L'ennesimo no...
Era questo quello a cui pensava Chat Noir mentre portava alla bocca un'altra bottiglia di birra. Beveva frettolosamente, ingurgitando tutto quel liquido giallognolo con bisogno; l'alcol gli scorreva per la gola lasciandogli una vaga sensazione di bruciore. Quella non era la prima notte in cui si nascondeva per ubriacarsi. Ormai, tutto ciò, era diventato un modo per sfuggire a quella costante pressione e quegli infiniti obblighi. Di giorno in giorno suo padre perdeva la sua umanità trasformandosi in un freddo automa; non ricordava più neppure l'ultima volta in cui si erano abbracciati, nella sue mente passavano solo le immagini dei continui divieti che gli venivano imposti.
Era stanco di quella vita, però non riusciva neppure a staccarsene: suo padre magari aveva smesso di volergli bene, ma lui non era in grado di separarsi dal suo genitore. Si aggrappava a lui come se fosse rimasto il suo unico appiglio per sopravvivere e cercava di distruggere quell'armatura di ghiaccio; voleva graffiarlo, ferire ogni parte del suo animo finché lui non si sarebbe arreso di nuovo ad amarlo.
Lanciò la bottiglia contro lo squallido asfalto di quella stradina, riducendola in mille frammenti di vetro, e si accasciò sul muro. Le mani asciugavano gli occhi in modo spasmodico, mentre le lacrime continuavano a uscire irrefrenabili, segnando il suo viso pallido. Le unghie gli graffiarono il volto e i ricordi di quell'ultimo litigio col padre affiorarono con prepotenza. "Voleva solo uscire con i suoi amici" pensò quando i singhiozzi iniziarono a scuotere il suo corpo.
Dopo la morte di sua madre il suo cuore era stato lacerato sempre di più, fino a ridursi a dei miseri brandelli. La sua anima si era svuotata e ora riusciva solo ad annegare nei suoi dispiaceri.
La sue dita si diressero verso i suoi capelli biondi tirandoli con tutta la forza che aveva. Urlò di dolore, sommerso da tutte quelle parole d'odio che negli anni si era ripetuto. Provava rancore e disprezzo per il suo stesso corpo; era finito col credere che la colpa dell'allontanamento di suo padre fosse dovuta a tutte le sue imperfezioni.
Strisciò come un verme diretto verso la confezione di bottiglie di birra, ne aveva bevute solo due e la notte era ancora lunga, ma doveva soffocare adesso tutto. Quando riuscì ad afferrarla la strinse tra le mani e fu quasi spaventato di romperla.
Curioso come gli avevano sempre raccomandato di non bere e lui fosse finito a ubriacarsi quasi ogni sera. Scoppiò a ridere per tutto il ribrezzo che provava verso di sé, era talmente patetico da non sopportare neppure dei litigi.
Si issò da terra e aprì la bottiglia con i denti, per poi riversare l'alcolico nella sua bocca tutto in una volta; molto fuoriuscì bagnando la sua tuta nera, ma non se ne preoccupò. Faceva già pena prima, non gli interessava se ora sembrava disperato.
Ricordò il sorriso sincero di sua madre quando, anni prima, lo stringeva tra le sue braccia per tranquillizzarlo, come se in quella stretta tutti i mali potessero scomparire. Se solo lei ci fosse stata ancora, se il destino non fosse stato così crudele da portargliela via, lui ora saprebbe come vivere, come proseguire.
Lasciò la bottiglia vuota di fianco a sé, mentre con fatica si alzava da terra. La sua camminata era traballante e presto si ritrovò in ginocchio sul vetro rotto che lui stesso aveva creato, una fitta gli attraversò il corpo e il sangue iniziò a sgorgare. Guardò per qualche secondo tutti quei frammenti prima di cercare di raccoglierli; nella sua mente quei pezzettini si erano trasformati nel suo cuore e lui stava disperatamente cercando di ricostruirlo. Si tagliò le mani, ma incurante continuò nel suo inutile lavoro; quando si rese conto di non riuscire a ricomporli strinse i pugni. Fissò il sangue gocciolare a terra e una rabbia sempre più famelica crebbe dentro di lui travolgendo via ogni cosa.
Tirò il suo gancio destro contro il muro sfogando le sue emozioni; poi ne diede un altro e un altro ancora, finché non si sentì completamente svuotato.
Scivolò inerte verso il suolo, non aveva più neppure la forza di rialzarsi.
Aveva la vista offuscata dalle lacrime e dall'alcol però, nell'oscurità di quella notte, distinse una figura dagli insoliti codini avvicinarsi a lui.Una mano gli sfiorò i capelli in modo delicato e lui si lasciò andare al buio della sua mente, sentendosi stranamente al sicuro.
Angolo fangirl fusa
Allora che dire, è la mia prima storia: ce l'avevo in mente da un po' ed ero indecisa sul scriverlo o meno; ma alla fine mi sono detta che c'è di male?
Mi sono lasciata guidare dal piacere della scrittura e dalle mie dita. Questo è il prologo, spero vi sia piaciuto. Cercherò di fare capitoli più lunghi; non esitate a lasciare qualche commento con delle critiche perché le accetto volentieri e cerco sempre di seguirle e migliorarmi.Detto ciò ci vediamo al prossimo capitolo, grazie per aver usato un po' del vostro tempo per leggere la mia storia.
GAIA💚
[Riscritto il 07/07/2019]
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Con te sono me stesso
Fiksi PenggemarAdrien si sente come un animale chiuso in gabbia. Suo padre gli vieta qualsiasi cosa e lui, nel tentativo di liberarsi da quelle catene, si rifugia nell'alcol. Si sente una persona peccaminosa, ma in quello stato di oblio costante è l'unica soluzion...