Capitolo IV - Mi vedi ora?

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LARA

Adoro il sabato, perché è il giorno che posso dedicare a me stessa, in cui posso staccare dal lavoro e dare spazio alle mie passioni.

Mi alzo dal letto, riprendo contatto con la realtà e mi dirigo in cucina per fare colazione. All'improvviso sento il trillo del telefono: un messaggio da parte di Andrea che dice "Ti aspetto al locale, devo mostrarti una cosa; non crederai ai tuoi occhi, sbrigati!". Decido di non rispondere al messaggio e di terminare la mia colazione, stavolta aspetterà un po'; Andrea è sempre capace di far saltare i miei programmi, lei è fatta così: ha una speciale abilità nello scombussolarmi la vita. Prendo la prima cosa che capita dall'armadio, la indosso e, in fretta , esco da casa. Durante il tragitto penso alla notizia che dovrebbe darmi Andrea, "non poteva dirmelo nel messaggio?"; sono troppo curiosa. Arrivata al bar, vedo Andrea intenta a smanettare al computer, fissa lo schermo con gli occhi fuori dalle orbite, deve essere davvero qualcosa di strabiliante. Mi avvicino e la saluto << Ciao, Andrea. Allora, cos'è che non poteva aspettare? >> Andrea accenna un saluto con la mano e sposta il monitor verso di me, che nel frattempo mi sono seduta al bancone. Sul display vedo un profilo Twitter: "Meta-Eros".
<< Benvenuta nel luogo dove il disagio regna sovrano! - espone, mentre inizio a leggere ciò che ho davanti: "Pagina fan di Ermal Meta..."- È incredibile a che livello possa arrivare la pazzia dei fan, però è divertente; rende pubbliche tutte le cose che si pensano, ma non si dicono. >>.
Andrea ha ragione, questa pagina sembra aver letto anche i miei attuali pensieri, come se mi fosse entrata in testa. << Se sapessero che tutto questo tu lo stai vivendo nella realtà... vorrebbero essere tutte al tuo posto, come biasimarle. >> Andrea continua a parlare mentre io esploro la pagina: "Profilo di pura ironia..." recita, ma per me di ironico purtroppo, o meglio, per fortuna non c'è niente. Ancora leggevo i tweet del profilo, mentre Andrea badava ai clienti nel locale, quando sento vibrare il cellulare; è un messaggio da parte di Ermal: "Passo a prenderti tra poco a casa". Richiamo l'attenzione di Andrea con un cenno, lei mi raggiunge tempestivamente. << Adesso devo andare, continuerò a dargli un'occhiata appena riesco. >> rivolgo velocemente uno sguardo al pc. << Impegno improvviso? >> domanda con tono ironico. << Credo tu conosca già la risposta... >> ammicco. << Vabbè, ho capito... salutamelo. >> sorride.
Fortunatamente l'incomprensione con Andrea è ormai un ricordo. Prendo la borsa e vado spedita verso casa.

Una volta rientrata, poso le chiavi della porta nello svuotatasche posto all'ingresso e lascio la borsa sul divano del salotto.
" Devo sbrigarmi, è tardi" ripeto a me stessa costantemente ; Ermal sarà qui a momenti e vorrei sistemarmi un po' prima che arrivi. Apro il guardaroba alla ricerca di qualcosa di carino da indossare, ma mi risulta difficile decidere.
Un suono continuo per un attimo mi disorienta; è il mio cellulare che squilla.
Guardo il numero di cellulare che compare sul display: è quello di un mio cliente per il quale sto realizzando un progetto di ristrutturazione di una villa davvero molto interessante, anche se richiede un grande dispendio di energie; lui è molto esigente. "Ora anche di sabato mi chiama" penso un po' infastidita.
Volente o nolente, devo rispondere, in fondo è importante, è il mio lavoro. Sicuramente mi chiederà di cambiare qualcosa che avrò già modificato molte volte in precedenza. Conclusasi la chiamata, devo ricredermi: un breve scambio di battute per confermare un appuntamento.
Mi appresto a scegliere finalmente cosa indossare, raccolgo i miei lunghi capelli castani come sono solita fare, lasciando cadere qualche ciocca sulle spalle, giusto per non darmi un'aria un po' troppo formale.
Sobbalzo all'improvviso: è il citofono. È lui. È qui.
A passo svelto, mi dirigo verso il portone del palazzo, dove Ermal mi attende. Mi saluta accogliendomi con uno dei suoi splendidi sorrisi ed io non posso che ricambiare.
<< Hai, per caso, la tua macchina fotografica con te? >> mi chiede.
<< Sì, certo, è in borsa, perché? >> rispondo leggermente sorpresa alla sua domanda.
<< Oggi vorrei scoprire con te le bellezze di questa meravigliosa città, ti va? >>
<< Perché no?! - gli dico con entusiasmo - E' sempre un piacere passeggiare per le strade di Firenze , è una città affascinante, ricca di storia, arte, architettura... >> . Mi asseconda annuendo e ci dirigiamo verso il centro storico della città, luogo alquanto affollato di turisti stranieri; non credo ci sia il pericolo che Ermal venga riconosciuto da qualcuno: c'è sempre un via vai di persone attratte dalla maestosità di questi edifici.
<< Che meraviglia! - esclamo alla vista del Duomo. - Per un attimo restiamo fermi nel bel mezzo della piazzetta antistante ad esso a contemplarlo, allo stesso modo in cui si contempla un'opera d'arte in un museo - La cupola è la massima espressione del genio di Brunelleschi, è un'opera mastodontica, nessuno mai avrebbe pensato di realizzare una cupola autoportante dalle dimensioni così importanti a tal punto da sovrastare l'intera area urbana...>> dico ad Ermal, che mi osserva con un'aria un po' sognante. Colgo l'occasione per scattare qualche foto, per immortalare dettagli, colori di questo brano di città mentre scambio battute, a tratti provocatorie, con Ermal, che oggi è più raggiante del solito.
Mangiamo qualcosa al volo per poi riprendere il nostro cammino.
Senza accorgercene, giungiamo nei pressi del Ponte Vecchio; il fascino di questo ponte è indescrivibile. Ci soffermiamo ad osservare in silenzio il paesaggio che si mostra davanti a noi: il disegno di una città centenaria e l'Arno che, dolcemente, scorre tra gli archi del ponte.
Mi volto verso Ermal, intravedo uno sguardo serio dai suoi occhiali scuri; sembra leggermente diverso dall'Ermal di qualche minuto fa. "Chissà cosa starà pensando? Forse semplicemente è rimasto estasiato dal paesaggio." Ora i miei occhi sono intenti ad osservare un altro tipo di bellezza, quella che ho avuto modo di toccare, baciare, di cingere fra le mie braccia. Ho ancora la macchina fotografica tra le mani e un forte desiderio di scattargli una foto, senza distoglierlo dai suoi pensieri ... d'altronde non posso non catturare una simil bellezza; così senza che lui se ne accorga scatto una foto. È incredibilmente fotogenico, ma non voglio dirglielo per non alimentare il suo ego smisurato.
<< Guarda che bella foto sono riuscita a scattare; il paesaggio è mozzafiato, peccato ci sia anche tu! >> dico, avvicinandomi a lui per mostrargliela.
<< Il paesaggio è solo uno sfondo, chi conta davvero è il soggetto! >> ribatte con aria soddisfatta.
<< Ma tu non hai fatto niente, non eri nemmeno in posa! La bravura è tutta del fotografo, in questo caso...>> dico in tono scherzoso;
di scatto si avvicina e mi sussurra: << L'obiettivo mi ama... e forse non solo lui >> .
Resto per un attimo immobile a pensare alle sue parole, mentre lui ritorna ad ammirare la città. Non sono riuscita a controbattere, forse perché ha semplicemente detto la verità. Sta in silenzio accanto a me, mi guarda per un istante e, resosi conto del mio imbarazzo, sorride con aria trionfante, fischiettando un motivetto su cui però non rivolgo, più di tanto, la mia attenzione.
Improvvisamente la luce del sole, che ha riscaldato questa giornata primaverile, sparisce; il cielo inizia a diventare grigio, nubi nere si intravedono all'orizzonte.
<< Meglio se ci incamminiamo verso casa; per fortuna è qui vicino e a mio fratello farà piacere conoscerti. >> interrompe il silenzio Ermal ed io non faccio altro che annuire. Il cielo diventa sempre più minaccioso e cupo, inizia ad alzarsi un forte vento: sta per giungere un temporale, in effetti inizio a sentire qualche gocciolina di pioggia sulla nuca. Camminiamo a passo svelto verso casa di Rinald, pare essere più vicina di casa mia; in men che non si dica viene giù uno scroscio di pioggia. Ormai piove sui nostri volti, sui nostri indumenti. Giungiamo all'uscio della porta di casa fradici e, mentre Ermal si accinge ad aprire la porta con leggera fatica, non posso fare a meno di notare che la maglia che indossa lascia intravedere i muscoli delle braccia in tensione e aderisce perfettamente al suo corpo, quel corpo che avevo imparato a conoscere qualche settimana fa e di cui non mi stancherei mai. Entriamo in casa, siamo soli, Rinald non c'è. Ad accoglierci è solo il caos lasciato da un fratello troppo creativo e disordinato come lui; l'arte è di famiglia, a quanto pare. Chiedo ad Ermal dove posso darmi una sistemata: abbiamo i vestiti inzuppati di acqua, quasi come se fossero diventati una seconda pelle. Mi indica il bagno situato in fondo a destra, è piccolo, ma ben sistemato. Lascio la porta semi aperta, non ho motivo di chiuderla a chiave. Sciolgo i capelli e inizio ad asciugarli con l'asciugamano che mi ha dato Ermal. Ad un tratto sento la porta scricchiolare leggermente, accenno un sorriso, quasi compiaciuta del fatto che lui fosse lì, come se lo stessi aspettando...
Faccio finta di nulla, così da richiamare la sua attenzione. Dopo poco sento le sue mani delicate cingere da dietro i miei fianchi e accarezzare lievemente le curve del mio corpo bagnato dalla pioggia, che di lì a poco sarebbe stato sicuramente intriso di sudore. È così bello il suo modo di toccarmi, vorrei che non smettesse mai di farlo. Mi volto verso di lui, ha ancora i capelli bagnati dalla pioggia, quei ricci che fino a qualche ora prima sapevano di buono e dai quali ora cadono di tanto in tanto delle goccioline di acqua che segnano il suo viso. Ho il suo sguardo intenso su di me, quello sguardo che fino a qualche tempo fa non riuscivo a sostenere. Non diciamo nulla, sono i nostri corpi a parlare per noi. Mi stringe forte a sé, sta per accadere di nuovo, stiamo nuovamente per abbandonarci a quel desiderio che domina sin dall'inizio il nostro rapporto. Con le dita scosta i capelli umidi che coprono a tratti il mio viso, accennandomi un sorriso complice; nel giro di poco sento il suo respiro caldo su di me, che diventa sempre più incalzante. Socchiudo gli occhi e mi lascio guidare da lui mentre le mie esili dita ripercorrono i lineamenti del suo corpo quasi perfetto per poi stringere tra le mie mani i suoi ricci. Questo bagno è ora testimone dell'ennesima e tanto agognata unione dei nostri corpi mentre il rumore della pioggia che batte sui vetri accompagna i nostri gemiti che risuonano in questa casa vuota, non curanti dell'eventuale arrivo del fratello.

50 sfumature di ErmalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora