Prologo

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09.12.2015

Condurre una vita normale gli era sempre sembrato molto più difficile che cercare di sopravvivere sul campo di battaglia. Dopo tutti quegli anni trascorsi lontano dal Medio Oriente, ancora quel posto lo faceva sentire un estraneo.

Ci era nato in America. Il paese delle grandi opportunità, così lo chiamava la gente; ma a lui quella terra non aveva mai dato niente di buono, solo pesi insormontabili e grandi dispiaceri che lo avrebbero accompagnato fino all'ultimo respiro.

C'era sempre quella sensazione di inadeguatezza a strisciargli sotto la pelle, che si rifletteva poi in un'ombra che i suoi piedi non potevano calpestare, seguendolo ovunque andasse, senza che potesse farci niente.

In guerra non sapeva mai come sarebbe andata a finire: se a distanza di cinque minuti sarebbe stato ancora illeso, nel bel mezzo di un'esplosione, o magari nel mirino di un fucile. La morte, come una vecchia amica, era sempre lì a tenergli una mano sulla spalla, scandendo i secondi con il suo gelido respiro. A volte faceva paura, altre invece si rivelava essere una presenza rassicurante... la migliore delle ipotesi.

Si trovava all'interno di una situazione estremamente precaria, però aveva i suoi punti fermi, che lo riportavano sempre all'essere lì, in quel preciso istante. Non un secondo prima, né uno dopo.

Una persona qualunque si sarebbe fatta prendere dal panico, in quel contesto, ma a lui era sempre bastato poco per sentirsi a suo agio nel caos. C'erano solo lui e l'adrenalina. Nient'altro di cui preoccuparsi. Andava tutto bene.

Prima e unica regola per non impazzire: niente previsioni. Focalizzarsi solo sulle certezze.

Doveva concentrarsi sul peso dell'M4 che stava imbracciando, sul formicolio delle braccia per averlo tenuto stretto così tante ore di fila e sulla gentile pressione che il Garber Silver Trident attaccato alla cinta esercitava sul suo fianco; sul sole e sull'afa che sembravano calarglisi addosso come una coperta troppo pesante, sulle gocce di sudore che gli imperlavano la pelle del viso, consumata dalla fatica e dalla sabbia che rendeva satura l'aria; sulla sensazione di elettricità che gli pervadeva i nervi, pronti a scattare da un momento all'altro, liberando energia potenziale trattenuta troppo a lungo; su quella calma statica che sapeva bene si sarebbe trasformata presto in un Inferno, all'interno del quale non sarebbe stato concesso commettere nemmeno il minimo errore.

Dopo anni passati là in mezzo, per quanto si sentisse a casa, era arrivato ad un punto in cui non gli importava più di vivere o morire. Ma lui, così come gli altri, sapeva che quello era il suo compito, che c'erano persone che avevano fatto affidamento su ogni singolo elemento di quella squadra. Ai generali sì che importava, della sua vita o della sua morte, tuttavia senza alcuna premura. E finché sarebbero stati lì, a governare i fili attaccati alle sue braccia, il loro volere sarebbe valso più di tutto il resto.

Nella vita di tutti i giorni, invece, girava tutto, generando una confusione a volte impossibile da gestire, persino per un uomo abituato a conviverci.

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