Una pazzia, certo.
Come altro poteva definire tutta quella serie di scelte che avevano portato a quella situazione catastrofica?
Questo pensava Nerdanel della decisione del suo sposo di partire per la Terra di Mezzo disubbidendo ai Valar. Non era comprensibile per lei che Fëanor avesse preso quella decisione, avrebbe condannato chissà quante vite con quelle parole, quelle parole che esprimevano un odio troppo profondo e radicato.
Certo lei stessa ammetteva l'oltraggio compiuto da Morgoth ma mai avrebbe avuto il coraggio di prendere una tale posizione contro il ladro. Forse il fatto d'essere una donna aveva influito, non era abituata a combattere se non a parole, ma non per questo si faceva mettere i piedi in testa e suo marito questo lo sapeva. Fëanor sapeva di questo suo lato così ribelle e forse anche per questo si era innamorato di lei.
Lei che tutti definivano saggia, lei che tutti ascoltavano, ma soprattutto lei che era l'unica in grado di riportare alla ragione suo marito, il grande Fëanaro Curufinwë, nei momenti, sempre più frequenti, di follia aveva dovuto piegarsi. Momenti che lei stessa doveva ammettere fossero diventati sempre più tanti, sempre più forti da quando aveva iniziato a creare quelle pietre che lei stessa aveva iniziato a temere. Sì alla fine Nerdanel si era piegata non davanti a una persona bensì a una pietra.
Una pietra le aveva strappato marito e figli.
Una pietra le aveva strappato la vita.
E quando quella notte aveva cercato di far ragionare suo marito nella tranquillità della loro stanza, il loro "nido d'amore" come lui l'aveva definito quando aveva incastonato sue pietre preziose nel legno della testiera del letto, si era resa conto di non aver più davanti suo marito, ma puro fuoco.
Mai aveva creduto a quelle parole - seppure non avesse mai detto nulla a riguardo -, a quelle dicerie che lo vedevano uno spirito a cui non si poteva far cambiare idea eppure, quella notte, aveva dovuto ammettere che dalla parte del torto quella volta c'era lei.
Quella notte la ragione aveva perso contro l'impulsività.
Come spesso faceva da quando suo marito le aveva portato via i suoi figli, l'unica cosa che le restava da ormai lunghi anni del suo matrimonio, anche quella notte passeggiava tra i giardini della sua casa. Quella casa che le era divenuta estranea, troppo grande e vuota per lei.
Una dimora così piena di ricordi da farle male.
Perché non vi è nulla di più doloroso per una madre che vedersi portar via i propri figli davanti agli occhi quando si è lì impotenti a osservarli commettere l'errore più grande di tutta la loro vita immortale.
E camminando pensava, pensava Nerdanel a cosa avesse sbagliato nel suo matrimonio, a quale fosse stato il suo errore in quella vicenda: il non aver impedito al marito la creazione di quegli oggetti? Impossibile sarebbe stato per lei fermare le idee del compagno. Era la moglie, lui l'ascoltava ma quando si trattava di lavoro... qualcosa s'inceppava e lui smetteva di darle ascolto: troppo concentrato sulla forma che stava plasmando per darle retta.
Allora tornava a pensare più in fondo: dove aveva sbagliato coi figli? Avrebbe dovuto trattenerli... ma anche quello l'aveva fatto, lei ci aveva provato a tenerseli stretti: ci aveva speso ore e notti di sonno per provare a salvarne almeno due da quella follia - certo due su sette non era una buona media, sarebbe stato chiaro a tutti, figuriamoci per una madre, però Nerdanel sapeva che due figli erano comunque tanti per una madre. Per lei salvarne due avrebbe significato avere la possibilità di bloccarne altri -; Inutile tuttavia era stato il suo tentativo, le parole spezzate dalle lacrime non avevano sortito alcun effetto su colui che aveva già deciso. Gli Ambarussa - come lei ancora si ostinava a chiamarli: con lo stesso nome perchè erano due cuori che insieme battevano sebbene divisi in due corpi diversi -, i due figli più puri, quelli più piccoli e innocenti, sarebbero partiti comunque.
Certo la sua mente, per quanto volesse negarlo, sapeva che trattenere Atarinkë sarebbe stato impossibile: troppo simile al padre, troppo bramava superare suo fratello, il maggiore di tutti gli altri, nell'affetto e nelle vicende. Troppo il quintogenito ambiva ad essere elogiato dal padre e per farlo non poteva commettere inutili e controproducenti errori; E non partire sarebbe stata una grave mancanza di rispetto verso colui che da sempre amava. Lei lo sapeva, l'aveva imparato a conoscere dopotutto era pur sempre suo figlio e una madre, a suo parere, aveva il diritto di comprendere i propri pargoli, e si incolpava di non aver fatto nulla per fargli cambiare idea.
E poi Nerdanel s'incolpava anche per la partenza di Carnistir sempre così rabbioso, così pronto a imbracciare le armi e scendere in guerra contro chiunque pur di vendicare un torto subìto. Aveva tentato lei di nascondergli quanto accaduto ai Simaril, ma Fëanor aveva richiamato tutti i figli così velocemente che non era riuscita a tenerlo lontano dal padre ed era proprio di questo che si incolpava.
Ma fra tutti i suoi bambini, i suoi ragazzi, Nerdanel non riusciva a comprendere come Makalaurë avesse potuto fare una simile cosa: Atarinkë e Carnistir l'avrebbero fatto per vendicare il Padre, leso di un simile oltraggio, Tyelkormo avrebbe seguito il padre per proteggere Atarinkë, ma Makalaurë?. Qualcosa l'aveva spinto a seguire Fëanor lui, che era così silenzioso e timido, quello che in casa sedava i battibecchi, quello con cui potevi aprirti e confidarti sempre con la certezza di ricevere una risposta sincera. Era troppo diverso, il suo secondogenito, dal padre per accettare quel fato... anche se quel destino fosse stato scelto da Maitimo, Nerdanel non poteva immaginare che Makalaurë l'avesse seguito. Forse fu proprio l'amore per il fratello maggiore a renderlo più coraggioso su quel punto di vista... a renderlo più feroce e fiero.
E così vagando sui sentieri in ciottoli bianchi ripensava alle risate, ai baci rubati, alle marachelle dei suoi Gemelli e rimpiangeva gli anni di pace, d'amore e soprattutto felicità. Felicità sì perché con quel furto Morgoth aveva infranto quel delicato equilibrio che con fatica era stato creato da tutti in casa. Rimpiangeva quegli errori che non si era accorta di commettere, se mai poi li avesse fatti, e non poteva evitare di pregare i Valar di riportare indietro i suoi figli. L'amore per Fëanor era finito, ma non quello che la legava ai suoi piccoli pargoli, per loro era disposta a qualunque sacrificio.
Una pazzia che l'aveva resa sola.
Una pazzia che l'aveva portata a rinnegarsi pur di riaverli indietro.
Una pazzia che era stata costretta a vivere contro la sua volontà, contro ogni sua previsione, contro ogni suo desiderio.
Angolo Autrice:
I nomi dei personaggi sono quelli datogli dalla madre.
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Una pazzia
Fanfiction"Sì, alla fine Nerdanel si era piegata non davanti a una persona, bensì a una pietra. Una pietra le aveva strappato marito e figli. Una pietra le aveva strappato la vita." Una breve storia sui pensieri di Nerdanel al ricordo della partenza di Fëanor...