Emanuele
Erano le quattro di pomeriggio e il sole c'era ancora da qualche parte anche se l'aria era tutta di piombo, quando capii che Carla era sì una buona amica, ma molto matta. Lo pensai quel giorno per la prima volta e non me lo dimenticai più.
Si appostò sotto casa mia con la sua bici e mi urlò e pregò di scendere. Dapprima mi opposi, perché non sapevo dove voleva che andassimo, e immaginavo che Roma non fosse molto sicura e ferma da girare in bici. Però Carla non dava segni di stanchezza, e quando mi disse che voleva andare al Portuense dovetti accettare e fui sulla sua bici, seduto sul portapacchi. Vidi una bella e lunghissima pedalata davanti a noi; non mi fidavo molto, ma avevo promesso di proteggerla dalle sciocchezze, e andare a cercare di nuovo Javier era più che una sciocchezza, ma un vero pericolo.Fummo noi tre -io, Carla e la sua bici- e percorremmo prima Via Tuscolana, che, benché diritta, era molto tortuosa perché davvero lunga, poi svoltammo più volte e vedemmo la nostra città da angolazioni che non potevano essere da locandina, per poi infilarci in Viale Marco Polo. Ero già molto spossato, perché non potevo muovermi, e non potevo neppure staccare le mani dai fianchi di Carla per grattarmi quando qualcosa mi pungeva il viso. Il viale mi piacque molto, perché tutt'intorno a noi era un recinto di mura, erba sui massi e vecchiume, ma la strada non era dissestata, bensì molto liscia. Scivolammo bene sull'asfalto senza saltare su nessun dosso. La strada era molto ampia ed odorava di pini e di gas.
<<Come fai a conoscere tante strade?>> le chiesi. Dovetti ripeterlo due volte, perché alla prima non mi sentì.<<Dio possa maledire chi non conosce la propria città, anche se molto grande.>>
<<Secondo me Dio non maledice. È troppo misericordioso.>>
<<Tienti a me, su.>>
Mi sfilai il cilindro e il fazzoletto avvolto al collo, un po' perché ero accaldato, un po' perché mi piaceva il vento. Il fazzoletto si incastrò però tra i raggi delle ruote, Carla inchiodò e scese per districare il nodo con un po' di fretta. Il sole stava calando, ma si riusciva ancora a vedere.
Dopo un po' pedalava sbuffando dal naso, perché anche se era nuvoloso e l'aria era fresca, stava sudando. Me ne accorsi quando vidi il suo collo lucido e madido, e le sue mani che talvolta si staccavano dal manubrio per asciugarsi contro il maglione. Non riusciva a tenere la strada guidando con una sola mano, e quando lo faceva mi sentivo sballottare qui e là come un passeggero a bordo di una nave non timonata bene, e vedevo sotto le ruote le strisce bianche dell'asfalto spostarsi a destra e a sinistra. Capitava che qualche vettura facesse squillare il proprio clacson e ci chiedesse di accostare, ma Carla imprecava con bocca schietta e continuava a pedalare con il suo bellissimo gioco di gambe. Si alzavano e si abbassavano e aveva i polpacci sodi. A volte la tesa larga del suo cappello di paglia -che portava annodato sotto il collo con un nastrino nero per non lasciarselo sfuggire- mi toccava la fronte e io mi ci rifugiavo sotto per avere un po' d'ombra e per evitare che i suoi ricci mi sbattessero sul viso.
Arrivammo in Via Ostiense. Sapevo che era una via che si riconduceva ad un'altra molto lunga e portava al Colosseo.
<<Da queste parti abitano i nostri amici>> osservai.
<<Riccardo e Maddalena>> disse Carla.
<<Sì>> annuii. <<Non è strano passarci ora e sapere che sono vicini? È una bella sensazione.>>
<<Forse da questo punto è più vicina la casa di Riccardo. Ma quella sua è di Maddalena sono quasi accostate.>>
<<Mi chiedo che cosa stia facendo.>>
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I cinque nomi di Roma
Fiksi UmumLa storia tratteggia le vite di cinque amici che vivono a Roma, un sottofondo pulsante e onnipresente, che annebbia agli occhi altrui le personalità di Maddalena, adolescente sensitiva dotata di poteri di chiaroveggenza, innamorata del bell'Alessand...