Parte II

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"Ti ama ancora."

Le labbra di Sherlock si schiusero quando sospirò nel sentire quelle parole.

Quello se lo aspettava, sarebbe stato bugiardo ad affermare il contrario, ma non si aspettava certo che l'altro lo confessasse proprio con John.

Poteva rappresentare un problema?

Per tutto il tragitto fino a casa non parlarono, ma nemmeno si evitarono completamente. Sherlock riusciva a vedere come il suo compagno cercasse comunque il contatto con lui, seppur minimo e per lui era un enorme sollievo che lo facesse. Quando il ginocchio del medico sfiorò il suo, sui sediolini posteriori del taxi, Sherlock si permise di voltarsi per guardarlo. Era lì, con il petto che si alzava e abbassava regolarmente e le luci gialle della strada che lo illuminavano un attimo sì e l'altro no. John guardava fuori dal finestrino, con il gomito appoggiato alla portiera e un pugno chiuso a sorreggergli il mento.

"A che pensi?" Osò chiedere dopo averlo osservato per alcuni secondi. Sherlock si sentiva agitato e non riusciva nemmeno a capire bene perché. Il suo cellulare ancora pesava nella tasca della propria giacca con un messaggio al quale chissà quando avrebbe risposto. Doveva rispondere?

"Non dovrei essere io quello più pensieroso tra i due." Sospirò l'altro. Era Sherlock quello che aveva appena ricevuto una notizia sconvolgente, perché non era sconvolto? Sorpreso? Agitato? Sembrava l'uomo di sempre, solo più apprensivo nei suoi confronti e questo non faceva altro che confondere John. Perché Sherlock si preoccupava per lui quando il suo primo amore aveva appena confessato d'amarlo ancora? Sospirò. La riposta sembrava così palese, ma John non si permise di crederci nemmeno per un attimo.

Non avrebbe abbassato la guardia così facilmente.

"Eppure..." si lasciò sfuggire in risposta il detective, con un'espressione tormentata disegnata in viso.

"Eppure." Fece eco John, tornando a guardare Londra fuori dal finestrino.

Perché era lui così pensieroso e non Sherlock? Avrebbe preferito che Victor gli avesse risposto di no, mentendo spudoratamente? Stava giocando a carte scoperte, cosa c'era di sbagliato? Il fatto che quell'uomo non avesse nulla da perdere forse lo spaventava più di qualsiasi altra cosa.

Rimasero in silenzio per il resto del viaggio e quando arrivarono a destinazione, John pagò il taxi e poi, con una mano appoggiata leggera dietro la schiena di Sherlock, lo guidò verso le scale di casa.

Risalirono le scale e con un sospiro di sollievo John si sfilò il giubbotto.

Quella serata era finita, grazie a Dio.

"Mi preparo un tè, lo vuoi anche tu?" Sherlock avanzò verso la cucina cercando il bollitore in quel caos e quando lo trovò, si sbrigò a riempirlo. Lui che voleva farsi il tè, da solo? E che addirittura si era offerto di farlo anche per John? Il medico scosse la testa seguendolo e restando poi accanto al tavolo.

"No, ti ringrazio. Io andrei a dormire. Tu resti qui un altro po'?" Domandò massaggiandosi con entrambe le mani il collo. Tutta la tensione era sicuro che fosse andata ad accumularsi dietro la nuca.

Messo il bollitore a scaldare, il detective percorse la distanza tra di loro e si sistemò dietro di lui. Le grandi mani calde andarono a posarsi sulle spalle del più basso e poi scivolarono fino al collo, lasciando che a percorrerne la lunghezza fossero poi solo i pollici con una pressione che fece gemere John per un secondo. Lasciò andare in avanti la testa in modo che Sherlock riuscisse ad arrivare fin dietro la nuca, salendo per un po' oltre l'attaccatura dei capelli, prima di riscendere nuovamente. Con entrambe le mani andò poi ad afferrare il bavero della giacca di John e la tirò all'indietro per sfilargliela con delicatezza, prima di posarla sulla sedia lì vicino.

Back when we had nothing || JohnlockDove le storie prendono vita. Scoprilo ora