevo quel ciottolo. Era una specie di nausea dolciastra. Com'era spiacevole! E proveniva dal ciottolo, ne son sicuro, passava dal ciottolo nelle mie mani. Sì, è così, proprio così, una specie di nausea nelle mie mani."
Per Sartre l'inferno sono gli altri e l'uomo è stato gettato nel mondo, del tutto privo di uno scopo, libero ma privo della facoltà di esercitare la sua libertà. L'uomo può scegliere il senso del suo essere ma non l'essere stesso.
Siamo quindi esseri senza uno scopo, senza leggi divine o prerogative assolute da seguire, senza una strada maestra che ci porti a distinguere il giusto dallo sbagliato, e questo comporta che qualsiasi strada porti alla realizzazione dell'uomo (per ognuno quindi potenzialmente ve n'è una diversa) sia quella adatta da seguire. Il paradosso si crea, però, quando un uomo si realizza nel distruggere le vite altrui e il prossimo.
Qual è quindi il giusto cammino da seguire verso la felicità?
Seneca afferma che, a prescindere "Se un marinaio non sa verso quale porto è diretto, nessun vento gli è favorevole".
Il premio della felicità è la felicità stessa, ma è colui che la ricerca a prorogarne perpetuamente l'arrivo, poiché vuole individuarla e riceverla come condizione costante della vita, come un obbiettivo da raggiungere. "Tutti, o fratello Gallione, vogliono vivere felici, ma quando poi si tratta di riconoscere cos'è che rende felice la vita, ecco che ti vanno a tentoni. [...]
Perciò dobbiamo prima chiederci che cosa desideriamo; poi considerare per quale strada possiamo pervenirvi nel tempo più breve, e renderci conto, durante il cammino, sempre che sia quello giusto, di quanto ogni giorno ne abbiamo compiuto e di quanto ci stiamo sempre più avvicinando a ciò verso cui il nostro naturale istinto ci spinge. Finché vaghiamo a caso, senza seguire una guida ma solo lo strepito e il clamore discorde di chi ci chiama da tutte le parti, la nostra vita si consumerà in un continuo andirivieni e sarà breve anche se noi ci daremo giorno e notte da fare con le migliori intenzioni.
Si stabilisca dunque dove vogliamo arrivare e per quale strada, non senza una guida cui sia noto il cammino che abbiamo intrapreso, perché qui non si tratta delle solite circostanze cui si va incontro in tutti gli altri viaggi; in quelli, per non sbagliare, basta seguire la strada o chiedere alla gente del luogo, qui, invece, sono proprio le strade più frequentate e più conosciute a trarre maggiormente in inganno. Da nulla, quindi, bisogna guardarsi meglio che dal seguire, come fanno le pecore, il gregge che ci cammina davanti, dirigendoci non dove si deve andare, ma dove tutti vanno. E niente ci tira addosso i mali peggiori come l'andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori e che, dal momento che gli esempi che abbiamo sono molti, sia meglio vivere non secondo ragione, ma per imitazione."
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L'inferno come condizione per i vivi - minisaggio su cos'è la vita secondo me
Non-FictionL'inferno è la condizione di ignoranza di chi vive felice ma non contento abbastanza, a detta di un famoso rapper milanese. E se l'inferno potesse essere considerato, oltre che come un luogo, anche come uno stato d'animo comune a tutti gli uomini? Q...