Save Myself

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Edward si guardava allo specchio e l'avrebbe voluta distruggere quella figura che rifletteva, ridurla in tanti piccoli pezzi.
Gli venne un'idea, forse un po' matta, forse un po' insana, ma le idee più strambe e più pazze sono quasi sempre quelle più proficue.
Corse in camera da letto, tirò fuori tutto ciò che era all'interno dei tre cassetti sotto la scrivania ed alla fine lo trovò. Un pennarello, un semplice pennarello nero.
Riandò in bagno ed osservò nuovamente la sua figura: i capelli scompigliati, le guance un po' arrossate, la barba accennata.
Prese il pennarello in mano e disegnò sullo specchio degli occhiali in modo che coincidessero con la forma della sua faccia, poi scrisse sotto: perché sono così cieco?
Rise un po' amareggiato:" ma che sto facendo? Mi ha fatto diventare matto"
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Il giorno dopo, al ritorno dal lavoro, davanti allo specchio disegnò una mascherina, che copriva naso e bocca, collegata a delle bombole d'ossigeno e scrisse sotto: le ho dato tutto il mio ossigeno praticamente e lei mi ha lasciato.
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Una notte insonne ritornò davanti allo specchio, era già la terza volta che provava la necessità di praticare quel "rito", in qualche modo lo...rilassava, calmava.
Forse dovrei tornare indietro? Riprovarci?
Quando quella mattina si svegliò cancellò la scritta con una spugnetta e mise in concreto la risposta che gli girava nella testa da un po'.
Quello da salvare sono io
"Che stai facendo?" chiese una voce alle sue spalle.
Lui si girò di colpo, cercando di coprire il più possibile la scritta che aveva appena fatto.
"C-che ci fai tu qui?" chiese Ed alla ragazza che era apparsa dalla porta del bagno.
"Volevo solo dirti che me ne stavo andando perché ho finito di pulire" silenzio tra i due "vuoi che prima che me ne vada ripulisca lo specchio?" disse sporgendosi verso la scritta, cercando forse di leggerla.
"No, tranquilla va pure" cercò di essere il più disinvolto possibile.
"Va bene, allora alla prossima settimana"
Lui fece un cenno con la testa e la ragazza se ne andò, chiudendo la porta di casa.
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Erano due settimane che non scriveva più niente sullo specchio, e si poteva notare dalle profonde occhiaie che gli segnavano la faccia ed il colorito poco sano.
"Edward, stai bene?" gli chiedeva di tanto in tanto sua madre, preoccupata di vederlo così giù di morale.
Lui scuoteva la testa in fare affermativo e si metteva le cuffiette in modo che nessuno potesse disturbarlo nuovamente.
Poi una sera, che era solo, decise che non poteva più aspettare e così si chiuse in bagno e ridisegnò sullo specchio.
Solo le cicatrici rimangono.
Continuò a fissare lo specchio per un lasso di tempo indefinito finché non cadde addormentato.
Quando la madre lo trovò sdraiato nel bagno con quella scritta sullo specchio le venne un infarto, pensando al peggio. Iniziò ad urlare e quando svegliò il povero Edward subito dopo decise che lo avrebbe portato da uno psicologo per "tentato autolesionismo" come diceva lei, anche se non c'erano prove e a dispetto delle proteste del figlio.
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Forse sua madre aveva ragione a volerlo mandare dallo psicologo, infondo tutto quello che faceva ultimamente era alquanto strambo.
Decise di non pensarci più per quel pomeriggio, così bevve un bicchiere d'acqua fresca e poi andò a fare una doccia.
Quando entrò in bagno vide lo specchio, ripulito dalla vecchia scritta ma con una nuova sopra, in rosso:
Prima di salvare qualcun altro devi salvare te stesso
Pensò fosse un'altra trovata dello psicologo o di sua madre, così la cancellò senza darci troppo peso e si abbandonò ad una doccia calda.
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Ho guidato miglia e miglia per te, faresti lo stesso per me, onestamente?
Non ci aveva neanche pensato, era successo così all'improvviso, si era ritrovato davanti allo specchio ed aveva scritto quella frase, apparentemente sconnessa dalla realtà. Era frutto però di tanti e lunghi pensieri che riportavano sempre a lei.
Lei che lo aveva lasciato, lei che l'aveva tradito, lei. Lei, sempre e costantemente lei.
Stava diventando un pazzo.
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"Allora io ho finito, vado a casa" disse la ragazza delle pulizie, stando per uscire di casa.
"Emma aspetta" la richiamò la signora Sheeran "sei già andata in bagno?" chiese speranzosa che non avesse trovato altre scritte.
"No signora, c'è stato per tutta la mattinata suo figlio. Ho pensato che l'avrei potuto pulire un altro giorno" si umettò le labbra truccate da un acceso rossetto rosso.
"Oh no, ti prego rimani, so che è folle ma magari potresti provarci a parlare tu, forse con un coetaneo si sente più a suo agio..." la implorò la signora.
"Io" disse guardandosi intorno un po' a disagio "va bene ci provo" posò la borsa per terra e si avviò verso il bagno.
Bussò ma non ricevette nessuna risposta:"ehi" si schiarì la voce "Edward, sono Emma la ragazza..."
"So chi sei, se hai finito di pulire, vai pure a casa, ti pago la prossima volta tutto il mese"
Lei imprecò sottovoce e prese un bel respiro:" grazie, ma in realtà ero venuta per sapere come stavi"
"Ti ha mandato mia madre vero?"
Silenzio.
"Cristo, quella donna è più in casa mia che in casa sua. Non avrei dovuto darle le chiavi" sospirò.
"Prima regola di vita, mai dare le chiavi di casa a tua madre! Elementare" si sforzò di ridere, ma non ricevette alcuna risposta.
"Senti, Edward" riprovò "so che potrei essere forse l'ultima persona a cui verresti a parlare dei tuoi problemi" si schiaffeggiò da sola e si chiese perché lo stesse facendo, poi continuò "però se hai bisogno io sono disponibile"
Un discorso più penoso di quello non poteva esserci, d'altronde che altro poteva fare? Parlare con Ed era impossibile già per i suoi amici, figurarsi per chi neanche lo era.
Allora Emma batté la mano contro la porta arrendendosi e disse:"va bene, allora ci vediamo"
Nessuno le rispose nuovamente, però, mentre si avviava verso l'uscita, sentì il rumore di un pennarello che scriveva.
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Emma
Guardò per svariato tempo quel nome.
Non l'aveva mai notata più di tanto, in fondo era la ragazza che puliva la casa, la maggior parte del tempo lui non c'era, quindi non la vedeva praticamente mai.
E lei, propio lei, a cui mai avrebbe parlato dei suoi problemi, gli parve affidabile.
Scacciò subito quei pensieri ricordandosi che era stata sua madre a chiederle di andargli a parlare e cancellò la scritta dallo specchio, poi uscì di casa.
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Edward si stropicciò gli occhi ed entrò in bagno, si sciacquò la faccia e stava per prendere la schiuma da barba quando vide un'altra scritta rossa sullo specchio.
Prima di amare qualcun altro devi amare te stesso
Prese uno straccio e con rabbia cancellò quella scritta. Si sentiva come preso in giro.
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Rientrò in casa dopo una lunga e calda giornata, l'unica cosa che desiderava di più era farsi un doccia ghiacciata e poi andare a dormire, così prese accappatoio e ciabatte ed entrò in bagno.
Un'altra scritta rossa.
Prima di incolpare qualcun altro devi salvare te stesso
Questa situazione stava iniziando a farsi pesante ed anche un po' inquietante. Continuava a sentirsi umiliato e pensava che un'idea peggiore lo psicologo non avrebbe potuto avere. Doveva assolutamente beccare sua madre con le mani nel sacco.
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Così escogitò un piano.
Aveva informato sua madre, scandendo bene orari e luoghi, che quel mercoledì mattina lui sarebbe uscito per andare a fare "alcune commissioni".
Si preparò come se stesse per uscire, ma, quando arrivò alla porta di casa, l'aprì e poi la chiuse senza però uscire.
Si nascose nello stanzino vicino all'entrata, si sentiva uno stupido, un folle, un bambino a rimanere nascosto lì dentro, ma ormai doveva andare fino in fondo a quella faccenda.
Dallo spiraglio della porta accostata riusciva a vedere sua madre trafficare con qualche carta (forse di lavoro) nel salotto e guardare fuori dalle vetrate. Non si decideva ad andare in bagno, ormai era quasi trascorso un quarto d'ora e lei era ancora lì.
Poi dopo una mezz'ora, quando Emma iniziò a passare l'aspirapolvere, sua madre la salutò ed uscì di casa.
Ed non poteva crederci, così uscì dallo sgabuzzino e corse in bagno per vedere se sullo specchio era stato scritto qualcosa, ma quello che trovò fu ancora più destabilizzante.
Era stata Emma.
Emma aveva fatto quelle scritte, Emma portava sempre il rossetto rosso, Emma era davanti ai suoi occhi che stava scrivendo qualche nuova perla, non sua madre, non lo psicologo.
Prima di salvare qualcun altro devi salvare te stesso.
Stava per mettere via il rossetto rosso con cui aveva fatto la scritta quando notò la presenza di Ed sulla soglia della porta. Sobbalzò per lo spavento e poi le sue guance le si colorarono di un lieve rossore, rimanendo completamente senza parole.
"Emma?" chiese lui incredulo avvicinandosi.
"I-io, volevo aiutarti Edward..."
Lui si avvicinò allo specchio sorpassandola e sfiorò la scritta rossa con le dita.
"Perché?" le chiese solamente.
"Te l'ho già detto: volevo aiutarti. So come ci si sente ad essere abbandonati e quindi..."
Ed si girò verso di lei e la scrutò con i suoi occhi glaciali.
"Scusami, ho fatto una cazzata" sospirò Emma passandosi un mano sulla faccia imbarazzata "forse è meglio che oggi sia il mio ultimo giorno a lavorare qui" disse non guardandolo in faccia ed uscendo dalla stanza.
Lui però l'afferrò per un polso e la fece voltare verso di se, poi la costrinse a guardarlo negli occhi:" perché prima di salvare qualcun altro devo per forza salvare me stesso?"
Lei rimase interdetta, non si aspettava quella domanda. Restò per qualche momento incantata da quella vicinanza, poi si sforzò di parlare:" perché se no sarebbe impossibile. Tu sei in un palazzo in fiamme, tanto fumo, tanto fuoco, non vedi molto. Sai che però lì, non troppo distante da te, c'è la persona che vuoi salvare, intrappolata, che lentamente sta perdendo ossigeno. Anche tu però sei costretto a rimanere seduto, intrappolato da qualche oggetto; la ami così tanto quella persona che vorresti darle aiuto, persino il tuo ossigeno in modo che si salvi. Però è impossibile, è impossibile salvare l'altra persona se prima non salvi te stesso dal fuoco, finireste entrambe per morire soffocate"
I loro corpi erano improvvisamente vicini, i respiri affannati, entrambi si osservavano a vicenda e si scoprivano. Lui le scostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio, ci si avvicinò e poi sussurrò:" tu saresti in grado di salvarmi?"
Milioni di brividi le si espansero per il corpo, rimase in silenzio ad osservarlo, con uno sguardo pieno di passione ed era facile indovinare la risposta.

Concorso "I'm a Sheerio"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora