CAPITOLO 48

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MERCOLEDI' 4 DICEMBRE

POV'S EDWARD

Era passato quasi un mese da quando era entrata in quella specie di coma.

La mia vita a scuola non era delle migliori, per fortuna non avevo più preso a botte con nessuno ma non parlavo con I miei amici da molto tempo ormai. Li stavo praticamente ignorando.

Avevo fatto promettere a Luke di non dire a nessuno che alloggiavo da lui, oggi però sarei tornato a casa mia. L'avevo ringraziato e mi aveva detto che per qualunque cosa lui ci sarebbe stato.

Aprii la porta di casa sperando di essere da solo ma mi bloccai quando vidi mio padre seduto in salotto. Si alzò e venne ad abbracciarmi. Mi sentivo pietrificato, per me era un gesto inaspettato anche perchè era da anni che non mi abbracciava.

Io <Non pensavo fossi a casa, di solito non ci sei mai.> dissi appena si allontanò.

Lui <Mi dispiace se per tutti questi anni non ci sono stato... sei stato tu ad aprirmi gli occhi. Quando mi hai detto quelle cose mi sono reso conto di ciò che avevo fatto e di quanto ti avessi fatto soffrire. E hai ragione a dire che non sono stato un buon padre, ma voglio rimediare. Me lo permetterai?>

Mi chiese con occhi sinceri. Aveva uno sguardo che non avevo mai visto su di lui, o almeno era da tanto che non lo vedevo.

Io <Si.> dissi subito.

Aveva sbagliato ma volevo dargli un'occasione, la possibilità di essere un buon padre, ma anche la possibilità per me di ricominciare in qualche modo con lui, perchè infondo aspettavo questo momento da quando ero piccolo.

Forse tutti si meritano una seconda possibilità, tutti tranne me. Io non me la meritavo affatto.

Lui <Resti qui?>

Io <Prima devo fare una cosa... torno tra due ore circa.>

Lui <Va bene.> disse sorridendomi.

Ripresi la mia giacca, aprii la porta ma mi chiamò. Mi girai verso di lui. <Ti voglio bene.> mi disse con gli occhi lucidi.

Io <Anche io papà.> dissi per poi chiudere la porta di casa.

Presi la mia moto, misi il casco e partii verso l'ospedale.

Appena arrivai superai le varie sale e tutti I corridoi bianchi e lucenti. Troppo luminosi.

Gente che andava e veniva da tutte le parti. Dottori che correvano verso le stanze, magari qualcuno si trovava in condizioni molto gravi.

In questo edificio c'erano circa migliaia di persone. Un terzo erano dottori e coloro che lavoravano qui.

La metà erano pazienti, divisi in quelli sani, quelli che erano qui per una leggera febbre e chi si trovava su un filo tra vita e morte.

L'altra metà erano I parenti e gli amici. Aspettavano notizie dai loro cari e camminavano avanti indietro aspettando che qualcuno venisse da loro e gli fornisse delle informazioni.

Non sapevo perchè stessi pensando a questo, forse perchè non mi ero mai reso conto di quante storie ci fossero in un posto del genere.

Aprii la porta della sua stanza e come sempre mi sedetti a fianco a lei.

Presi la sua mano e rispetto al solito aveva un colorito più caldo, il suo aspetto era decisamente migliorato.

Io <Lo so che te lo dico ogni volta, ma non mi stancherò mai di ripeterlo. Mi dispiace cazzo e me ne pentirò per sempre, ma tu svegliati e apri quegli occhi. Perchè sono stufo di vederti così. Voglio vederti vivere, perchè tu lo meriti. Ti prego Arianna, non devi più perdere tempo della tua vita in un lettino di un ospedale.>

Sembrava quasi come se il mondo ce l'avesse con lei. Ogni volta che poteva ricominciare le capitava qualcosa che la buttava di nuovo a terra e forse a volte era lei stessa che si lasciava cadere indietro senza opporre poi così tanta resistenza.

La presa sulla mia mano si fece più forte e un sorriso apparve sul mio volto.

Le guardai il viso, gli occhi iniziarono a tremarle leggermente fino a quando non si aprirono. Il mio sorriso si fece più ampio e mi alzai in piedi.

Io <Sei sveglia, Arianna mi senti?> chiesi con quel sorriso da deficiente stampato in volto.

Posò I suoi occhi sui miei. Erano freddi e scuri. Mi guardavano con odio, quasi come se volessero uccidermi con lo sguardo. Non avevo mai visto uno sguardo del genere sul suo volto. O almeno, non dopo gli otto mesi. Perché anche se durante questi mesi di scuola mi odiava, quell'odio non era sufficiente da far in modo che mi guardasse così.

Lasciò andare la mia mano e curvai le sopracciglia.

L'ultima volta che ci eravamo parlati era su quella ferrovia, le avevo detto tutto e i suoi occhi erano così sinceri che sembravano ricambiare tutto quanto avessi detto. Pensavo che sarebbe cambiato qualcosa. Ma se mi odiava già ora, cosa avrebbe fatto quando avrebbe scoperto la verità?

Nonostante questo mio stato confusionale continuavo a sorridere come un ebete, perché vederla finalmente sveglia mi aveva provocato un senso di felicità inspiegabile. Perchè nel frattempo che lei era ancora in coma credevo davvero che non si sarebbe più svegliata, questo fino ad oggi.

Ma fu ciò che disse dopo che mi fece spegnere il sorriso.

<So tutto.>

~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora