il giorno che ti ho incontrato

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Prologo

Il giorno che ti ho incontrato

In questo torrido giorno di fine agosto mi sovvengono tre certezze.

La prima è che io, Alice Baker, non ho nulla a che spartire con il campionario femminile che si accalca intorno a me, stipando il corridoio di un glorioso edificio storico, se non per il fatto, evidente, che stiamo boccheggiando nell'afa e quello, altrettanto ovvio, che cerchiamo tutte un lavoro.

Oggi, a Palazzo Francalanza Visconti – la sede di alcune redazioni del noto gruppo editoriale Francalanza Visconti – si tengono i colloqui per i nuovi copywriter. In particolare, cercano due persone da inserire a «Power Player», quindicinale di informazione videoludica, e una sola "fortunata" persona da piazzare nella redazione di «Lollipop», il settimanale per ragazzine in pieno sviluppo ormonale, che esiste da quando Mosè ha separato le acque.

La diversità tra me e le altre aspiranti salta agli occhi.

Tanto per cominciare, loro sono un plotone floreale, su varie gradazioni di pastello. Io sono bardata di nero. Anfibi, leggins, gonna di pizzo, maglietta a maniche corte, tutto è uniformemente cimiteriale. Perfino i capelli si allineano, ho un tono di castano molto scuro che sembra finito per sbaglio nel mio bagaglio genetico, dal momento che, come fototipo, sono chiara. Ho gli occhi azzurri e un incarnato che, a parte le lentiggini, si colloca tra il tono "latte" e quello "bagliore associato ad apparizione religiosa".

In questo corridoio, dicevo, l'universo delle teenager drogate di ormoni e talent show, devote a pseudo musicisti nati su YouTube e fermamente credenti negli oroscopi, è incarnato, con miglior aderenza di realtà, da chiunque a parte me.

Ne segue che io non avrò il posto di lavoro a «Lollipop».

La seconda certezza è che me ne farò una ragione.

La terza è che io non sono l'unico esemplare anomalo dello schieramento.

Pur con un'approssimazione sessista, posso azzardare che tutte le ragazze sono qui per «Lollipop», mentre tutti i ragazzi – tranne, forse, quello con la borsetta rosa e quello con il foulard legato intorno alla testa – sono qui perché sperano di ottenere il posto a «Power Player».

Ecco, se io sono una macchia nera nell'esercito della salvezza rosa, in mezzo alla schiera di ragazzi, che vanno dal "troppo trasandato" al "troppo hipster", chiaramente devoti ai videogiochi, ce n'è uno che si stacca dal mucchio.

Uno diverso. Uno che legge La coscienza di Zeno.

E quando vedi qualcuno che legge il tuo libro preferito è un po' come se avessi scoperto il tatuaggio del Fight Club sul polso di un estraneo.

Gli riconosci l'appartenenza alla tua stessa setta.

Visto che devo ammazzare il tempo, nella speranza che il caldo non mi ammazzi prima, mi sono messa a fissarlo. Il ragazzo lettore è anomalo, non solo perché legge ma anche perché, a differenza degli altri, non cerca di fare amicizia, sulla fragile base aleatoria dell'essere nello stesso luogo, nello stesso momento; non è neppure un sociopatico, però. Se scambia uno sguardo con qualcuno, ci aggiunge sempre un sorriso.

Un bel sorriso che ti mette voglia di attaccar bottone. Tutto unito a un fisico notevole e a capelli interessanti. Non so nulla dei suoi occhi perché porta un paio di lenti da miope. Ma ho la sensazione che siano chiari.

Smetto di pensare al tizio con il libro quando chiamano il mio nome.

Mi alzo, mi sistemo la tracolla di Nightmare before Christmas e vado incontro al mio destino.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 16, 2020 ⏰

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