Sun of doubts, moon of love.

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Quando feci ritorno nelle mie stanze, trovai Enkidu a guardar le stelle con aria assorta.
Indosso aveva un differente vestiario, non la lunga tunica bianca che era solito portare per comodità, bensì l'usuale abito dei ballerini, con colorate frange a pender dalle basse vesti e gli avambracci. L'addome era, invece, lasciato scoperto mentre il petto era rivestito della medesima pregiata stoffa di tutto il resto.
Non sembrò notare la mia presenza, perduto in chissà quali intricati pensieri accentuati dalla saggia e osservatrice luna che sempre porta consiglio. Ed io non lo disturbai, rimanendo ad osservar la sua figura girata di spalle illuminata da un'argentea e meravigliosa luce.
Quanto lo stavo impensierendo con quella mia decisione, quanta ansia doveva star provando in quei momenti! Se vi era un qualcosa di cui mi pentivo riguardante quella mia scelta, questa era proprio l'idea di un Enkidu stressato dalle subdole voci delle cattive sensazioni.
A passo felpato mi avvicinai, puntando i miei occhi su di lui.
Subito scorsi un dettaglio prima sfuggitami sul suo vestiario, un brillante decoro azzurro sulla fronte, al centro delle sopracciglia. Era la parte più importante di un piccolo diadema che avvolgeva la nuca in piccole perle.
Rimasi ancora una volta incantato dalla sua eterea bellezza, così incredibile da mozzar ogni fiato e lasciar solo pura meraviglia. Non c'era da stupirsi che egli fosse una creazione degli dèi, ogni centimetro di lui possedeva quel lato inumano che sbalordiva chi l'osservasse. Persino me, che di bellezze ne avevo viste molte, sia maschili che, soprattutto, femminili.
E lui le batteva tutte, senza neanche impegnarsi, semplicemente mostrandosi per ciò che era.
«Non riesci a non pensarci, mh?» Gli chiesi retoricamente, alzando lo sguardo verso l'immensa luna e il firmamento di An. Enkidu scosse appena il capo.
«Ho troppo timore per te. E'... pura pazzia. Ci sono tante cose che potresti fare per ottenere la gloria, perché questa?»
«Non lo so.» Gli risposi, portando le dita tra le sue lunghe e morbide ciocche. «Sento che devo farlo e voglio farlo. Non so come spiegare questa sensazione ma è qualcosa a cui non posso dir di no.»
Egli sospirò, prendendo la mia mano e baciandone il palmo con dolcezza e un velo di amarezza . Simili gesti erano ormai normali, per noi due, istintivi e soprattutto incontrollabili.
Stavo per dir qualcosa quando spostò le sue attenzioni e le mie labbra -lasciate dischiuse con la voce mozzata in gola- vennero baciate dalle sue. Non importava più.
Socchiusi gli occhi, abbandonandomi a quel contatto che per quanto ormai divenuto normale, riusciva sempre a regalarmi un profondo calore all'altezza del cuore. Avvolsi la sua vita tra le mie braccia e lo strinsi a me il più possibile, giacché avvertivo la pressione di lui affinché io facessi esattamente questo.
«Allora non spiegarla», mi disse in un sussurro, un soffio delicato contro le mie labbra. Delicato come le sue mani che gentilmente mi avevano preso il viso durante quel bacio.
«Non parlarne fino a domani mattina, non pensarci ed io farò lo stesso.»
Le sue dita scesero veloci verso il mio petto, presero la bianca stoffa del mio vestiario e mi tirarono indietro, verso il letto. Le labbra reclamavano voraci un contatto più profondo e si dischiusero, lasciando che le lingue s'incontrassero e accontentassero quel nascente desiderio. Anche le mie mani scesero, raggiunsero le parti superiori delle gambe e le strinsero per tirarlo su, prima che lo adagiassi sulle morbide lenzuola e lo sovrastassi.
«No, non pensiamoci», sussurrai tra quei famelici eppur dolci baci. «Abbiamo altro a cui pensare», sussurrai ancora avvicinandomi al suo orecchio e stuzzicandolo, dapprima con la lingua e poi con i denti; sapevo, oh, sapevo molto bene che quella fosse una delle parti più sensibili di lui e, compiaciuto, sorrisi nell'udir i primi sospiri uscir incontrollati dalle sue labbra. Poi scesi, scesi verso la mascella, il collo. Continuavo con un ritmo lento e preciso il giusto per farlo impazzire, riempiendomi le orecchie del suo piacere. Ma Enkidu aveva sempre trovato stimolante anche stuzzicar me, sfidarmi come rimembrando il nostro primo incontro per trasportarlo in un atto d'amore che ero sempre stato convinto non mi appartenesse e, dunque, avvicinava i nostri bacini, li strusciava abbastanza da confonder anche i miei sensi. Poi insinuava le mani sotto le mie vesti, mi allontanava abbastanza per farle scivolare dalle mie spalle e indurmi ad aiutarlo per rimuovere completamente quei fastidiosi, inutili intralci. Io mi privai della collana d'oro, dei bracciali, tolsi anche quel delicato ma incantevole diadema dalla sua testa e ricercai ancora le sue labbra quando le mie dita, troppo impazienti e condizionate dal fuoco della lussuria, strapparono la poca stoffa che rivestiva il suo petto.
Avrei potuto sorridere divertito pensando al suo futuro disappunto per quell'indelicatezza ma tanto veloce fu questo pensiero da non averlo elaborato concretamente, troppo concentrato in altro, qualcosa con evidente priorità in confronto tutto il resto.
Enkidu alzò il busto facendo perno sui gomiti, baciò le mie spalle, il mio petto. Attirò nuovamente il mio volto, mordendomi il labbro inferiore quando il fiato cominciò a mancare ma non il reciproco desiderio delle bocche. In quei momenti usciva quella sopita parte di lui simile alle bestie di cui mi aveva parlato, si abbandonava completamente ai sensi e rispondeva solo all'appagamento del bramoso, ardente corpo che sin dal primo momento si era dimostrato differente dagli altri. Quella differenza che mai avevo compreso e che lui, poco tempo dopo il nostro incontro, era stato in grado di farmi capire creando un ricordo indelebile nella mia memoria.
Un ricordo che lo vedeva furente, evidentemente contrariato quando gli dissi che avrei dovuto lasciarlo da solo per una mattina giacché una donna stava sposandosi e come re era mio diritto consumar con lei prima ancora che del marito.
«Non farlo, Gilgamesh, è ingiusto nei riguardi della donna e del consorte!» Mi aveva urlato contro. Avevo percepito qualcos'altro in lui, un'emozione che non afferrai e a cui non prestai la dovuta attenzione.
«Enkidu, è ormai legge di Uruk da molto tempo. Nessuno si sofferma più a pensare a cosa sia giusto o meno, inoltre, cosa vi sarebbe di ingiusto? Sono il Re.»
«E se tu non fossi il re, se tu non fossi il re ma un uomo comune e ti sposassi, dimmi, cosa proveresti a veder tua moglie giacere prima con un uomo che non sia tu?»
«La differenza è questa: non sono un uomo comune. Perché dovrei immedesimarmi in qualcosa di inferiore?»
«Gilgamesh!»
«Enkidu, dico davvero. Non comprendo il nesso del tuo discorso e sono già in evidente ritardo. Mi spiegherai dopo le tue bizzarre teorie.»
Ma quando ritornai a palazzo lui non volle rivolgermi parola o gratificarmi con la sua presenza. Cercavo di avvicinarlo ma ricevetti solo sguardi torvi e rancorosi ed io feci qualcosa che mai avevo fatto nella mia vita: mi scusai. Mi scusai per non esser rimasto ad ascoltarlo sebbene ancora non comprendevo le ragioni di tale discorso, la logica che mi sfuggiva.
Il suo animo parve tranquillizzarsi, o forse dovrei dire che si impietosì di tanta ignoranza, risvegliando in lui quell'ignoto potere di farmi scoprire sempre qualcosa di nuovo. Lo fece tirando in ballo sè stesso, un colpo basso che centrò il bersaglio non appena mi rivolse le parole: «Se qualcuno dicesse che sono la persona più importante per lui, l'amico più devoto e fedele, tu cosa faresti?»
«Come minimo lo dissanguerei per aver toccato qualcosa di mio e ciò a cui sto cominciando a tenere molto più che di me stesso.»
Lui mi si avvicinò ancora di due passi.
«Tuo, ben detto. Ma nessuna promessa coniugale mi lega a te, eppure tu affermi di non voler toccato qualcosa di tuo».Altri due passi ancora e fu a un soffio da me, tanto da sentir quasi il suo respiro sul mio volto. «E se tale promessa vi fosse stata, però quel qualcuno avesse comunque osato baciarmi, stringermi e magari sì, magari sedurmi, tu cosa avresti fatto?»
«Lo avrei torturato, fino a portarlo ad implorare la morte. E lo avrei infine ucciso nel più doloroso dei modi, perché nessuno deve anche solo sfiorarti, solo io potrei sebbene ancora non l'abbia fatto davvero.»
Fu allora che compresi. Compresi le emozioni soffocate di quei coniugi e, soprattutto, compresi il tacito messaggio lanciatomi da Enkidu , il desiderio che tanto aveva aumentato la sua rabbia. Lui non voleva che io toccassi altri, avrebbe voluto vedermi solo suo.
Ed io...io volevo lo stesso. Lo desideravo così tanto che lo baciai fino a ritrovarci entrambi avvinghiati l'un l'altro, un tutt'uno non solo nel corpo ma anche nell'anima.
Re Gilgamesh aveva per la prima volta compreso cosa fosse un amore spirituale che trovava la sua connessione con la carne e da allora non aveva più desiderato altri, nessuno al di fuori dell'uomo per lui più importante.
Quell'uomo che in quel momento stava lasciando scivolare le sue mani tra le mie gambe da poco rese spoglie, mani che afferrarono e si mossero, scaturendomi un innato piacere.
Poi tolsi anch'io le ultime sue vesti, ormai giunto al limite dell'impazienza. Baciai ancora il suo corpo, circoscrissi con la lingua l'areola e tirai con i denti la centrale protuberanza turgida, facendo rabbrividire e gemere il mio amante. Continuai, fino al bacino, sulle gambe e tra di esse, fino a quando Enkidu non mi implorò di proseguire e non andar oltre con quelle piccole torture.
Sorrisi soddisfatto; attendevo solo questo poiché colto da un'insana voglia di vederlo impazzire sotto le mie attenzioni in attesa della reale aspirazione.
Naturalmente, lo accontentai. Resi umide le mie dita, penetrando il suo corpo con esse come preliminare. Un gemito più acuto abbandonò le sue labbra, gli ansiti aumentarono come gli scatti del bacino. Lo torturai ancora, con movimenti veloci ma non soddisfacenti abbastanza. E lui si ritrovò a pregarmi ancora una volta di dargli ciò che davvero desiderava e che desideravo ardentemente anch'io.
Così unii i nostri corpi, accorto nel provocar il meno dolore possibile; cominciai a muovermi, con ritmo sempre crescente. Crescente come i suoni di goduria che abbandonavano le nostre bocche, come i sospiri, il delizioso modo di Enkidu di invocar il mio nome mentre io il suo e la vista offuscata per l'intensità delle sensazioni. Ricercai una sua mano, la strinsi, intrecciando le sue dita con le mie, un gesto che sapevo fosse considerato assai dolce e che ad Enkidu piaceva proprio per la sua dolcezza che mai, mai avevo riservato per qualcuno prima di lui.
Continuammo fino a che l'orgasmo, l'alta ed ultima forma di piacere di quest'atto, non sopraggiunse con i finali gemiti, lasciando anche che le mie orecchie si beassero della voce di lui mentre pronunciava il mio nome ancora una volta, prima di abbandonarsi tra le lenzuola, esausto e soddisfatto.
Allora mi separai da lui ma, prima di stendermi al suo fianco, mi alzai per prendere una tovaglia e con questa pulire il bianco seme che macchiava il suo corpo. Nel farlo alzai il capo al momento giusto, così da vedere il tenero sorriso che stava rivolgendomi per questa mia piccola premura.
«Vieni qui», mi sussurrò; io obbedii immediatamente, sdraiandomi su un fianco verso di lui.
Enkidu ne approfittò subito per stringersi a me, poggiando il capo contro il mio petto, gratificato da un dolce bacio su di esso.
Sembrava così beato, spensierato in quella piacevole stanchezza. Un'immagine così tenera e quasi inverosimile se si pensava che proprio quell'uomo, già, proprio lui, era un combattente a me eguale se non addirittura più forte.
«Comodo?» Chiesi, poggiando le labbra sui suoi capelli.
Non ricevetti risposta; Enkidu era già stato accolto dalle braccia del sonno, spensierato e al sicuro da ogni problema. Le stesse braccia che presto accolsero me, proprio quando lo strinsi maggiormente, quasi come se volessi fondere anche i miei sogni con i suoi.

ANGOLO DELL'AUTRICE.
Questa è una scena da me immaginata sull'Epopea di Gilgamesh e, come specificato nelle informazioni, non messa all'interno della fanfiction a capitoli che sto scrivendo sulla storia di Gil: The Golden King, per l'appunto. Ma ci tenevo a scriverla e pubblicarla, nonostante stonasse nella storia a capitoli, per cui l'ho fatto come one-shot singola.
Grazie a chi leggerà. A presto.
_Alexis J Frost_

Sun of doubts, moon of love. (GilKidu - Fate/series )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora