– Drin – Il suono di un vecchio telefono riecheggiò nell'aria proprio mentre stavamo caricando il camion. – Vado io, Cristobal! Tu finisci pure. – Urlai con tono agitato al mio aiutante. Corsi in casa, un vecchissimo rustico dimenticato dal mondo, immerso tra il verde e bisognoso più che mai di una rinfrescata. Ma avrebbe dovuto attendere, i soldi scarseggiavano ed io avevo altre spese più urgenti. Mi pulii le mani sui pantaloni e alzai timorosa il ricevitore e affannata risposi – Pronto? –
– Parlo con Annalisa Baresi ? mi domandò una profonda voce maschile
– Sì ...
– Sono Davide Bellucci di Scansano.
Mentre lui continuava a parlare spiegandomi che era trascorso davvero molto tempo e che probabilmente non lo avrei riconosciuto, sentivo una grande emozione crescere dentro di me: mi ricordavo eccome di lui!
– Santo cielo, Davide! Quanto tempo è passato? Sette, otto anni? – Davide ed io ci eravamo diplomati con brillanti risultati, nello stesso liceo ma da quando mi ero trasferita con la mia famiglia non l'avevo più visto ne sentito.
– Ora abito poco distante da te, Giorgio mi ha cortesemente dato il tuo indirizzo.. – Riprese Davide mentre il rumore assordante del clacson del camioncino distraendomi mi richiamava alla realtà ricordandomi che ero tremendamente in ritardo.
Non volevo essere scortese con Davide ma la mia priorità in quel momento era non far aspettare i clienti ai quali dovevo assolutamente consegnare la merce. Gli affari non andavano nel migliore dei modi in quel periodo, stavano affrontando una crisi e se avessi perso quei pochi contatti rimasti fedeli.... preferivo non pensare a quella possibilità.
– Ti ho forse chiamata in un momento brutto Annalisa? – chiese intuitivamente Davide. – Mi sembri un po' distratta..... Chiusi gli occhi e feci un profondissimo respiro quasi a volermi dare una calmata. Cristobal suonò di nuovo quel maledetto clacson.
– Sì scusa .. mm ... in effetti ... stavo ...
-Che ne dici di vederci per cena? – mi interruppe rapido lui
-Bene!!! C'è sempre un posto libero a tavola per un ospite. Ti va bene alle 8? –
-Si ma io intendevo....
-Scusa, Davide ma adesso devo proprio scappare, altrimenti Cristobal finirà con il rompere il clacson a furia di suonarlo con questa insistenza. Ci vediamo più tardi d'accordo?
Lo salutai brevemente e frettolosamente e corsi al camioncino ormai pronto da un po' per partire. Quella telefonata mi aveva davvero sorpresa e sconvolta tanto che, solo dopo aver fatto la seconda consegna, riuscii a realizzare davvero che quello di Davide era un invito a cena in piena regola, e io che avevo fatto? Lo avevo praticamente ignorato e trattato con superficialità. Sorrisi tra me e me beffeggiandomi della mia stupidità e archiviai la cosa concludendo che questo era accaduto tutto per colpa della mia mancanza di esperienza.
In men che non si dica mi ritrovai a pensare a lui: a Giovanni, il mio primo marito... Ci eravamo follemente innamorati ai tempi del liceo e appena conseguito il diploma senza pensarci troppo su ci eravamo sposati. Qualche mese dopo ci eravamo trasferiti e nelle nostre menti balenava un solo sogno: quello di acquistare un terreno e di avviare una fattoria, dove poter vivere felici un po' come nelle favole. Entrambi eravamo spinti dall'entusiasmo e all'inizio le cose andavano piuttosto bene. Giovanni con tanta fatica, ma ce l'aveva fatta, aveva trovato lavoro come rappresentante di prodotti agricoli. Ricordo ancora quel giorno in cui con gli occhi luccicanti di gioia era corso in casa con le scarpe sporche di fango e mi strinse forte a se per darmi la notizia. Fu proprio grazie a lui e al suo ottimo stipendio che in breve riuscimmo ad acquistare questo incantevole rustico che aveva tutte le caratteristiche, le carte in regola per diventare al più presto una fattoria moderna. Ci volerono tre anni di duro lavoro per riuscire ad ottenere otto acri di terreno arato e coltivato. I profitti si erano rivelati essere poi scarsissimi quasi inesistenti, incapaci di stare dietro allo stile di vita che ci eravamo immaginati ed era stato allora che Giovanni aveva incominciato a demoralizzarsi e a spazientirsi. Avevo impiegato più di un anno a capire o meglio ad accettare il fatto che la fattoria lo avesse ormai stancato. E dire che i segnali di questo disinteresse erano stati lampanti: da un po' di tempo, durante i fine settimana Giovanni preferiva trascorrere il tempo fuori casa a divertirsi piuttosto che restare con me a lavorare la terra e quando alla sera gli raccontavo le vicende della giornata le risposte erano dei grugniti. Era ormai lontano il ricordo di quei giorni in cui tornato a casa era un rituale fare un giro dei campi gioendo orgogliosi di quel sogno che con il tempo si concretizzava sempre di più di fronte ai nostri occhi stanchi ma felici.
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Vivere inseguendo un sogno
Short StoryQuante volte un amore nasce sulla base di sogni e aspettative di vita comuni? Arriva il giorno in cui le fatiche di un percorso tutto in salita, fatto di tante salite e poche discese porta qualcuno alla rinuncia. Ci va forza di volontà, carattere e...