Capitolo 2

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Mi alzai.

Mi vestii. Era la prima volta che qualcuno non mi aiutava a farlo.

Mi diressi in bagno per sciacquarmi il viso con gesti vuoti, meccanici.

Osservai il mio volto allo specchio.

I capelli bruni spettinati, più del solito. Gli occhi verdi spenti e leggermente rossi, gonfi.

Ma non indossavo una maglietta bianca.

Era verde e al collo portavo la mia chiave.

La mia immagine riflessa mi fissò stupita, ispezionando il mio volto.

Quegli occhi erano pieni di speranza ma al contempo abbandonati al proprio destino, determinati ma spenti.

Scossi la testa, riscuotendomi.
Troppo stanco, troppo sconvolto.

Historia...

Cacciai via le lacrime, trattenendomi dal singhiozzare.

Non c'è, per un principe, il tempo di piangere.

Mi sistemai i capelli come meglio potevo ed uscii dalla mia stanza per dirigermi in sala da pranzo.

Avrei mangiato, avrei detto di sentirmi male e mi sarei ritirato in stanza.

No.

Si sarebbero preoccupati. Ed io non potevo passare la mia vita in quelle stanze.

Era dura ma dovevo farcela.

Dopotutto avrei dovuto sposare Mikasa.

Mi rabbuiai, ancora.

Tutti i progetti fatti con Historia, le nostre promesse.

Erano tutte una menzogna.

<<Principe Eren?>>

<<Oh, Jean, scusami. Non mi ero accorto di te. Perdonami. E dammi del tu.>>

Lui parve tentennare, prima di rispondere.

<<Va... Tutto bene?>>

Ci fissammo per qualche istante.

<<Sarebbe un problema, per te, portarmi in biblioteca, dopo la colazione? Avrei bisogno di distrarmi...>> mormorai, evitando la domanda.

<<C...certo Eren.>> gli sorrisi e ripresi il mio cammino anche se, oramai, eravamo giunti davanti a quel portone.

Salutai Jean ed entrai, prendendo un respiro profondo.

<<Sasha! Riporta qui quella patata!>>

Mi guardai intorno alla ricerca dell'incriminata e della ragazza che aveva parlato.

Non conoscevo la sua voce.

Vidi una ragazza mora, i capelli legati, correre con Mikasa alle calcagna.

Oh.

Era di Mikasa.

Aveva una bella voce, anche se piatta.

La ragazza mora si nascose dietro alle mie spalle e Mikasa si fermò d'improvviso.

Ammutolì, fissandomi.

Non ci feci caso, piegando la testa per lanciare uno sguardo interrogativo alla ragazza.

<<A...avevo fame, sir. E ho rubato una pa...patata dalla cucina, dove lavoro, sir.>> spiegò tremante, tenendo stretta la sua patata come fosse un tesoro prezioso.

Donami te stesso - Ereri/RirenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora