Capitolo 6

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"Hai mai fatto caso a come le persone talvolta siano strane? Le puoi amare e odiare, essergli indifferente. Ma quando sei sicuro di provare qualcosa? Quando hai la certezza? Come sai che le certezze esistono, quando ogni cosa certa, cambia sempre nel modo che meno ci aspettiamo?"

«Bene, caro, perché non prendi i cappotti dei nostri ospiti?» sorrise Marie verso il marito, che subito di propose di prenderceli. Mi trovai in difficoltà. Non avevo pensato per niente al grosso livido viola che mi ritrovavo sul polso. Raccolse i cappotti degli altri, mentre io scossi la testa giustificandomi.

«A dire la verità, ho freddo. Ho messo una manica a tre quarti, e il cappotto mi tiene caldo. » Non ci credette nessuno dei padroni di casa.

«Su, dai. Toglilo, in soggiorno c'è il riscaldamento, non preoccuparti. » Provò a rassicurarmi Adam. Non volli rendermi ancora ridicola. Avrei potuto prendere la scusa della febbre, ma sia Alex che Nelle sapevano che non avevo più niente. Allora, molto lentamente iniziai a togliermi l'indumento, senza mai scontrare lo sguardo di Harry. Quando lo tolsi definitivamente, un cipiglio di preoccupazione si dipinse nel volto di coloro che non sapevano del mio polso.

«Non è niente. Ho avuto un incidente con le scale. » Sussurrai pronta a spiegare.

«Dio, Elizabeth, quando è successo? Come mai non me ne sono accorta?» Domandò velocemente Nelle.

«Signora Winter, è successo a scuola ieri, mentre scendevamo le scale una buccia di banana era stata lasciata su per un gradino, ed è caduta. Ho provato a sostenerla ma è caduta lo stesso, ed è atterrata sul polso. » Cercò di spiegare Dylan grattandosi la testa in modo impacciato.

«Ne discuteremo dopo la cena, Nelle, a casa. » Alex placò le acque, seguendo Marie che ci faceva accomodare nell'immenso salone di quella casa. Lei andò avanti, tutti noi al seguito, e alla fine Adam, la ragazza ed Harry dietro di noi. Notai lo sguardo persistente di quest'ultimo sul mio braccio, sul mio polso violaceo. Mi trattenni dal gridargli contro, e far capire a tutti che io lo conoscevo. Che non erano state le scale a procurarmi il livido, ma era stato lui, con quei suoi maledetti anelli che portava sempre.

Fu solo un attimo, e i nostri occhi si guardarono. Inarcai un sopracciglio, e alzai gli occhi al cielo. Il suo sguardo era diverso, come pentito, pieno di compassione. Ma non poteva fingere adesso. Non avrei retto il suo gioco. Non avevo più intenzione di parlargli, dargli corda. Mi avvicinai a Dylan prendendolo sottobraccio, lui mi strinse e mi sorrise.

«Non ti preoccupare, tanto siamo tutti qui, non può farti del male. » Mi sussurrò all'orecchio lui. Io annuii in risposta. Non avevo intenzione di muovermi dal mio posto, per tutta la serata. Non sarei andata in bagno, ne in cucina. Si sapeva. Se io fossi andata da qualche parte da sola, lui mi avrebbe seguito, guardato il polso, e si sarebbe pentito. No, mi dispiaceva, poteva restare con il costante senso di colpa. Se avessi dovuto spostarmi, mi sarei portata dietro Dylan.

Il salotto era molto carino. Era pressoché rustico, con dei mobili in marrone e un grande divano color fango al centro della stanza. Un'enorme porta ad arco apriva l'entrata alla stanza da pranzo, che a sua volta era collegata ad una cucina, sempre rustica.

«Ci accomodiamo direttamente in sala, è tutto pronto per la cena» disse Marie. La seguimmo nuovamente verso la stanza dove si trovava una tavola apparecchiata ordinatamente. Mi sedetti tra Dylan e Adrienne. Quest'ultima a sua volta era seduta a fianco di Nelle, Marie e Adam a capotavola, Dylan dall'altra parte accanto a Cassandra, io di fronte a Harry, accanto a lui Alex, Cath e sua sorella. Una cosa molto complicata da spiegare.

La domestica, che credevo fosse asiatica, ci servi degli antipasti tipici, e dell'insalata. Prima però, i padroni di casa vollero fare un brindisi.

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⏰ Last updated: Jul 31, 2017 ⏰

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