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'I funerali non sono per i morti,
sono per i vivi.'

Remus stava rimuginando su quelle parole, lette tempo prima su qualche libro, e su quanta verità si celasse dietro esse, quando la bara bianca del suo amato si perdeva ormai di vista nello spazio di terra scavato quella mattina presto.

Il funerale era finito già da un po' ormai e quasi tutti se ne stavano andando. Lui però non riusciva a muoversi di lì. Era come sotto il flusso di una calamita: non riusciva ad allontanarsi senza poi riavvicinarsi subito un istante dopo.

Quella mattina era stata una sofferenza assurda per lui. Si riteneva però soddisfatto. Era stato maledettamente bravo a ostentare la sua maschera di insofferenza per tutto il tempo. Riusciva quasi a immaginarsi il suo ragazzo sussurrargli in un orecchio parole come 'bel lavoro Moony', intrise del più profondo orgoglio.

Ma pur essendosi meritato un momento di pace in quel luogo pieno di malinconia, sapeva anche lui che era arrivato il momento di rincasare.

'Devo solo tornare a Grimmauld Place, attraversare i corridoi a testa bassa fino a raggiungere la mia camera e cercare di evitare qualunque cosa possa ricordarmelo. Un gioco da ragazzi, no?' si chiese mentre percorreva il percorso a ritroso per uscire da quel posto.

No. Non lo era. Ma era stato forte fino a quel momento e avrebbe continuato ad esserlo. Anche se, in cuor suo, sapeva che non avrebbe resistito ancora a lungo.

La gente che era venuta ad assistere era quasi tutta andata via. Rimanevano solo alcuni membri dell'Ordine, probabilmente sotto il comando di Silente. 'Chissà per quale motivo quell'uomo crede che io necessiti di guardie del corpo?' si domandava il licantropo mentre li guardava uno ad uno 'Cosa crede possa succedere? Che mi metta a urlare e sbraitare contro tutti? Ridicolo.'

Era frustrato e innervosito da quell'improvvisa manifestazione di pietà nei suoi confronti. Non ne aveva bisogno. Non aveva bisogno di nessuno in quel momento. Neanche di una allegra, per quanto la situazione potesse permetterglielo, Nymphadora Tonks che in quel momento le faceva segno di avvicinarsi. Remus declinò il suo tacito invito con un movimento di testa e proseguì fino ai cancelli, dove avrebbe potuto smaterializzarsi.

Non voleva parlarle. Le avrebbe detto le solite cose: "Mi dispiace Remus, non sai quanto. Era un grande uomo. Meritava molto più di quello che la vita gli ha dato in dono". Ne aveva sentite abbastanza di cose così quella mattina e aveva fatto del suo meglio per sentirsi rincuorato da quelle parole e per dimostrare di non sentirsi solo grazie ad esse.

Balle. Lui era solo. Completamente e unicamente solo. E nessuno, neanche la persona più buona di animo, avrebbe cambiato questa realtà.

Destinazione, Determinazione, Decisione.

Ricordava ancora la prima lezione di Materializzazione che fece a scuola.
Era stata organizzata da Silente con l'intento di avvantaggiare gli alunni del sesto anno per l'esame estivo che li attendeva. Remus ne era più che entusiasta e non vedeva l'ora di prenderne parte, in compagnia degli altri Malandrini ovviamente.

Quel giorno avevano fatto un altro scherzo a Severus Piton, il ragazzo ormai professore di pozioni che ai loro tempi si divertivano a chiamare Mocciosus. Per loro era un'abitudine prenderlo in giro e, pur notando che molti dopo un po' non si divertivano più ad assistere a quei giochetti, loro ne rimanevano sempre molto soddisfatti.

Perché lo facevano? Il biondo non ne aveva idea. Sapeva solo, però, che a Lily Evans, prefetto della casa rosso e oro nonché cotta del suo migliore amico James dai tempi del primo anno, non piaceva il loro comportamento ma anzi considerava quegli scherzi stupidi e infantili.

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